Mario Rapisardi

1892 Indice:Opere di Mario Rapisardi 5.djvu poesie Letteratura Calcidonio Intestazione 24 maggio 2023 75% Da definire

Questo testo fa parte della raccolta Opere (Rapisardi) V


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CALCIDONIO

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Calcidonio, l’amico onde più gode
     L’animo mio, non è, s’io dica il vero,
     Tenero troppo del natio paese:
     Ei l’ama sì, ma in modo strano; e poi
     5Che a pingere col verso egli è, non meno
     Che a poetare col pennel, maestro,
     S’io di sua patria carità mi rido,
     Tira fuor la matita, e su la sgombra
     Faccia d’un libro o in candida parete
     10L’Etna segna di qua, di là sul doppio
     Seno del golfo i dolci colli iblei,
     E scritto in mezzo a grandi cifre il nome
     Di Vincenzo Bellini: Ecco la mia
     Patria, ghignando esclama; e irrequíeto

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     15Con dita adunche i baffi ispidi arriccia.
     Questo, o caro, è un deserto. E che? dovrei
     Le pure linee, in cui Grecia rivive.
     Rompere e frastagliar di quante rozze
     E tozze e mozze capannacce usurpano
     20La soleggiante via tutte superbe
     Della squillante imbiancatura e certe
     Di dar tema d’invidia al Partenone?
     informicar dovrei questi tranquilli
     Piani del bulicame analfabeta,
     25Che quando non falsifica, sogghigna?
     Meglio, amico, il deserto: io lo contemplo
     E l’avvivo e lo popolo a mia posta.
     Così dicendo, l’occhio acuto affonda
     Nei segnati contorni, e come suole,
     30Bizzarramente alle sue fantasie,
     Quasi a viventi immagini, sorride.
Io penso intanto: e non potrei, com’egli,
     Trasformar tutto a me dintorno, e in cheta
     Libertà vagheggiar quanto l’onesto
     35Core e l’acceso immaginar mi crea?
     Troppo in battaglie ingrate e in disuguali
     Travagli ansano i petti umani; sopra
     Le amene rive della vita, come
     Ignea corrente, il bieco utile passa,
     40Dell’Ideale inaridisce i fonti,

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     Dissecca i fiori d’ogni fede, e i germi
     Della venusta illusione impietra.
     Non inerte però, qual radicato
     Tronco al furor dell’imminente lava,
     45Querulo scricchiolando aspettar voglio
     L’incendio: augurai fantasma invece
     Passeggerò su le ruine, e immerso
     Neir azzurro de’ sogni il capo austero,
     Fantasticando aspetterò la morte.
     50Ma non tu forse al nostro animo spiri,
     fantasia, madre di numi? Spenta,
     Qual bolide dal ciel cadde l’umana
     Coscienza, cadde ogni virtù, se cieco
     Tra rei computi infuria, o da maligni
     55Poteri oppresso il volgo ibrido ghigna?
     Non tu di rose il cielo e d’oro i campi
     Inondi ancor benignamente, o sole?
     Non tu, pace divina, agl’innocenti
     Costumi e al culto del dovere arridi?
     60Dilegui or dunque dal mio ciglio quanto
     Ha di turpe e di triste il secol mio;
     Schiuda l’Arte i sereni occhi, e l’illesa
     Beltà vagheggi, onde s’irradia il mondo.