Caccia e Rime (Boccaccio)/La caccia di Diana/Canto XVIII
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Canto XVIII.
Io, che veduto lungamente avea
Le nuove cacce e ’l ritornare al piano
E ’l rimontar della turbata dea1
E lo scender dell’altra2 et il sovrano
Miracol fatto in non lunga stagione,5
Maraviglioso ad intelletto umano,
Quasi ripien di nuova admiratione
Mi ritrovai di quel mantel coperto
Che gli altri usciti dello ardente agone,
E vidimi alla bella donna offerto,10
E di cervio mutato in creatura
Humana e rationale esser per certo:
Ma non ingiustamente3, ché natura
Non misse mai valor né gentilezza
Quant’è in lei, honestissima e pura.15
Il viso suo angelica bellezza
Del ciel discesa veramente pare,
Venuta a dare agli occhi human chiarezza;
Discreta e saggia nel suo ragionare
E signorevol donna nello aspecto,20
Lieta e baldanzosa nello andare;
Onde, s’agli occhi mie’ dié tal dilecto,
Che, donandomi a llei, huom ritornai
Di bruta belva, a huomo d’intellecto
Non pare ingiusto né mirabil mai,25
Ché l’eterno signor credo che gioia
Abbia dicendo in sé: — io la formai! — .
Ell’è ispegnitrice d’ogni noia;
Chi lla rimira ben negli occhi fiso
Torna pietoso o convien che ssi moia.30
Quanta sie la virtù che il bel viso
Spande in quella parte ove si gira,
Sollo io, che per dolcezza son conquiso.
Superbia accidia e avaritia e ira,
Quando la veggio, fuggon della mente,35
Che i contrari lor dentro a sé tira.
Ond’io priego ciascun divotamente,
Che subietto è com’io a quel signore,
Che ingentilisce ciascuna vil mente4,
Ched e’ prieghin per me che nell’amore40
Di questa donna lungamente io sia,
E che io d’honoralla aggia valore.
Ché simile oration sempre mai fia
Facta per me in servigio di quelli
Che allegro possiede o che disia,45
E per coloro anchor che son ribelli
Con le lor donne, acciò ch’egli abbian pace,
E che angoscia più non li fragelli.
Il più parlare omai qui non mi piace,
Però che in parte più di lode degna50
Serbo di dir con laude più verace
Quella biltà che l’anima disegna
Di quella, di cui son l’altre honorate,
E cui servire il cor sempre s’ingegna.
E torno a contemplar quella pietate,55
Ne’ verdi prati, e l’altra gran virtute
Che questa donna fregia di biltate,
Da cui anchora spero aver salute.