Caccia e Rime (Boccaccio)/Rime/LXIII

LXIII. Et Cinthio et Caucaso, Ida et Sigeo

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LXIII. Et Cinthio et Caucaso, Ida et Sigeo
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LXIII.


Et Cinthio et Caucaso, Ida et Sigeo,
     Libano Sena Carmelo et Hermone,
     Athos Olympo Pindo Citherone,
     Aracinto Menalo Hysmo et Ripheo,
     Ethna Pachin Peloro et Lilibeo,5
     Vesevo Gauro Massich’ et Caulone,
     Apennin l’Alpi Balbo et Borione,
     Atlante Abila Calpe et Pyreneo1,

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O qualunqu’altro monte, ombre già mai
     Ebber cotanto grate a’ lor pastori,10
     Quant’a me furon quelle di Miseno2:
     Nelle quai sì benigno Amor trovai,
     Che refrigerio diede a’ mia ardori
     Et ad ogni mia noia pose freno3.


Note

  1. Tutti i monti qui enumerati, notissimi i più, son disposti per gruppi con un certo ordine, cominciando dagli orientali e procedendo verso occidente; di essi dà notizie lo stesso poeta nel trattatello De montibus del suo dizionario geografico. I primi otto appartengono all’Asia (il Cinthio ‘mons est insule Deli’; l’Ida è il famoso monte della Frigia; Sena è con tutta probabilità il Sinai; ‘Ermon mons Amorreorum est ultra Iordanem’); seguono altri otto che appartengono alla Grecia (‘Aracinthus veteres in qua sit regione non concordant: nam alii dicunt eum attice regionis montem, quidam eum esse thebanum, nonnulli ambracium et alii Archadum’; il Menalo ‘Arcadie mons est excelsus’; Hysmo è certo ‘Isthmos mons in quo sita Corinthus est civitas’; i Riphei son ‘montes Arcadie’). Vengon poi monti e promontori di Sicilia, quindi quattro dell’Italia meridionale (‘Gaurus Campanie mons est propinquus Massico monti’; ‘Caulon Calabrie seu Bruttiorum mons est’); infine, dopo le Alpi e gli Apennini, quattro monti dell’Africa (Balbo; Borione, ch’è ‘promontorium Numidie’; Atlante e Abila) e poscia due della Spagna.
  2. Questo promontorio è chiamato monte dal Boccacci nel De montibus: ‘Misenus mons est campanus, Cumis proximus, a Miseno Enee socio ibidem ab eodem sepulto denominatus’.
  3. Per l’accenno di questi ultimi tre versi si cfr. quello degli ultimi tre del sonetto seguente; ambedue le poesie ‘sono come un inno pieno di gioia, che scatta dall’anima ebbra del poeta’ (Crescini, op. cit., p. 179). Ma non ritengo, d’accordo in ciò col Della Torre (pp. 266-67), che il nostro, parlando di refrigerio ai suoi ardori, voglia alludere alla suprema gioia desiderata, perché di questa Giovanni godé la prima volta a Napoli, nel letto matrimoniale della Fiammetta, in una notte della fine d’ottobre o della prima metà di novembre, ‘temperante Apollo i veleni freddi di Scorpione’ (Ameto).