Caccia e Rime (Boccaccio)/Rime/XII

XII. Quell’amorosa luce, il cui splendore

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XII.


Quell’amorosa luce, il cui splendore
     Per li miei occhi mise le faville,
     Che dentr’al cor ardeano a mille a mille,
     Di lei la forma et la luce d’Amore,
     Questa per donna et colui per signore,5

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     Lasciandovi, non posson le pupille
     Soffrir talor1 per l’acute postille2
     Ch’accese vengon più del suo valore.
Onde, contr’a mia voglia, s’io non voglio
     Lei riguardando perder di vederla,10
     In altra parte mi convien voltare.
     O grieve caso, ond’io forte mi doglio:
     Colei, cui cerco di veder poterla
     Sempre, non posso poi lei riguardare!


Note

  1. «Le mie pupille non posson talora sopportare quell’amorosa luce, il cui splendore mandò per i miei occhi le faville che ardevano innumerevoli dentro al cuore, lasciandovi l’immagine di lei e la luce d’Amore, l’una come donna e l’altro come signore...»
  2. Postille, secondo il noto esempio dantesco (Par., III, 13) significa «imagini.»