Caccia e Rime (Boccaccio)/Rime/CXXV

CXXV. Io ò messo in galea senza biscotto

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CXXV. Io ò messo in galea senza biscotto
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CXXV.


Io ò messo in galea senza biscotto1
     L’ingrato vulgo, et senza alcun piloto
     Lasciato l’ò in mar a lui non noto2,
     Benché sen creda esser maestro et dotto:
     Onde el di su spero veder di sotto5
     Del debol legno et di sanità voto3;

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     Né avverrà, perch’ei4 sappia di nuoto,
     Che non rimanga lì doglioso et rotto.
Et io, di parte excelsa riguardando,
     Ridendo, in parte piglierò ristoro10
     Del ricevuto scorno et dell’inganno;
     Et tal fiata, a llui rimproverando
     L’avaro seno5 et il beffato alloro,
     Gli crescerò et la doglia et l’affanno6.


Note

  1. Mettere in galea senza biscotto è un motto proverbiale che significa ‘impegnare uno ad un’impresa senza i debiti provvedimenti e i modi da condurla a fine’ (Fanfani). Dice Bruno a Calandrino: ‘Tu ci menasti una volta giù per lo Mugnone ricogliendo pietre nere, e quando tu ci avesti messo in galea senza biscotto, e tu te ne venisti’ (Decam., VIII, 6).
  2. ‘Sembra ricordare l’ammonimento di Dante in Par., II, 1 sgg., a coloro che lo seguivano in piccioletta barca. E mantiene questa immagine della nave per un pezzo’ (Zingarelli).
  3. «Spero di veder capovolto e privo di salvezza il debol legno.»
  4. Cfr. p. 152, n. 3.
  5. «Avidità:» è espressione dantesca (Inf., XVIII, 63).
  6. Ritengo che questo sonetto (non missivo, ma certo da considerar legato ai tre precedenti in quanto esprime la soddisfazione del poeta nel pregustare l’imbarazzo in cui si troverà l’ingrato vulgo per l’interrotto commento della Commedia) sia posteriore di qualche settimana al tempo in cui la Lettura fu sospesa, e però del principio del 1374.