Candido/Parte II/Capitolo IX

Parte II - Capitolo IX

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Voltaire - Candido
Traduzione di anonimo (1882)
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CAPITOLO IX.

Candido continua a viaggiare, ed in qual qualità.

– Io non ho altro partito da prendere, diceva il nostro filosofo, che quello di farmi schiavo o turco; la fortuna mi ha abbandonato per sempre. Un turbante corromperebbe tutt’i miei piaceri: io mi sento incapace di provare la tranquillita dell’anima in una religione piena di imposture, e nella quale non sarei entrato che per un vile interesse. No, non sarei mai contento se io cessassi d’esser galantuomo. Facciamoci dunque schiavo.

Presa questa risoluzione, si mise Candido in dovere di eseguirla. Egli scelse un mercante armeno per padrone. Era questi un uomo di buonissimo carattere, e che passava per virtuoso quanto può esserlo un armeno. Egli diede dugento zecchini a Candido per prezzo della sua libertà. L’armeno era sul punto di partire per la Norvegia, e con sè condusse Candido, sperando che un filosofo gli sarebbe utile nel suo commercio. S’imbarcarono, ed il vento fu loro sì favorevole, che non impiegarono la metà del tempo che si mette ordinariamente per fare un simil tratto; non ebbero neppur bisogno di comprare del vento dai maghi della Lapponia, e si contentarono di dar loro de’ rinfreschi, purchè non fosse loro turbata la buona fortuna con gli incantesimi, come accade qualche volta, se si deve credere al Dizionario di Moreri.

Sbarcato che fu, l’armeno fece la sua provvisione di grasso di balena, e incaricò il nostro filosofo di andar per il paese a comprargli del pesce secco. Egli adempì alla sua commissione al meglio che gli fu possibile; se ne tornava con molte ceste cariche di quella mercanzia, e rifletteva profondamente sulla differenza maravigliosa che passa fra i Lapponi, e gli altri uomini, quando una piccola lappona, che aveva il capo un po’ più grosso del corpo, gli occhi rossi e pieni di fuoco, il naso largo, e la bocca della maggior grandezza possibile, gli diede il buon giorno con mille smorfie. — Mio signorino, gli disse quell’essere alto un piede e dieci dita, io vi trovo vezzoso, fatemi la grazia d’amarmi un poco. [p. 87 modifica]

Così dicendo la lappona gli salta al collo; Candido la respinge con orrore; ella grida, e viene suo marito accompagnato da più lapponi. — Cos’è questo baccano? dissero eglino. — Egli è, disse il piccolo essere, che questo forastiero... ah, mi soffoca il dolore nel dirlo! egli mi disprezza. — Che sento? disse il marito lappone: incivile, disonesto, brutale, infame, furfante, tu copri d’obbrobrio la mia casa: tu mi fai l’ingiuria più grave; tu ricusi di dormir, com’è l’usanza del paese, con mia moglie! — Eccone un’altra! dice il nostro eroe; che avreste voi dunque detto se io avessi dormito con lei? — Io ti avrei desiderato ogni sorta di prosperità, risponde il lappone in collera, ma tu non meriti che la mia indignazione. Così dicendo scaricò sul dorso di Candido un fracco di bastonate. Le ceste furono sequestrate dai parenti della sposa offesa, e Candido, temendo di peggio, si vide costretto a fuggirsene, e rinunziare per sempre al suo buon padrone, perchè come poteva ardire di presentarsi a lui senza danaro, senza grasso di balena e senza ceste?