Brani di vita/Libro primo/Da capo

Da capo

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DA CAPO


Rinnovarsi o morire!

Questo minaccioso consiglio che si ripete ai deboli ed ai viziosi, questo monito che, come la tromba del giudizio, tuona all’orecchio di tutte le decadenze, lo udiamo di nuovo e ne sentiamo in cuore la verità e la ineluttabile necessità. Ma rinnovarsi è possibile?

Certo se l’uomo di bruco potesse rinascer farfalla o, solo, mutar la scorza come le biscie, il savio consiglio sarebbe prezioso e gli uomini e le nazioni lo seguirebbero volontieri. Ma un organismo attossicato ed infetto non si risana con un consiglio od un proponimento. Occorre un rimedio, non diremo cruento, ma certo di una irresistibile energia; occorre un’ora di crisi, un anno di travaglio in cui la natura riparatrice ridesti le forze, purifichi gli umori, rinnovi il sangue. Sperare di giungere alla guarigione per la sola potenza della nostra volontà è un sogno.

Quanti propositi e tentativi di rinnovamento [p. 256 modifica]non ha fatto la Spagna? Ma la lue cattolica delle fraterie e il giogo della dominazione episcopale non le lasciano speranza di migliori destini e non può levarseli di dosso. Quanti sogni di star meglio facemmo noi ad ogni cambiar di Ministri? E si rimase sempre così, se non peggio, e non per sola colpa dei Ministri!

È inutile! Non si vince la indifferenza di un popolo intero con un consiglio; non si rinnova in Italia un più sano concetto della morale con un rimprovero, per quanto giusto e meritato. Non abbiamo noi visto gli sfregiati delle Ferrovie meridionali, della Regia, della Banca Romana, del Banco di Napoli, assolti e talora assunti ai più alti uffici dello Stato? Non vedemmo ieri schernito e ammazzato chi teneva desta una grave quistione morale e gli accusati di oggi condurre al trionfo e coronare di quercia e di alloro l’accusato di ieri? Si declamò e si rise per un giorno, poi furono dimenticati i trionfi come le deplorazioni, le apoteosi come le censure e nell’isocrono succedersi dei Ministri ne rivedremo anche di quelli che parevano affogati per sempre nel pantano delle loro colpe.

Quando in faccia al sospetto di un reato infame che colpiva, con troppe apparenze di verità, uno dei depositari della pubblica fiducia, molte coscienze che prima già sonnecchiavano, si ridestarono indignate; molti giornali che già coprivano di contumelie gli agitatori della quistione morale, si levarono a campioni della moralità. Troppo tardi! Bisognava cau[p. 257 modifica]terizzare il male a suo tempo, non quando lo vediamo cronico e pressochè incurabile. Il male ha inquinato le sorgenti della vita.

Nel paese entrò la persuasione, speriamo errata od esagerata, che l’immorale, pur che sappia arricchirsi, gode, più che l’impunità, gli onori. Si crede più alle clientele che al diritto, più alla raccomandazione di un deputato che alla giustizia. Nessuno, quando un birbante vi stende la mano, ha il coraggio di tener le mani in tasca. È la birberia che riscuote l’ammirazione, non l’onestà, e chi è frodato dal mercante, pure lagnandosene, prova un certo senso di compiacente rispetto per la furberia del frodatore. Sotto i nostri occhi vediamo tutti i giorni le fraterie eludere la legge con trasparenti artifici di prestanomi e di finzioni che non ingannerebbero Pulcinella e la legge si lascia eludere, nessuno ne parla, anzi forse troppi ammirano. La funzione della sincerità è abolita nell’etica italiana.

E allora, come volete rinnovare e che cosa? Quando si è educato un popolo a questo modo, colle massime di un comodo scetticismo e coll’esempio della più tranquilla indifferenza all’imperativo della morale; quando l’eredità e l’esperienza hanno instillato nel sangue e nei cervelli l’assoluta inutilità, anzi talora il danno della correttezza e dell’onestà, quando si è insegnato o lasciato insegnare che la rispettabilità di un uomo non si misura dal candore della coscienza ma dalla pinguedine della borsa; quando si è capito che per fare il proprio comodo, [p. 258 modifica]a scapito del prossimo e delle leggi, senza nota d’infamia ma col rispetto di tutti, in alto e in basso, basta aver la forza di imporsi colle clientele o col denaro, che cosa volete rinnovare, per amor di Dio?

Bisogna tornare da capo!