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96 Giovanni Boccacci

O qualunqu’altro monte, ombre già mai
     Ebber cotanto grate a’ lor pastori,10
     Quant’a me furon quelle di Miseno1:
     Nelle quai sì benigno Amor trovai,
     Che refrigerio diede a’ mia ardori
     Et ad ogni mia noia pose freno2.


LXIV.


Colui per cui, Misen3, primieramente
     Foste nomato, cui cenere, anchora,
     Sparte nella tua terra fan dimora


    i Riphei son ‘montes Arcadie’). Vengon poi monti e promontori di Sicilia, quindi quattro dell’Italia meridionale (‘Gaurus Campanie mons est propinquus Massico monti’; ‘Caulon Calabrie seu Bruttiorum mons est’); infine, dopo le Alpi e gli Apennini, quattro monti dell’Africa (Balbo; Borione, ch’è ‘promontorium Numidie’; Atlante e Abila) e poscia due della Spagna.

  1. Questo promontorio è chiamato monte dal Boccacci nel De montibus: ‘Misenus mons est campanus, Cumis proximus, a Miseno Enee socio ibidem ab eodem sepulto denominatus’.
  2. Per l’accenno di questi ultimi tre versi si cfr. quello degli ultimi tre del sonetto seguente; ambedue le poesie ‘sono come un inno pieno di gioia, che scatta dall’anima ebbra del poeta’ (Crescini, op. cit., p. 179). Ma non ritengo, d’accordo in ciò col Della Torre (pp. 266-67), che il nostro, parlando di refrigerio ai suoi ardori, voglia alludere alla suprema gioia desiderata, perché di questa Giovanni godé la prima volta a Napoli, nel letto matrimoniale della Fiammetta, in una notte della fine d’ottobre o della prima metà di novembre, ‘temperante Apollo i veleni freddi di Scorpione’ (Ameto).
  3. Parla al promontorio Miseno, così chiamato (cfr. qui sopra, n. 1) dal nome del compagno di Enea, la cui morte e sepoltura cantò Vergilio, Aen., VI, 162-235.