Autobiografia (Monaldo Leopardi)/Capitolo IV
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IV.
Simpatia e antipatia.
Alcuni ridicoli avvenimenti dell’infanzia mi hanno fatto conoscere che la simpatia e la antipatia altro non sono fuorchè la ricordanza di piaceri o disgusti ricevuti da una persona o da altra somigliante a quella che ne risveglia l’idea. Di cinque anni venni condotto con mia madre ad un pranzo, e stando con donne o ragazzi in tavola separata mi fu donato un bel Trionfo di zucchero. Mentre andavo superbo di questo tesoro il marchese Vincenzo Antici alzatosi già dalla mensa e scherzando con me ruppe il Trionfo e lo mangiò in buona parte. All’intorno di quella età mi portavano in coro nella nostra Chiesa Parocchiale, e lì anch’io accompagnavo il canto dei preti con la mia voce che non è stata mai addattabile al canto. Il sacerdote don Nicola Frullani annoiato delle mie distonanze mi sgridò e mi fece tacere. Da allora in poi il marchese Antici e il Frullani mi furono sempre antipatici quanto può dirsi, e tuttora quando incontro questo buon Prete mi sento inclito a volergli male. Verso il marchese Antici mi riuscì a stento di calmare alquanto il mio spirito perchè sua nepote divenne mia moglie, e perchè era in verità, degnissimo e buonissimo cavaliere.