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del conte monaldo leopardi 127

nendosi probabilmente il popolo il comandante di Loreto si ritirò. Nel giorno seguente ebbesi campo di spedire in Ancona, e quella tempesta venne divertita non ricordo con quali mezzi. Fra gli ostaggi eravamo io, il mio zio Pietro, il vicario generale Petrelli, e degli altri non mi sovviene. Senza quel contrasto avventuroso, e senza la fermezza del comandante che pure volle favorirci, svegliati inaspettatamente, ci saremmo ritrovati in mezzo alla forza, e condotti in Ancona ci sarebbe toccato di soffrirvi l’assedio e di combattere fra le linee francesi per difesa di quel Governo abborrito. Cosa sarebbe accaduto della mia povera moglie che aveva partorito in questi giorni? Quel comandante di Recanati si chiamava Du Guercy.

LVIII.

Si propone la difesa di questa città.

L’effervescenza popolare si aumentava in tutte le parti, e lo Stato dei Francesi si rendeva ogni giorno più precario. Al comandante Du Guercy ne venne sostituito un altro chiamato De Coquerelle. Costui concepì la strana idea di chiudere la città nostra, e di metterla in istato di difesa, non so se per frenesia, per zelo o per avere un pretesto di far denari. Con quell’intendimento adunò nel Palazzo publico un’assemblea di tutti i principali possidenti della città, non esclusi i Preti più ricchi, e i superiori dei Conventi. Eravamo ottanta all’incirca. Disse il Comandante «che le orde dei Briganti si avvicinavano, e bisognava determinarsi ad un partito. Restare indifesi ci avrebbe esposti ad esserne invasi, alle tirannie loro e alle reazioni successive delle armi republicane. Pensare alla resistenza non si poteva senza il concorso nostro. Egli avrebbe ottenuta