Brevi cenni sullo zecchino di Papa Paolo II battuto in Spoleto

Luigi Pila-Carocci

1891 Indice:Rivista italiana di numismatica 1891.djvu Rivista italiana di numismatica 1891

Brevi cenni sullo zecchino di Papa Paolo II battuto in Spoleto Intestazione 7 ottobre 2023 100% Numismatica

Questo testo fa parte della rivista Rivista italiana di numismatica 1891
[p. 357 modifica]

BREVI CENNI


SULLO ZECCHINO DI PAPA PAOLO II


BATTUTO IN SPOLETO




Altra volta, Arcadi valorosi1, v’intrattenni intorno alla zecca e le monete spoletine, ma sebbene molte di esse fossero inedite e rarissime, non vi presentai che monete di argento, di mistura e di rame.

Accennai bensì ad una moneta di oro del secondo Duca di Spoleto, che resse il ducato dall’anno 586 al 602, prodotta da Guido Antonio Zanetti, cosa della quale l’Oderico dubitava assai, anzi la negava, mentre diceva che certamente sarebbe stato un bel vanto per Spoleto e da farne festa, se potesse mostrare una moneta del Duca Ariulfo.

Ora però ho il contento di mostrarvi appunto una moneta spoletina di oro, uno zecchino, cioè, di Paolo II.

Nell’agosto dello scorso anno, un muratore lavorando presso un vecchio muro, in via Cavour, alla profondità di un metro, vicino alla chiesuola della Madonna del Buon Consiglio qui in Roma, trovò un vasetto di terracotta, contenente circa [p. 358 modifica]350 monete d’oro, e fra queste, due zecchini inediti di Paolo II, coniati nell’anno primo del suo pontificato, che corrisponde al 1464-1465.



Uno di questi due zecchini ora forma parte della mia collezione di monete spoletine. Esso nel diritto ha la scritta: PAVLVS PP • II • PONT • ANNO I • con in mezzo lo stemma, e nel rovescio ha il santo in piedi con la chiave in alto nella diritta, ed un libro nella sinistra; d’intorno l’epigrafe: S • PETRVS IN PVIN • DVCAT. Così si è verificato l’augurio del buon Muratori, che cioè la mia patria avesse la fortuna di rinvenire altre monete ad essa appartenenti.

Non può dubitarsi che l’indicazione Provincia Ducatus apparteneva al Ducato di Spoleto, essendo questo lemma l’identico adoperato in altro monete di Pio II e di Paolo II, nelle quali la sigla Provincia Ducatus è scritta nello stesso modo dell’altra Ducatus Spoletanus.

In questa opinione vanno anche d’accordo Monsignor Borgia nelle Memorie storiche di Benevento, ed il Mengozzi nella Zecca di Foligno.

Un altro esemplare ne possiede il Cav. Ercole Gnecchi di Milano, che ne ha arricchita la sua Collezione. Questo secondo esemplare peraltro è una variante del mio zecchino.

Narrai altra volta in questo dotto consesso, come Spoleto avesse già avuto fin dall’antichità la sua zecca propria. [p. 359 modifica]

Nel nono secolo si hanno per Spoleto i danari di Guido III, duca di Spoleto nell’880, che poi nell’889 fu eletto Re d’Italia, e quindi li 21 febbraio 891, dal Papa Stefano VI, coronato imperatore d’Occidente; ed a questi fanno seguito quelli battuti da Lamberto di lui figlio, parimenti Duca, Re, e coronato poi li 27 febbraio 892, imperatore da Papa Formoso.

Cessato il dominio ducale, Spoleto sotto l’alta protezione della Chiesa, coniò pure moneta coll’effigie de’ Santi suoi protettori Giovanni e Ponziano; il che è prova dell’autonomia che seguitava a godere. Ed assodatasi in modo più deciso e potente la sovranità de’ Pontefici, le monete spoletine recarono il nome del Papa regnante per circa un secolo, cioè dalla metà del quattrocento, alla metà del cinquecento, sotto Pio II, Paolo II, Giulio II e Leone X. Al principio di quest’ultima fase della numismatica spoletina appartiene lo zecchino che ha dato occasione al mio dire.

Taluno opinò che questi zecchini siano stati coniati in Roma, essendovene molti altri somiglianti per Roma, come per altre città; e fra quei 350 all’incirca, rinvenuti nell’agosto passato, come sopra ho detto, oltre li due inediti di Spoleto, ve ne sono altri due inediti col nome di Ancona e di Mantova, aventi lo stesso tipo.

Questo fatto peraltro della somiglianza dei tipi trova la sua ragione negli editti pontificî che prescrivevano alle città soggette al dominio della Chiesa ed agli zecchieri, non solo la forma, il peso e la bontà, ma eziandio la rappresentazione delle imagini, e di qualunque altra cosa da incidersi, e molto più nel costume, che avevano gli stessi zecchieri, di fornirsi dei conii dai medesimi artefici che lavoravano nella zecca papale. [p. 360 modifica]

Così dei Migliori di Firenze troviamo contemporaneamente conii di Roma e nelle varie zecche delle Marche: e il Mercandetti fornì punzoni a quasi tutte le zecche che batterono madonnine e sampietrini sul finire del secolo passato.

Ciò che è indubitato è questo, che varie città avevano il privilegio di coniare la moneta piccola, sia in argento, che in mistura e rame. Il Breve di Pio II, diretto al Comune di Spoleto, di cui parleremo in appresso, ne è la prova.

Lo Zanetti, nelle Zecche e monete d’Italia, (Tom. II, pag. 495) dice che la zecca di Spoleto fu trasportata a Foligno nel 1461.

Pio II, il V ottobre 1461, diresse un Breve ai Priori del Popolo della città di Spoleto, ordinando che non si molestasse il Coniatore della moneta nella città di Spoleto.

Riferisco il detto Breve traducendolo.


«Ai diletti figli, i Priori del Popolo della nostra a città di Spoleto.»

Entro «Pio Papa II; Diletti figli. Salute ed apostolica benedizione.»

«Concedemmo già al diletto figlio Emiliano folignate la licenza di coniare le monete di rame e di argento in qualunque delle nostre città volesse, sotto certe condizioni e patti, de’ quali pienamente consta dai capitoli di sopra stabiliti, e da Noi confermati. Conoscemmo pertanto che Voi cercate impedirgli di ciò fare, di che moltissimo ci maravigliamo; mentre specialmente si conosce che la nostra concessione torna a comodità ed utile delle città e terre. Per la qual cosa ordiniamo a Voi in vigore delle presenti lettere, e strettamente ordiniamo sotto pena di mille ducati di oro, da applicarsi alla nostra camera, che in appresso [p. 361 modifica]non abbiate ardire di fargli alcun impedimento, o di proibirgli che a norma dei capitoli stabiliti possa coniare monete; e se credete di avere alcun diritto in proposito, inviatene a Noi un Oratore, onde di tal diritto ci dia informazione, e nulladimeno intanto cessate da qualunque impedimento e proibizione, sotto la pena predetta».

«Dato da Tivoli, sotto l’anello del pescatore, 1 Ottobre 1461, Anno IV del nostro pontificato».


L’Emiliano da Foligno, a favore del quale il Sommo Pontefice faceva spedire questo Breve, era il celebre Emiliano Orfini orefice, incisore, zecchiere e per giunta anche tipografo, avendo dato all’Italia probabilmente la prima edizione della Divina Commedia dell’Alighieri nel 1472.

Ma la sua maggior gloria fu certamente l’arte d’incidere conii, e se ne hanno dei bellissimi per il ducato di oro e per il grosso di argento, lavorati in occasione della crociata bandita dal Sommo Pontefice Pio II, Piccolomini; ed il magnifico piombo per le bolle di Paolo II, in cui Emiliano, allontanandosi dalla tradizione fino allora seguita, e di poi scrupolosamente mantenuta, volle rappresentare il Papa in trono vestito di piviale ed assistito dai Cardinali innanzi a molti devoti genuflessi. Donde si potrebbe argomentare il genio di questo artefice che animato dal soffio potente del rinascimento, tentava sollevare per una via nuova l’arte leggiadra della moneta, preludiando cosi alle rappresentazioni storiche che più tardi vi effigiò Benvenuto Cellini.

Dalla cognizione pertanto di detto Breve, veniamo a sapere che questo Emiliano o Miliano era infastidito in Spoleto, tanto che ne dovette portare reclami e doglianze al Pontefice Pio II, e con tutta probabilità possiamo inferire che non coniò più mo[p. 362 modifica]neta in Spoleto, e si spiega cosi quanto asserisce lo Zanetti (Tom. I, pag. 477), che la zecca di Spoleto fu trasportata a Foligno.

Dal fatto della mancata coniazione della moneta per parte del Miliano, non può arguirsi, che in Spoleto non vi esistesse altro coniatore di moneta.

Quale si fosse il fastidio, e quali gli impedimenti che in Spoleto si facevano al Miliano per la coniazione della moneta, dal Breve di Pio II, non è noto.

Che in Spoleto esistesse altro zecchiere? o vi entrassero ragioni di municipalismo tanto sentite in quell’epoca, essendo il Miliano folignate?

Forse nelle Riformazioni spoletine si potrebbe trovare qualche notizia in proposito, mentre le dette Riformazioni cominciano dall’anno 1351. Ma ora nell’Archivio municipale spoletino non è permesso ai cittadini di penetrare, con grande rincrescimento degli studiosi di cose patrie, essendo da 32 anni divenuto una privativa individuale.

Inoltre veniamo pure a conoscere dal detto Breve che l’Orfini non aveva altro privilegio che quello di coniare monete di rame e di argento, e così si avvalora l’idea che le monete di oro e gli zecchini si coniassero solamente in Roma, almeno fino al terminare del secolo XV, in cui si ha per la provincia della Marca lo Zecchino d’Innocenzo VIII a Macerata, poi, ad Urbino, Ancona e Camerino, gli aurei sotto Leone X.

Dopo la pubblicazione che feci, intorno alla Zecca ed alle monete di Spoleto, nel 1884, ho acquistato anche altre monete inedite.

Una di esse, in rame è un quattrino di Pio II.

[p. 363 modifica]

Ha nel diritto la scritta: PIVS PP • SECVN e in mezzo una testa col triregno, e nel rovescio: PROVINCIA DVC e in mezzo una croce a fogliame.

Moneta inedita e rarissima, e forse l’unico esemplare che esista, ed abbia vinto la voracità del tempo.

Le altre sono due monete inedite di Paolo II.


Una di mistura nel diritto ha la scritta: PAVLVS PAPA II e nel mezzo lo stemma; nel rovescio: DVCATV SPOLETA e nel mezzo S. Pietro con libro nella sinistra e la chiave in alto nella destra.

L’altra è un quattrino di rame con la scritta: PAVLVS PAPA II ed in mezzo lo stemma, e nel rovescio: DVCATVS SPOLETANI, e nel mezzo croce a fogliame.

Ora, per concludere, esprimiamo la speranza che ne sia dato rinvenire altre monete uscite dalla zecca spoletina, ripetendo l’augurio del Muratori. Con che abbiamo lusinga di poter giovare sì al decoro della nostra patria, stata un giorno tanto in fiore, per quanto ora è depressa, e di portare un utile contributo alla storia, essendochè una delle fonti più importanti e sicure, da cui questa attinge, è la Numismatica.

Note

  1. Dissertazione letta nell’Adunanza di Arcadia, li 11 maggio 1891.