Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione/Gli Editori

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Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione Inni di Callimaco (1827)

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GLI EDITORI


Molti bei fiori di greca eleganza noi offeriamo in questo picciol volume, il quale sarà certo una gran prova dell’amore, con cui stiamo aderenti alle vere dottrine poetiche. Vengono primi gli Inni di Callimaco nel bello volgarizzamento, che ne fece in terza rima lo Scrocchi; nè mancano le note, onde egli aiutò l’intelligenza di quel Poeta dalle frequenti allusioni agli antichi riti renduto difficile. Succedono le Odi di Anacreonte, le quali ricche della loro fama e lusinghiere pel continuo invito alla gìoia, non abbisognano d’elogio alcuno, che agli uomini le raccomandi. Nello sceglierne la traduzione noi fummo per alcun tempo incerti, ma finalmente ne parve che i Lettori avrebbero preferita quella del Costa e del [p. vi modifica]Marchetti. In egual modo credemmo che fosse da eleggersi la versione del Caselli pei pochi versi, che ne rimangon di Saffo: non così però, che della famosa Ode a Paone non aggiugnessimo un secondo assai lodevole volgarizzamento del Costa. Anche Ateneo ci diede un frammento delle poesie di questa infelicissima donna, e noi abbiamo la fortuna di presentarlo, come a suo luogo vedrassi, in una bellissima inedita traduzione di quel gran Giulio Perticari, la cui luce fu per smorte così presto invidiata all’Italia.

Tutte poi queste ricchezze, che pure sono molte e sceltissime, non arrivano ancora a formare la metà dei Volume, a compiere il quale si unirono i Buccolici Greci Teocrito, Mosco e Bione, trasportati felicemente alla nostra favella dall’illustre Pagnini, che di tali studii fu assai benemerito. Alcuni avrebbero forse amata la traduzione del Salvini, che fra i molti lavori di quest’erudito è degna di venire di[p. vii modifica]stinta: altri avrebbe preferito di avere almeno quella parte, che ne fece volgare il Pompei; ma parve a noi, e parerà certamente alla più parte de’ nostri Lettori che questo Pagnini e per fedeltà non servile, e per ischietta nobiltà di verso fosse troppo superiore ad ogn’altro.

Noi ben veggiamo, che l’impresa che abbiamo tentato, è al sommo difficile; ma se ne potesse la scelta riuscire sempre così, non sarebbe per fermo superba la nostra speranza d’aver grandemente giovato ai buoni studii e all’Italia.