Ben Hur/Libro Quinto/Capitolo V
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Traduzione dall'inglese di Herbert Alexander St John Mildmay, Gastone Cavalieri (1900)
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CAPITOLO V.
Lo sceicco aspettò, ben soddisfatto, finchè Ben Hur, ebbe terminate le esercitazioni del mattino.
— «Questo pomeriggio, o sceicco, potrai riprenderti Sirio» — disse Ben Hur, accarezzando il collo del vecchio cavallo. — «Lo puoi riprendere, e darmi il cocchio.» —
— «Così presto?» — chiese Ilderim.
— «Con cavalli come i tuoi basta una giornata. Non hanno paura; hanno l’intelligenza di un uomo, ed amano l’esercizio. Questo, egli scosse le redini sul dorso al più giovine dei quattro, — tu lo chiamasti Aldebran, credo, — è il più veloce. In un giro di stadio avanzerebbe gli altri di tre lunghezze.» —
Ilderim si lisciò la barba, con gli occhi scintillanti.
— «Aldebran è il più veloce» — disse. — «E il più tardo?» —
— «Eccolo.» — Ben Hur scosse le redini sopra Antares. — «Ma egli vincerà, perchè, vedi, sceicco, egli correrà tutto il giorno, e in sul calar del sole potrà raggiungere la sua massima velocità.» —
— «Hai nuovamente ragione» — disse Ilderim.
— «Io ho un solo dubbio, o sceicco.» —
Lo sceicco si fece serio.
— «Nella sua avidità di trionfare, un Romano transige anche con l’onore. Nei loro giuochi, — in tutti i loro giuochi, praticano una infinità di tranelli e di frodi; nelle gare dei cocchi, la loro furfanteria non risparmia nè i cavalli, nè l’auriga, nè il padrone. Quindi, buon sceicco, bada bene a quanto tu fai. Finchè la gara non sia terminata, non lasciare che nessun estraneo si avvicini ai cavalli. Per esser più sicuri, fa di più; — metti una guardia armata che li invigili notte e giorno. Allora non avrò paura per l’esito.» —
Alla porta della tenda smontarono.
— «Ciò che tu dici sarà fatto. Per lo splendore di Dio, nessuna mano dovrà avvicinarsi a loro tranne quella dei fedeli. Stanotte medesima porrò le sentinelle. Ma guarda, figlio di Arrio,» — Ilderim estrasse il plico dalla cintura e lo svolse lentamente, sedendo sopra il divano, — guarda, figlio di Arrio, e aiutami col tuo latino.» —
Egli consegnò il dispaccio a Ben Hur.
— «Ecco; leggi, leggi ad alta voce, traducendo le parole nella lingua de’ tuoi padri. Il latino è un abbominio.» —
Ben Hur era di buon umore e intraprese la lettura con leggerezza.
Messala a Grato! Si arrestò. Ebbe come un presentimento e il cuore gli cominciò a palpitare fortemente. Ilderim osservò la sua agitazione.
— «Dunque? Aspetto.» —
Ben Hur domandò scusa e ricominciò la lettura del papiro, che il lettore avrà già indovinato essere una copia della lettera con tanta cura spedita da Messala a Grato, la mattina dopo l’orgia nel palazzo.
I primi paragrafi erano solo notevoli in quanto che rivelavano che lo scrittore non aveva perduto quelle qualità di scherno e d’ironia che adornavano il suo dire giovanile. Ma quando il lettore arrivò ai passi intesi a rammentare a Grato la famiglia dei Hur, la sua voce tremò, e due volte dovette arrestarsi, per riprendere padronanza di sè. Con uno sforzo continuò. — «Richiamerò anche le disposizioni che prendesti riguardo ai membri della famiglia Hur» — qui la voce del lettore fu rotta come da un singhiozzo — «affinchè il silenzio della tomba ci assicurasse il tranquillo godimento dei nostri guadagni, e allo stesso tempo il rimorso di aver versato sangue non ci macchiasse la coscienza.» —
Ben Hur non potè continuare. Il papiro scivolò dalle sue mani ed egli si coprì il volto.
— «Sono morte — morte. Io sono solo!» —
Lo sceicco era stato muto ma commosso spettatore del dolore del giovine.
Egli si alzò e disse: — «Figlio di Arrio, io devo chiederti perdono. Leggi la lettera da solo. Quando ti sarai riavuto abbastanza per comunicarmi il resto del contenuto, mandami a chiamare.» —
Egli uscì dalla tenda. Il pensiero delicato era degno di lui.
Ben Hur si gettò sul divano e si abbandonò alla foga della sua passione.
Quando si fu rimesso alquanto, si ricordò che parte della lettera non gli era ancora conosciuta, e ne riprese la lettura. — «Ti ricorderai di ciò che hai fatto della madre e della figlia del malfattore, e se ora cedo alla curiosità di sapere se vivano o siano morte....» — Ben Hur trasalì, rilesse il passo:
— «Egli non sa se siano morte; egli non sa!» — esclamò, — «Benedetto sia il nome del Signore! C’è ancora un po’ di speranza.» — Sorretto da questo pensiero continuò la lettura fino al fondo.
— «Non sono morte» — egli disse, dopo breve riflessione: — «Non sono morte; altrimenti egli lo saprebbe.» —
Una seconda lettura, più attenta della prima, lo confermò in questa opinione. Allora mandò a chiamare lo sceicco.
— «Quando venni la prima volta alla tua tenda ospitale, o sceicco» — egli incominciò con calma, quando l’arabo ebbe preso posto sul divano, e furono soli, — «io non aveva l’intenzione di parlarti della mia vita, tranne che di quella parte necessaria per provarti la mia destrezza ed esperienza nel guidare i cavalli. Non volli comunicarti la mia storia. Ma il caso che ha fatto pervenire questa lettera nelle mie mani, è così strano, che io sento il dovere di rivelarti ogni cosa. Mi conforta in questo proposito il fatto che siamo entrambi minacciati dal medesimo nemico, contro il quale è necessario che procediamo d’accordo. Io ti leggerò la lettera e ti darò la spiegazione, dopo la quale comprenderai facilmente il motivo della mia emozione. Se la considerasti debolezza o sentimentalità infantile, saprai ricrederti o scusarmi.» —
Lo sceicco ascoltò in assoluto silenzio finchè Ben Hur arrivò al paragrafo in cui si faceva speciale menzione della sua persona. — «Io incontrai ieri l’Ebreo nel boschetto di Dafne» — diceva la lettera — «e se egli non vi è, tuttavia dimora certamente nelle vicinanze, cosicchè ti sarà facile tenerlo d’occhio. Anzi, se tu mi chiedessi dove sia in questo momento, io giuocherei che egli si trova nell’Orto delle Palme.» —
— «Ah!» — esclamò Ilderim, afferrandosi la barba.
— «Nell’Orto delle Palme,» — ripetè Ben Hur. — «sotto la tenda di quel canuto traditore, lo sceicco Ilderim....» —
— «Traditore! Io?» — gridò il vecchio con voce fattasi acuta, mentre il labbro e la barba tremavano d’ira, e le vene della fronte e del collo si gonfiavano come per scoppiare.
— «Un momento, sceicco» — fece Ben Hur. — «Tale è l’opinione di Messala, ascolta la sua minaccia»:.... sotto la tenda di quel canuto traditore, lo sceicco Ilderim, il quale non sfuggirà a lungo alle nostre mani. Non ti sorprenda se Massenzio, come passo preliminare faccia imbarcare l’Arabo sulla prima galera di ritorno, e lo mandi a Roma.» —
— «A Roma! Me — Ilderim, — sceicco di diecimila cavalieri con lancie — me a Roma!» — Balzò in piedi, le mani tese, le dita che si aprivano e si stringevano con moto convulso, gli occhi scintillanti come quelli di un serpente.
— «O Dio! — no, per tutti gli Dei, tranne per quelli di Roma! — quando finirà questa insolenza? Un uomo libero son io; libero è il mio popolo. Dobbiamo morire schiavi, o, peggio, dovrò io condurre la vita di un cane che striscia ai piedi del suo padrone? Devo leccare la sua mano perchè non mi batta? Ciò che è mio non è più mio, per l’aria che respiro devo dipendere da Roma. Oh, se fossi giovine un’altra volta! Oh se potessi scrollare dalle mie spalle venti anni, — o dieci, — o cinque!» —
Strinse i denti, ed agitò le braccia sopra il capo; poi, sotto l’impulso di una nuova idea, fece due passi verso Ben Hur e gli afferrò con veemenza il braccio.
— «Se io fossi come te, figlio di Arrio — giovine, forte, destro nelle armi; se avessi un torto come il tuo che mi spronasse alla vendetta, un torto tale da santificare l’odio — giù le maschere! Figlio di Hur, figlio di Hur, io dico!» —
A quel nome il sangue di Ben Hur quasi si arrestò nelle vene; stupito, confuso, egli fissò gli occhi in quelli dell’Arabo, ora vicini ai suoi, e animati da una fiamma selvaggia.
— «Figlio di Hur, io dico, se io fossi, come te, coi tuoi torti, coi tuoi ricordi, io non avrei, non potrei aver pace. Alle mie sofferenze aggiungerei quelle del mondo, e mi dedicherei alla vendetta. Per mare e per terra, in ogni paese, predicherei la rivolta contro il Romano. Ogni guerra di indipendenza mi troverebbe fra i combattenti, in ogni battaglia contro Roma brillerebbe la mia spada. Diventerei Parto, in mancanza di meglio. Che se anche gli uomini mi venissero meno, non interromperei i miei sforzi, no. Per lo splendore di Dio! Andrei fra i lupi, le tigri e i leoni nella speranza di aizzarli contro il comune nemico. Ogni arma sarebbe lecita, ogni eccidio giustificato, purchè le vittime fossero Romane. Alle fiamme tutto ciò che è Romano! Di notte pregherei gli Dei, i buoni e i cattivi egualmente, che mi prestassero i loro terrori, le loro tempeste, le carestie, il freddo, il caldo, e tutti gli innominabili veleni che essi lasciano liberi nell’aria, e tutto, tutto scaraventerei sul capo ai Romani. Oh, io non potrei dormire! Io, io....» —
Lo sceicco si fermò per mancanza di respiro, e rimase muto, ansando, pallido, coi pugni serrati.
Di tutto questo appassionato scoppio d’ira Ben Hur non ritenne che una vaga impressione di occhi fiammeggianti, di una voce stridula, di una collera troppo intensa per essere espressa con coerenza, a parole. Per la prima volta in otto anni il misero giovane era stato chiamato col suo vero nome. Un uomo almeno lo conosceva e lo riconosceva senza chiedere prove, e questi era un Arabo del deserto!
Come era egli venuto a questa cognizione? La lettera? No. Essa parlava delle crudeltà inflitte alla sua famiglia, narrava la storia delle proprie sofferenze, ma non diceva che egli era la vittima provvidenzialmente sfuggita all’ira Romana. Questo anzi egli avrebbe voluto spiegare allo sceicco dopo terminata la lettura. La gioia e la speranza gli fiorirono in cuore, e con calma forzata domandò:
— «Buon sceicco, dimmi, come venisti in possesso di questa lettera?» —
— «La mia gente custodisce le strade fra le città» — rispose Ilderim bruscamente. — «La tolsero ad un corriere.» —
— «Sanno che quella gente è tua?» —
— «No. Davanti al mondo figurano come predoni, che è mio dovere di prendere ed impiccare.» —
— «Un’altra domanda, sceicco. Tu mi chiamasti figlio di Hur — il nome di mio padre. Io mi credeva sconosciuto da tutti. Come apprendesti il mio nome?» —
Ilderim esitò; poi, rinfrancandosi rispose. — «Io ti conosco, ma non sono libero di dirti altro.» —
— «Qualcheduno ti tiene sotto padronanza?» —
Lo sceicco tacque e fece per andarsene; ma osservando la disillusione di Ben Hur, ritornò indietro, e disse: — «Non parliamone più per ora. Io vado in città; quando ritorno ti parlerò liberamente. Dammi la lettera» — Ilderim ripiegò con cura i papiri e li rimise subito nella loro busta.
— «Che cosa dici» — egli chiese con energia — «della mia proposta? Io ti esposi ciò che farei ne’ tuoi panni, e tu non mi hai ancora risposto.» —
II — «Io voleva risponderti, sceicco, e ti risponderò.» — Il volto di Ben Hur si contrasse come sotto lo sforzo di un imperiosa volontà. — «Tutto ciò che tu hai detto, io farò, — almeno tutto quanto umanamente è possibile. Io ho dedicata la mia vita alla vendetta. Per cinque anni questa fu il mio unico pensiero. Senza tregua, senza riposo, sprezzando gli allettamenti di Roma e le tentazioni della gioventù, ho impiegato tutte le forze dell’animo mio a questo unico scopo. La mia educazione ebbe per meta ultima la vendetta. Praticai i più famosi maestri — non quelli di rettorica e di filosofia — ahimè! Non aveva tempo per questi. Le arti essenziali all’uomo d’armi erano la mia occupazione; vissi con gladiatori e con vincitori dell’arena; con centurioni nei campi Romani. E tutti furono orgogliosi di avermi a scolaro. O sceicco, io sono un soldato; ma per attuare i sogni ch’io nutrivo, avevo bisogno di essere un generale. Con questo intento mi sonno arruolato nella guerra contro i Parti; quando essa sarà terminata, allora, se il Signore mi darà vita e forza, — allora» — egli alzò i pugni stretti, e parlò con veemenza — «allora, quando sarò un nemico perfezionato alla scuola di Roma, Roma dovrà pagarmi tutti i miei torti col sangue de’ suoi figli. Questa è la mia risposta, sceicco.» —
Ilderim gli gettò le braccia al collo e lo baciò, dicendo con voce bassa, quasi strozzata dall’emozione: — «Se il tuo Dio non ti aiuterà in questo, figlio di Hur, egli sarà morto. Senti ciò che ti prometto, che ti giuro, se vuoi: «Tu avrai me stesso, e tutto ciò che io posseggo — uomini, cavalli, cammelli, — e il deserto per preparare i tuoi piani. Io lo giuro! E per ora basta. Mi vedrai, o udrai di me, prima di sera» —
Voltandosi bruscamente, lo sceicco uscì dalla tenda, e di lì a poco si trovò sulla via verso la città.