Autobiografia (Monaldo Leopardi)/Capitolo LVII

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LVII.

I Francesi tentano di prendere ostaggi da Recanati.

Queste piccole vittorie non miglioravano la condizione dei Francesi i quali ridotti in queste parti a tremila uomini scarsi constituenti la guarnigione di Ancona, si andavano scagliando qua e là, e gli insurgenti fuggivano all’aspetto loro, ma ben presto comparivano altrove, e tutto lo Stato era sollevato, o pronto a sollevarsi alla prima opportunità. I Francesi fratanto prendevano tutte le misure possibili per garantirsi, o piuttosto per cavare denaro, e fra queste misure era quella di condurre come ostaggi in Ancona i soggetti principali delle altre città, alcuni dei quali ottenevano successivamente la propria libertà a forza di contante. Una notte dopo la metà di luglio, per ordine del generale di Ancona, venne qui il Comandante di Loreto accompagnato da 60 soldati per arrestare duodeci cittadini, e condurli ostaggi in Ancona. Svegliato il Comandante nostro perchè dasse indizî e sussidio, questi si puntigliò perchè l’operazione non era commessa a lui, e non volle che venisse eseguita. Contrastarono un pezzo ma il nostro tenne duro e minacciò di sollevare il paese, cosichè fattosi giorno e [p. 127 modifica]tenendosi probabilmente il popolo il comandante di Loreto si ritirò. Nel giorno seguente ebbesi campo di spedire in Ancona, e quella tempesta venne divertita non ricordo con quali mezzi. Fra gli ostaggi eravamo io, il mio zio Pietro, il vicario generale Petrelli, e degli altri non mi sovviene. Senza quel contrasto avventuroso, e senza la fermezza del comandante che pure volle favorirci, svegliati inaspettatamente, ci saremmo ritrovati in mezzo alla forza, e condotti in Ancona ci sarebbe toccato di soffrirvi l’assedio e di combattere fra le linee francesi per difesa di quel Governo abborrito. Cosa sarebbe accaduto della mia povera moglie che aveva partorito in questi giorni? Quel comandante di Recanati si chiamava Du Guercy.