Canti (1835)/A un vincitore nel pallone

V. A un vincitore nel pallone

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V. A un vincitore nel pallone
Nelle nozze della sorella Paolina Bruto minore

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Di gloria il viso e la gioconda voce,
Garzon bennato, apprendi,
E quanto al femminile ozio sovrasti
La sudata virtude. Attendi attendi,
5Magnanimo campion (s’alla veloce
Piena degli anni il tuo valor contrasti
La spoglia di tuo nome), attendi e il core
Movi ad alto desio. Te l’echeggiante
Arena e il circo, e te fremendo appella
10Ai fatti illustri il popolar favore:
Te rigoglioso dell’età novella
Oggi la patria cara
Gli antichi esempi a rinnovar prepara.

     Del barbarico sangue in Maratona
15Non colorò la destra
Quei che gli atleti ignudi e il campo eleo,
Che stupido mirò l’ardua palestra,

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Nè la palma beata e la corona
D’emula brama il punse. E nell’Alfeo
20Forse le chiome polverose e i fianchi
Delle cavalle vincitrici asterse
Tal che le greche insegne e il greco acciaro
Guidò de’ Medi fuggitivi e stanchi
Nelle pallide torme; onde sonaro
25Di sconsolato grido
L’alto sen dell’Eufrate e il servo lido.

     Vano dirai quel che disserra e scote
Della virtù nativa
Le riposte faville? e che del fioco
30Spirto vital negli egri petti avviva
Il caduco fervor? Le meste rote
Da poi che Febo instiga, altro che gioco
Son le cure mortali? ed è men vano
Della menzogna il vero? A noi di lieti
35Inganni e di felici ombre soccorse
Natura istessa: e là dove l’insano
Costume ai forti errori esca non porse,
Negli ozi oscuri e nudi
Mutò la gente i gloriosi studi.

     40Tempo forse verrà ch’alle ruine
Delle italiche moli
Insultino gli armenti, e che l’aratro

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Sentano i sette colli; e pochi Soli
Forse fien volti, e le città latine
45Abiterà la cauta volpe, e l’atro
Bosco mormorerà fra le alte mura;
Se la funesta delle patrie cose
Obblivion dalle perverse menti
Non isgombrano i fati, e la matura
50Clade non torce dalle abbiette genti
Il ciel fatto cortese
Dal rimembrar delle passate imprese.

Alla patria infelice, o buon garzone,
Sopravviver ti doglia.
55Chiaro per lei stato saresti allora
Che del serto fulgea di ch’ella è spoglia,
Nostra colpa e fatal. Passò stagione;
Che nullo di tal madre oggi s’onora:
Ma per te stesso al polo ergi la mente.
60Nostra vita a che val? solo a spregiarla:
Beata allor che ne’ perigli avvolta,
Se stessa obblia, nè delle putri e lente
Ore il danno misura e il flutto ascolta;
Beata allor che il piede
65Spinto al varco leteo, più grata riede.