Canti dell'ora/IV. Motivi lirici/La folle parola
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LA FOLLE PAROLA
Gente de i campi: quando a le sue braccia
fu pingue ’l solco e fu carico ’l ramo,
prima ebbe il focolare e poi la culla.
E la donna diceva fiera in faccia:
— Chi è felice come noi, che siamo
6povera gente, e non ci manca nulla? —
E quando al solco e al ramo parve lieve
tutto il lavoro de la buona annata,
n’ebbero un poco due fiorite aiuole.
O maraviglia de la prima neve
a vedere una rosa imbalconata,
12e con lei trattenersi alquanto il sole!
Si tratteneva il sole con la rosa
imbalconata, e più con un amore
di testolina ricciutella e bionda.
Intorno a lei rideva ogn’altra cosa.
Ma la morte, che abita nel cuore
18de l’aria, intanto usciva a far la ronda.
E chiamava. E sì forte era l’appello,
che il tuono e il vento di più non potrebbe.
Nessuno ode; nessun risponde a quei
foschi cenni: nè il padre nè il fratello
nè la madre nè il nonno. Quella ch’ebbe
24coraggio di rispondere fu lei,
la più piccina e la più cara; quella
che al sol piaceva. E il sole par che pianga
perchè non accarezza oggi la gaia
sua testolina bionda e ricciutella,
da canto al padre, al colpo de la vanga,
30dimentica per lei de la cavaia.
Raccolti a sera ne la lor cucina
dicevano il rosario. Era la festa
de i Santi. Per le inferriate quadre
il cielo tralucea. La piccolina
a un tratto, senza nulla dir, la testa
36chinò su le ginocchia de la madre,
e pianse. Ma non fu quello il segnale.
Fu più tardi. Fu la mattina, quando
ell’andò per le rèdole a cercare
il musco, la vigilia di Natale,
pe ’l presepio. Chiamavano gridando
42tutti. E non la vedevano tornare.
E cerca, e chiama da tutte le bande:
si perdeva la voce solitaria;
ed ella non veniva mai. Venne entro
un’ora; e disse d’aver preso un grande
freddo. Un freddo che non era ne l’aria,
48ma che se lo sentiva ella di dentro.
Quel dì aspettarono. L’altro, la festa,
il padre andò pe ’l medico. Non c’era.
Venne tardi. La vide, e a l’ospedale
disse che la portassero alla lesta.
E il fratellino con brusca maniera
54cacciò fuori, che non prendesse il male.
Quando una mamma sta con ansia al letto
de la sua creatura, per due vite
che si distruggon basta un’agonia.
Ne le materne braccia, al lazzaretto,
l’ultima angoscia de la difterite
60la soffocò. Era l’Epifania.
La donna che lasciava quella tetra
stanza, da un uscio alcunchè bianco scorse.
Guardò di là. Vide la sua fanciulla
nuda sopra una tavola di pietra,
al buio, con un lumicino. Torse
66gli occhi, gemè. Poi non vide più nulla.
Fiorì la rosa. L’uomo un dì, a vederla,
fece: — O la volta che ci venne in mente,
moglie, d’esser felici! Pe’ vignazzi
era da pascolare; e con la gerla
cavar l’acqua dal pozzo; che la gente
72dicesse: non vedete? sono pazzi. —