Canti della guerra latina/Preghiere dell'avvento/Pel Generalissimo

Preghiere dell'avvento

Pel Generalissimo

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Preghiere dell'avvento - Per la Regina Per i combattenti


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V

PEL GENERALISSIMO

[XIX DECEMBRE MCMXV]


 
Questi, che vedi curvo su le carte,
nel più duro granito del Verbano
tagliato e scarpellato fu, di mano
di maestro; e il vigor soverchiò l’arte.
 
5La sua chiusa virtù, che par novella,
nella tenacia dell’antica schiatta
usa a fare e patire, assuefatta
ad attendere in fede la sua stella,
 
si foggiò per i secoli, celato
10diamante che incudine non doma.
V’incise il segno mistico di Roma,
Dio d’Italia, l’acume del tuo fato.
 
Guarda il suo maschio vólto dove l’orma
del tempo e il solco dello studio scava
15nella tristezza della carne ignava
e trova l’osso che non si difforma.

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Conta le sue fatiche a ruga a ruga,
novera gli anni suoi, segno per segno:
giovine il teschio vige, quasi ordegno
20di quella volontà che il cor gli fruga.
 
Non meno adunco vomere mordea
la fronte di quel giusto che l’obbrobrio
cinse; ma v’era incancellato il sobrio
eroe di Maratona e di Platea.
 
25Guarda la sua mascella che tien fermo,
guarda severità della sua bocca
onde il comando ed il castigo scocca,
e il lampo a cui la pàlpebra fa schermo
 
gravata sopra il chiaro occhio che scaglia
30l’anima al segno e il tratto non misura.
Sempre in tutt’arme egli è senza armatura.
Tutta nel pugno nudo ha la battaglia.
 
Quel condottiere che dal piedestallo
la morta riva domina in Vinegia
35minacciata dal barbaro e dispregia
la minaccia del ciel, solo, a cavallo,

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Bartolomeo grifagno come Dante
che converso abbia in elmo il suo cappuccio
a gote, chiuso in piastra il suo corruccio,
40preso a trattar cavalleggiere e fante,
 
tu lo vedi al segnale delle trombe
sollevare e sferrare i battaglioni
come balestra lancia i suoi bolzoni,
come mortaio lancia le sue bombe.
 
45Tal questi, senz’arcione ma più grande,
senza gesto né grido, solo armato
del suo tacito genio e del suo fato,
amplia la forza che quel bronzo spande.
 
Egli ha mura da prendere, fiumane
50da valicare e gioghi e vette e gole,
ghiacciai deserti, valli senza sole,
fosche petraie, squallide biancane.
 
Vigila ai ponti dell’Isonzo; a Plezzo
tuona; a Tolmino folgora; tien Plava
55e la vetta, Voraia e il passo; scava
la trincea nella neve ed issa il pezzo.

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Gorizia in cor gli crolla. Il Carso gronda
sangue inesausto nel suo petto. Tutta
la terra combattuta, arsa e distrutta,
60dentro gli sorge, dentro gli sprofonda.
 
La malga e il picco, il botro e la laguna,
la roccia e il muro, l’argine e la fossa
vivono in lui come le vene e l’ossa,
come i disegni della sua fortuna.
 
65Egli è la terra ed è l’assalitore.
E la forza degli uomini respira
in lui, palpita in lui, freme e s’adira,
giubila e canta in lui, combatte e muore.
 
Verso tutte le cime della gloria
70egli la incalza. Ecco, subitamente
il suo pensiero si fa carne ardente,
grido e strage si fa, morte e vittoria.
 
Tutte le notti dallo Stelvio al Carso
la gran barra di fuoco arde e risuona.
75Egli la sua certezza ne incorona,
la sua certezza in te, Dio ricomparso.

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O Dio d’Italia, tieni la tua mano
su questa fronte che facesti dura
più delle fronti loro. Egli ti giura
80che tanto sangue non t’è dato invano.
 
Egli si prostra come il donatore
che giugnea le manopole di maglia
in atto pio, nel cuor della battaglia
avendo colto un portentoso fiore.
 
85La sua casa egli pensa sul suo lago
quieta, dove per la porta adorna
d’una ghirlanda il terzo dei Cadorna
rientrerà, sol di silenzii pago,
 
e innanzi alle due mute Ombre severe
90scioglierà gli alti vóti, i grandi fati
adempirà, l’isole dei beati
quivi splendendo nell’albor leggiere.
 
O Dio, per questo duce che ci spezza
il tuo pane, io ti prego che tu m’oda.
95Acùmina la sua certezza, e inchioda
nei nostri petti, o Dio, la sua certezza.