Audizioni Commissione d'inchiesta Federconsorzi/31

Audizione Virgilio

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SENATO DELLA REPUBBLICA------------------------------------------ CAMERA DEI DEPUTATI XIII LEGISLATURA

COMMISSIONE PARLAMENTARE D’INCHIESTA SUL DISSESTO DELLA FEDERAZIONE ITALIANA DEI CONSORZI AGRARI


RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA DI GIOVEDI’ 24 FEBBRAIO 2000




Presidenza del presidente Melchiorre CIRAMI I lavori hanno inizio alle ore 14,10.(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente)


Presidenza del presidente CIRAMI

I. Comunicazioni del Presidente.

PRESIDENTE. Vi informo che, in data 22 febbraio, il dottor Artusi ha risposto alla nostra richiesta di chiarimenti in ordine alla consulenza da lui svolta per incarico del Ministro dell’agricoltura pro tempore Saccomandi. Il dottor Arcangelo Lobianco ci ha invece fatto pervenire copia dello statuto della Confederazione italiana dei coltivatori diretti, in vigore negli anni oggetto della nostra inchiesta.

Vi comunico inoltre di aver chiesto, con lettera del 22 febbraio, al Presidente della sezione fallimentare del tribunale di Roma di trasmetterci copia del decreto di ammissione e della sentenza di omologazione relativi alla procedura di concordato preventivo Agrifactoring, nonché di fornire informazioni circa la data in cui gli atti relativi al concordato preventivo Federconsorzi sono stati trasmessi, per i pareri, all’ufficio del pubblico ministero, e la data in cui essi furono restituiti. Ho altresì indirizzato al liquidatore giudiziale della Federconsorzi, avvocato Caiafa, richiesta di acquisizione delle relazioni da lui depositate nei mesi di luglio e di settembre del 1999, nonché dei verbali del comitato esecutivo della Fedit relativi al periodo 1986-1991.

MANCUSO. Signor Presidente, le chiederei di acquisire gli atti della procedura di amministrazione controllata della Polenghi-Lombardo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto, onorevole Mancuso, e ne discuteremo, come sempre abbiamo fatto, nell’Ufficio di Presidenza.


II. Audizione del dottor Riccardo Virgilio. PRESIDENTE. La Commissione procede oggi all’audizione del dottor Riccardo Virgilio, che ringrazio per aver accolto, con cortese disponibilità, il nostro invito.

Avverto che i nostri lavori si svolgono in forma pubblica, secondo quanto dispone l’articolo 7 della legge istitutiva, e che è dunque attivato, ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del nostro Regolamento interno, l’impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Qualora da parte del dottor Virgilio o di colleghi lo si ritenga opportuno in relazione ad argomenti che si vogliono mantenere riservati, disattiverò l’impianto audiovisivo per il tempo necessario.

Preciso infine che dell’audizione odierna è redatto il resoconto stenografico, che sarà sottoposto, ai sensi dell’articolo 12, comma 6, del Regolamento interno, alla persona ascoltata e ai colleghi che interverranno, perché provvedano a sottoscriverlo apportandovi le correzioni di forma che riterranno, in vista della pubblicazione negli Atti parlamentari.

Ricordo che il dottor Virgilio ha ricoperto l’incarico di capo di Gabinetto del ministro dell’agricoltura pro tempore Goria dal 13 aprile 1991 al 27 giugno 1992 e che attualmente riveste la carica di presidente del TAR della Toscana.

CARUSO Antonino. Prima di dar luogo all’audizione del dottor Virgilio, io ho notizia della cessazione dell’avvocato Lettera dall’incarico di commissario governativo della Federconsorzi. Volevo allora chiedere se l’ufficio di segreteria è a conoscenza delle circostanze in cui questa cessazione dall’incarico ha avuto luogo, vale a dire se è stato revocato, oppure se ha presentato le dimissioni, e se il Ministero ha provveduto ad avvicendare l’avvocato Lettera, ed eventualmente nominando chi.

PRESIDENTE. Noi non abbiamo avuto la copia del provvedimento. So, perché ce l’ha comunicato l’avvocato Lettera, che ha avuto la revoca dell’incarico e al posto suo è stato designato il consigliere della Corte dei conti Giovanni Marrocco, che è un ex generale dei carabinieri. In ogni caso, stiamo aspettando ancora la comunicazione ufficiale da parte del Ministero, che abbiamo interessato per capire qual è la natura del provvedimento. Le posso dire che ho avuto la notizia – però questo deve essere ancora accertato documentalmente – che vi è stato un avvicendamento anche ai vertici dell’apparato ministeriale: non so se ciò interessa ai fini dell’indagine che dobbiamo condurre.

Passiamo ora all’audizione del dottor Virgilio. Una premessa è d’obbligo. Il ministro Goria si insediò al Dicastero dell’agricoltura il 13 aprile 1991; lei assunse le funzioni di capo di Gabinetto nella stessa data; il 17 maggio 1991 il ministro Goria firmò il decreto con il quale commissariò la Federconsorzi. Tra la data dell’insediamento e quella del commissariamento intercorse, quindi, poco più di un mese. Inoltre, il bilancio della Federconsorzi per l’anno 1990 fu approvato dall’Assemblea solo il 30 aprile 1991.

Le chiedo di raccontarci tutto quello che sa del commissariamento, di ciò che è avvenuto prima e di ciò che è avvenuto dopo, che sia a sua conoscenza.

VIRGILIO. Signor Presidente, per quanto riguarda le indagini che fece il Ministro per giungere al commissariamento, io non sono in grado, ovviamente, di darvi notizie. Quello che so è che il problema probabilmente si pose non appena i bilanci vennero trasmessi al Ministero dell’agricoltura, perché il ministro Goria era particolarmente esperto, sia per le sue esperienze precedenti come Ministro del tesoro, ma anche per la sua formazione professionale di commercialista, in materia di bilanci. So per certo però che, sin da una settimana prima del commissariamento, avevamo redatto insieme il decreto di commissariamento con il nominativo in bianco; il Ministro mi disse di tenerlo segreto in un cassetto e di aspettare le sue determinazioni ai fini della pubblicazione. Questa, del resto, è stata una procedura che lui ha seguito costantemente anche nei confronti dei commissariamenti dei consorzi agrari. Di solito il Ministro mi dava incarico di redigere il decreto di commissariamento, me lo faceva tenere fermo, poi faceva il suo giro di orizzonte per individuare la persona più adatta a ricoprire l’incarico di commissario, e infine mi dava disposizioni di procedere alla pubblicazione.

PRESIDENTE. Chi materialmente redasse l’atto di commissariamento? Non dico il dattilografo, ma chi lo ideò? Sulla base di quali elementi è stato ideato?

VIRGILIO. Il decreto di commissariamento è un atto molto semplice, sono quattro righe, l’abbiamo redatto materialmente insieme il ministro Goria ed io, pesando le parole del secondo e terzo paragrafo. Quindi, materialmente siamo stati noi. Mi pare che poi non venne dattiloscritto al Ministero, ho l’impressione che lo fece dattiloscrivere fuori dal Ministero e ne ebbi la copia.

PRESIDENTE. Quindi lei consegnò una minuta?

VIRGILIO. Sì, il Ministro me lo restituì ed io lo tenni nel cassetto una settimana.

PRESIDENTE. Ma lei come capo di Gabinetto ebbe modo di sapere se il Ministro avesse fatto delle consultazioni prima di arrivare all’atto del commissariamento, e con chi?

VIRGILIO. No, questo il Ministro lo fece attraverso i canali, che io non conosco, politici a sua disposizione. Queste non sono decisioni tipiche di Gabinetto, queste sono decisioni tipicamente politiche. Come Gabinetto la nostra funzione era quella di assicurare la regolarità amministrativa del provvedimento. Però, se posso esprimere un’impressione, ritengo che il Ministro, una volta esaminati i bilanci della Federconsorzi, una volta accertato un passivo di quelle dimensioni, non se la sentisse…

PRESIDENTE. Ma ebbe l’input da qualcuno interno o esterno al Ministero? Ebbe delle segnalazioni che potessero allertare, al di là di quello che era leggibile? Perché la leggibilità era un fatto puramente documentale, e quindi non aveva consistenza; forse preoccupava ciò che non era scritto e ciò che quello che era scritto poteva rappresentare.

VIRGILIO. Da quello che potevo capire io, per quel poco che ne potevo capire in materia di bilanci, oramai il disavanzo era talmente elevato che anche il sistema bancario non sarebbe stato in grado di reggerlo, perché poi l’esposizione era tutta nei confronti del sistema bancario, interno e internazionale.

PRESIDENTE. Però veda, dottor Virgilio, noi abbiamo appreso che il sistema bancario non era allertato, tant’è che concesse, o si accingeva a concedere, tramite una banca circa 350 miliardi; un’altra banca, invece, aveva già erogato due o tre giorni prima del commissariamento 70-80 miliardi. Si trattava della Cassa di Risparmio di Macerata. Almeno l’allarme bancario non era diffuso.

VIRGILIO. Questo non mi meraviglia. Forse non era diffuso; però la BNL, che aveva 1.400 miliardi di sofferenze, se non si allerta per una cosa di questo genere lascio a voi le valutazioni.

PRESIDENTE. Veramente qualcuno della Banca d’Italia ci ha raccontato che i 1.400 miliardi non insospettivano neanche la centrale di vigilanza della Banca d’Italia stessa.

VIRGILIO. Lei ha ragione, ma questo perché tutti quanti, sia in Italia che all’estero, erano convinti che dietro la Federconsorzi ci fosse lo Stato italiano. Quando vennero quelli delle banche straniere io dissi loro con estrema chiarezza che la loro garanzia era solamente il capitale della Federconsorzi, che era una cooperativa di secondo grado. Quando mi hanno chiesto a quanto ammontasse questo capitale ho risposto loro che si trattava di 2.500.000 lire, al che questi hanno pensato che li stessi prendendo in giro, perché nessuno aveva detto loro che, in effetti, l’unica garanzia che c’era nel sistema federconsortile era il capitale della Federconsorzi, cioè due milioni e mezzo. I giapponesi sono usciti terrorizzati. In realtà in Italia e all’estero c’era il convincimento che alle spalle della Federconsorzi ci fosse una forma di garanzia diretta o indiretta dello Stato. Quando questa certezza è venuta meno è successo quel che è successo. Che le banche non si preoccupassero, quindi, un po’ mi meraviglia, perché se io avessi dei crediti nei confronti di una persona chiederei garanzie.

CARUSO Antonino. Quello che dice il dottor Virgilio è ragionevole, però credo che, ai fini della conoscenza della nostra Commissione, forse occorrerebbe restringere lo spettro di esame della questione e cioè sapere se è a conoscenza del nostro ospite il fatto che il ministro Goria, antecedentemente al decreto di commissariamento, abbia o non abbia avuto contatti a livello istituzionale con i vari rappresentanti delle banche, con l’ABI in particolare, e se la decisione di procedere al commissariamento fu scelta all’interno di un più ampio ventaglio o se fu una decisione senza alternative assunta dal Ministro. In pratica se il Ministro, forte della sua recente esperienza – ricordata anche dal dottor Virgilio – di Ministro del tesoro e quindi di interlocutore funzionale con il sistema delle banche, avesse approcciato queste ultime per tentare quella che oggi si chiamerebbe – ma forse anche allora si chiamava – una ristrutturazione del debito della Federconsorzi.

VIRGILIO. Su questo non posso dare una risposta né positiva né negativa. Come ripeto, le uniche cose su cui posso portare la testimonianza personale riguardano quello che mi è stato detto dal ministro Goria. Su questi altri contatti, se ci sono o non ci sono stati, purtroppo non sono in grado di illuminarvi. Presumo, ma solo come presunzione, senza alcuna garanzia di certezza, che un certo approfondimento, un certo screening sia stato fatto, però non posso ovviamente impegnarmi in un senso positivo o negativo.

PRESIDENTE. Dottor Virgilio, lei giustamente ha detto che il ministro Goria si allarmò perché si accorse dal bilancio che c’era un consistente passivo. Infatti la motivazione del commissariamento è la seguente: "persistente squilibrio economico e finanziario in cui da tempo versa la Federconsorzi tale da cagionare grave pregiudizio al conseguimento dei fini statutari".

Allora io le chiedo: poiché il bilancio della Fedit del 1989 si era chiuso in attivo e quello del 1990 in pareggio, quali erano gli elementi indicativi dell’esistenza di un così grave squilibrio economico e finanziario tale da pregiudicare il conseguimento dei fini statutari? A quanto tempo prima risale, o è fatto risalire, questo squilibrio?

VIRGILIO. Io non sono un esperto contabile. So che il ministro Goria mi disse che questo era un passivo che si andava accumulando dall’ultimo triennio e che in questo periodo si era moltiplicato. Quanto poi agli artifici giuridici per poter far risultare un bilancio in attivo mentre invece è in passivo o è in pareggio, a mettere una voce sopra la linea o sotto la linea tra i conti d’ordine o i conti di memoria, a svalutare determinate poste patrimoniali e a rivalutarne altre, su questi artifici ripeto non sono espertissimo, ma evidentemente il ministro Goria sapeva leggere il bilancio in un modo che io non sono in grado di fare. Ricordo perfettamente che mi disse che questo passivo si era fortemente accumulato nell’ultimo triennio. A suo parere, quindi, mentre fino al quarto anno antecedente era una cosa che ancora si poteva reggere, da tre anni in avanti si era accumulato un forte passivo.

PRESIDENTE. Noi sappiamo che il Ministro si avvalse della consulenza del professor Dezzani.

Le valutazioni del professor Dezzani, almeno quelle che sono in possesso della Commissione, relative al bilancio del 1990, non concludono per questo allarme. Quindi c’è da chiedersi: ci sono state altre consulenze che il Ministro ha seguito e di cui noi non abbiamo conoscenza? Dalla consulenza del professor Dezzani, infatti, non risulta questo stato di squilibrio economico; per di più, il mattino del 17 maggio 1991 il professor Dezzani era ancora a colloquio con i dirigenti della Fedit su mandato di Goria proprio per espletare il suo incarico che si deve ritenere, pertanto, non concluso. Lei ci dice che il decreto di commissariamento era già stato fatto prima. Allora mi chiedo e le chiedo: ci sono state delle consulenze estranee rispetto a quella ufficiale fornita dal professor Dezzani?

VIRGILIO. Su questo non sono assolutamente in grado di illuminarla. Anch’io ero a conoscenza dell’incarico al professor Dezzani, tra l’altro professore di Torino con rapporti di amicizia con il presidente Goria fin da quando questi era componente del consiglio di amministrazione di una banca a Torino. Di altre cose non sono a conoscenza.

PRESIDENTE. Lei giustamente ha detto che il capitale sociale della Fedit era pari a 2.500.000 lire, una cosa un po’ ridicola. Quindi, se l’intero capitale era perduto io non capisco perché non fu deciso allora lo scioglimento della cooperativa Fedit. Questa questione si è posta, è stata proposta da qualcuno, anche dal punto di vista giuridico?

VIRGILIO. Che io sappia queste cooperative agrarie hanno il regime della liquidazione coatta amministrativa; avviene prima il commissariamento e poi si passa alla liquidazione coatta amministrativa, hanno un regime diverso dalle ordinarie società. Questa fu la procedura che venne seguita anche all’epoca. Probabilmente era l’unico modo; perché sciogliere la cooperativa?

PRESIDENTE. Mi pare che lei, come capo di gabinetto, i segreti di quel Dicastero li doveva pur conoscere. Allora le chiedo: il ministro Goria aveva avuto l’appoggio della Coldiretti? Quale era la posizione della Coldiretti sulla designazione di Goria come ministro? Quale era la posizione di Confagricoltura rispetto a questo dato?

VIRGILIO. Non sono a conoscenza di questi fatti, perché il Gabinetto è una struttura che tende ad assicurare al Ministro la correttezza amministrativa dei suoi atti. Quindi, la funzione del Capo di Gabinetto non è quella di essere consigliere politico.

PRESIDENTE. Chi era il consigliere politico del ministro Goria?

VIRGILIO. Non vi era un consigliere politico. Il ministro Goria aveva un segretario personale, che è morto essendo già all’epoca una persona di una certa età. Immagino che abbia avuto consiglieri politici all’interno del suo partito, ma al Ministero non ve ne erano.

PRESIDENTE. Come Capo di Gabinetto ha visto se in quei giorni ci sono state delle frequentazioni o sono state avanzate delle richieste di appuntamento? Vorrei poi sapere se la riunione svoltasi a Palazzo Chigi il 17 maggio 1991, che precedette la formale comunicazione del commissariamento, fu sollecitata da Lobianco, da Goria o da qualche altra persona.

VIRGILIO. Signor Presidente, il Capo di Gabinetto non si occupa di questi fatti. Al Capo di Gabinetto vengono sottoposte delle pratiche e dei provvedimenti, sulla cui correttezza o meno si deve esprimere o avanzare un suggerimento che, però, è di tecnica giuridica e non politica.

Le scelte politiche sono di competenza del Ministro; nel caso in cui devono essere tradotte in un provvedimento amministrativo, allora interviene il Capo di Gabinetto per dare ad esse un seguito.

Onestamente non sono in grado di rispondere ad una domanda di questo genere.

PRESIDENTE. Sollecito i suoi ricordi, se possibile, su questa specifica circostanza.

Pellizzoni ha dichiarato alla Commissione che lei, dottor Virgilio, lo ha avvisato del commissariamento il giorno 17 maggio 1991. In quel momento, da quanto ci risulta, era ancora in corso la riunione alla Presidenza del Consiglio.

VIRGILIO. Il ministro Goria mi disse contemporaneamente di pubblicare il provvedimento, che conservavo nel cassetto, e di avvisare Pellizzoni.

PRESIDENTE. Sa quando il ministro Goria comunicò il commissariamento al presidente del Consiglio Andreotti?

VIRGILIO. Non lo so. Immaginavo che fosse stato già tutto deciso, che la questione fosse stata decisa nella riunione svoltasi a Palazzo Chigi il 17 maggio.

PRESIDENTE. Sembra, invece, che la decisione sia stata presa prima, essendo stato il provvedimento preparato in precedenza.

VIRGILIO. Il provvedimento era stato preparato prima; tuttavia, ciò accade anche ai provvedimenti di commissariamento di altri consorzi agrari.

Immaginavo che la decisione finale…

PRESIDENTE. Quando il ministro Goria le disse di pubblicare il provvedimento di commissariamento, lei conservava l’atto nel cassetto già con la firma del Ministro stesso?

VIRGILIO. Il provvedimento era stato già firmato. Era in bianco soltanto lo spazio dove bisognava inserire il nome dei commissari.

PRESIDENTE. Quindi, il provvedimento era perfettamente sottoscritto?

VIRGILIO. Sì.

PRESIDENTE. Mi interessava sapere proprio questo particolare.

VIRGILIO. Ripeto che ciò è avvenuto anche nelle ipotesi di commissariamento di altri consorzi agrari; in sostanza, firmava il documento e lasciava in bianco lo spazio dove inserire il nome dei commissari; per un certo periodo, finché il Ministro non mi diceva di pubblicarlo, tenevo il provvedimento. Un paio di volte i provvedimenti non sono stati pubblicati: li ho restituiti e sono stati strappati.

PRESIDENTE. Dottor Virgilio, mi faccia capire: era così urgente per il ministro Goria avvisarla di pubblicare il provvedimento, di dare la notizia del commissariamento senza aver avuto il tempo materiale di tornare in ufficio?

VIRGILIO. Il ministro Goria, sotto questo profilo, aveva fiducia nella struttura. Nel corso della sera faceva le sue riunioni in una struttura nelle vicinanze. Non era necessaria la presenza fisica del Ministro per la pubblicazione di un provvedimento. Importante, invece, era la pubblicazione del provvedimento prima dell’arrivo della notizia di stampa. Questo fatto era molto rilevante per tutta una serie di motivi e anche nei riguardi del sistema bancario. Anche i provvedimenti dei CAP venivano pubblicati immediatamente dopo l’ordine del Ministro, dopo la sottoscrizione; il giorno stesso venivano pubblicati proprio per evitare manovre, speculazioni o illazioni della stampa. PREDA. Vorrei sapere se i nomi dei commissari sono stati scritti sul provvedimento prima o dopo la riunione svoltasi a Palazzo Chigi. VIRGILIO. Sono stati scritti dopo: il Ministro mi comunicò i nomi, che vennero quindi inseriti. PREDA. Il Ministro le comunicò i nomi per telefono durante la riunione di Palazzo Chigi?

VIRGILIO. Non so dove si trovasse in quel momento il Ministro. Mi comunicò personalmente i nomi, ma non mi disse se si trovava a Palazzo Chigi o in altro luogo.

PREDA. Quando le diede la comunicazione del decreto, le comunicò contemporaneamente anche i nomi?

VIRGILIO. Sì. Ciò che vorrei dire è che il ministro Goria mi telefonò: immagino che si trovasse in quel momento a Palazzo Chigi, ma è certo che non mi disse il luogo, ma mi chiese semplicemente di pubblicare il decreto di commissariamento e mi comunicò anche i nomi.

MANCUSO. Stabiliremo in un secondo momento, in base alla risposta, la pertinenza della domanda che sto per rivolgere al dottor Virgilio, che è la seguente. Quelle iniziative o quei contatti che lei, consigliere, ebbe con il sistema bancario italiano e con quello estero furono da lei promossi o furono attuazione di una disposizione ricevuta? Quali finalità ebbe la disposizione ed eventualmente quale risultato produsse?

VIRGILIO. I contatti in questione non furono ovviamente di mia iniziativa ma di iniziativa del Ministro, perché le banche estere premevano fortemente per far valere una sorta di garanzia dello Stato. Esse posero il problema in termini abbastanza ultimativi, nel senso che non ci potevamo permettere di non onorare i crediti, pena la perdita della credibilità dello Stato italiano nei confronti del sistema bancario internazionale. Venne a Roma un pool di banche, che comprendeva delle banche inglesi e giapponesi. Ci ponemmo il problema perché ovviamente, da un lato, la decisione era giuridicamente molto semplice - ci sono 2 milioni e mezzo e questo è tutto; le banche possono prendersela con i consulenti di Milano che hanno detto che la Federconsorzi è garantita dallo Stato - ma dall’altro lato, dal punto di vista politico, la richiesta delle banche aveva evidentemente un certo peso. La decisione presa fu che non si sarebbero potuti trattare diversamente i crediti a seconda della loro esistenza in Italia e all’estero, pena far saltare completamente il sistema, che d’altra parte questo voleva. Il risultato di tutte le riunioni svolte fu che lo Stato italiano non aveva effettivamente prestato alcuna garanzia, come Stato, a favore della Federconsorzi e, pertanto, tutti i crediti dovevano essere fatti valere nell’ambito della procedura concorsuale a valere sui beni della procedura stessa. Non so se ho risposto esaurientemente alla domanda che mi è stata rivolta.

CARUSO Antonino. Devo rivolgere al dottor Virgilio due domande su due diverse questioni. La prima domanda si collega alla risposta che è stata data all’onorevole Mancuso. Lei, dottor Virgilio, ha parlato di pressioni che esercitavano le banche, soprattutto quelle straniere. Vorrei sapere nei confronti di chi veniva esercitata tale pressione; in sostanza, mi riferisco all’interlocutore.

VIRGILIO. Vennero a parlare con me, dicendomi di rappresentare in modo chiaro al mio Ministro che erano fortemente dispiaciuti di questo fatto, perché erano convinti …. Aggiunsero: lei invece adesso ci sta dicendo che lo Stato non garantisce nulla; noi invece avevamo questo convincimento, faccia presente che questa decisione, seppure corretta, va valutata al livello politico. Ed io avvisai direttamente il Ministro di questa presa di posizione delle banche. Il Ministro però mi disse: non possiamo fare diversamente perché se trattiamo uno in un modo e uno nell’altro succede l’ira di Dio all’interno, naturalmente, della procedura concorsuale. CARUSO Antonino. Io avevo capito – le chiedo scusa – che lei, in risposta all’onorevole Mancuso, avesse detto di essere stato incaricato dal Ministro di ricevere i rappresentanti delle banche, poiché queste facevano pressione. La facevano, quindi, nei suoi confronti. A questo proposito lei in quell’occasione incontrò il dottor Rosa? Da chi era guidato questo manipolo di banche estere?

VIRGILIO. Erano rappresentanti, la maggior parte stranieri, e poi mi ricordo che c’era un consulente milanese. Questo Rosa può darsi che sia venuto, non lo so.

CARUSO Antonino. Il dottor Rosa non è un personaggio qualsiasi.

VIRGILIO. Sarà anche un personaggio illustrissimo, ma nella mia ottica non lo conoscevo.

CARUSO Antonino. Non so se è illustre o meno; è illustre, in qualche misura, la sua posizione istituzionale, nel senso che era allora il presidente dell’Associazione italiana delle banche estere. Questo è un passaggio delicato perché sto esercitando in senso improprio un’azione di confronto rispetto a quello che ha dichiarato a questa Commissione proprio il dottor Rosa. Comunque al proposito lei nulla dice. Quali erano i rapporti tra il dottor Pellizzoni e il ministro Goria antecedentemente al decreto di commissariamento? Quali erano e quanti erano? A lei non risulta che si fossero incontrati in epoca antecedente?

VIRGILIO. Non posso dire né sì, né no perché – ripeto – non è che il capo di Gabinetto è una persona che sta dietro al Ministro tutto il giorno. Il capo di Gabinetto ha la sua struttura, ha i suoi funzionari, i suoi magistrati e controlla gli atti amministrativi; è un ufficio. Il Ministro, mentre il capo di Gabinetto fa il suo lavoro, ha tutti i suoi impegni politici, amministrativi, eccetera, riceve chi vuole.

PRESIDENTE. Mi scusi, dottor Virgilio, l’agenda degli appuntamenti del Ministro chi la teneva, la segreteria particolare?

VIRGILIO. Certo. Goria aveva un segretario dai tempi dei tempi; era lui che gli teneva l’agenda, non rientra tra i compiti del Capo di Gabinetto tenere l’agenda.

CARUSO Antonino. A me la domanda era stata stimolata dalla sua dichiarazione secondo cui quando poi vi fu da informare il dottor Pellizzoni dell’avvenuto commissariamento, il Ministro si rivolse a lei.

VIRGILIO. Perché io avevo il decreto, pubblicavo il decreto e immediatamente avvisavo Pellizzoni.


CARUSO Antonino. Perché Pellizzoni?

VIRGILIO. Perché era il direttore generale della Federconsorzi.

CARUSO Antonino. E quindi non il presidente della Federconsorzi, ma il direttore generale. Questa fu una scelta del ministro Goria?

VIRGILIO. Certamente.

VENETO Gaetano. Le rivolgerò due domande, dottor Virgilio, che sono ambedue frutto di un solo problema di fondo, che non dico non mi faccia dormire la notte, ma mi turba abbastanza, sentendo anche lei oggi. Primo aspetto. E’ mai possibile – credo che ci fosse anche una certa ironia, non so se voluta, da parte sua, quando ha sfiorato questo aspetto – che un sistema bancario e un sistema politico in generale vivessero su un equivoco o su un errore circa la configurazione giuridica della Federconsorzi, il sistema debitorio pesantissimo, con garanzie minime, infime? Lei ha detto che si pensava che lo Stato fosse dietro la Federconsorzi. Io lo chiedo come un fatto oggettivo ad un capo di Gabinetto: è mai possibile che un sistema, anche politico, si sia comportato così? Vi sono state banche straniere che poi hanno scritto delle lettere durissime, minacciose, alle banche italiane e, per conoscenza, hanno comunicato anche ai Ministeri di volere scappare via da questo Paese per aver subìto uno scherzo simile, per essere stati gabellati. Come è stato valutato questo problema a livello di Ministero? Passo ora al secondo aspetto, che riguarda lei. Lei era capo di Gabinetto, che è una figura istituzionale che svolge una funzione di garanzia, per fare un ardito parallelo, come il segretario comunale rispetto al sindaco, specialmente nella vecchia normativa. Lei stesso ha detto che non si è mai posto il problema della legittimità amministrativa di un atto ministeriale, tanto finché la barca va… poi affonda magari ad Hammamet la barca! E’ mai possibile questo? A me sembra allucinante oggettivamente e, per lei, soggettivamente. Poi tutto ciò vede Goria all’improvviso intervenire dalla sera alla mattina con un rapidissimo procedimento. Dopo decenni non c’è bisogno di citare gli scritti del ’59, del ’60, del ’61, Rossi Doria, il primo volume di Ernesto Rossi del 1962. E arriviamo al 1991; dal venerdì al sabato mattina, il Ministro fa un provvedimento. Scusi, dottor Virgilio, io sono molto ingenuo, però fino a questo punto non ci arrivo.

VIRGILIO. La sua meraviglia è stata anche la mia, perché anch’io ero convinto che dietro alla Federconsorzi ci fosse una forma diretta o indiretta di garanzia da parte dello Stato. Il fatto di apprendere che non c’era nessuna forma di garanzia ha spiazzato tutti, ma ha spiazzato anche persone più competenti di me, perché le banche straniere che si erano fidate di questo sistema e avevano interessato dei consulenti italiani, si sono trovate spiazzate. Tutti hanno equivocato, in buona fede immagino, perché non credo che specialmente i consulenti fossero in malafede, in quanto veramente si sono giocati la loro credibilità. Hanno equivocato su questo fenomeno. Sono quelle cose che vanno avanti da un’infinità di tempo e poi, quando uno ci si trova, ci si trova. Ma questa è la verità: tutti erano convinti in buona fede, per lo meno da quello che posso sapere io, sia i creditori, sia anche al Ministero… al Ministero è stata una vera sorpresa arrivare a questa conoscenza.

VENETO Gaetano. E’ possibile che l’equivoco continuasse dopo decenni, non mesi o anni, quando tutti sapevano della guerra pesante che si combatteva fra correnti della Democrazia cristiana, una delle quali nata e finanziata dalla Federconsorzi?

VIRGILIO. La conferma più clamorosa dell’esistenza di quell’equivoco è proprio il fatto che fino a pochi giorni prima c’erano ancora banche che sovvenzionavano il sistema. E’ quindi evidente che il sistema bancario, sia italiano che straniero, confidava sull’esistenza di questa garanzia, perché altrimenti non avrebbe tirato fuori i quattrini. Evidentemente esisteva il convincimento generalizzato che fare crediti alla Federconsorzi non era un’operazione rischiosa, ma un’operazione che tanto, in un modo o nell’altro, sarebbe stata salvaguardata.

VENETO Gaetano. Non era un equivoco, era la certezza di farla franca.

PRESIDENTE. Farla franca da chi?

VIRGILIO. Secondo me c’era il convincimento che comunque i debiti sarebbero stati onorati dallo Stato; sia in Italia sia all’estero si pensava che lo Stato avrebbe comunque ripianato i debiti della Federconsorzi.

PRESIDENTE. Si tratta di un elemento che la Commissione ha avuto più volte modo di accertare.

PREDA. Voglio fare due riflessioni. Anch’io sono meravigliato, come lei, che il Ministero, intendo la burocrazia del Ministero, il capo di gabinetto del Ministro (non m’interessa sapere quale sia la sua esperienza precedente) sia in stato di meraviglia come le banche (perché anche le banche estere e quelle italiane si meravigliano di questo) sulla faccenda molto semplice che lo Stato non garantiva i fidi e i debiti della Federconsorzi. Siamo in un paese abbastanza strano dove si concedono miliardi di crediti a chi non ha alcuna garanzia. Questo mi meraviglia. Il problema è che io posso essere meravigliato, altri è più difficile che lo siano, il che vuol dire che tutto lascia presupporre che le pressioni fossero proprio di altro tipo. Questa è la mia prima meraviglia, con un’aggiunta: il valore patrimoniale di un’azienda non si guarda dal capitale sociale, anche di una cooperativa o di un consorzio, si guarda da altri elementi. Non so chi valutasse in quella sede gli altri elementi. Questa la prima valutazione. Poi, non vorrei essere frainteso, mi sono fatto un’idea, in tutte le audizioni che ci sono state, anche in quella di oggi, e voglio dirla in maniera brutale: per fortuna che il ministro Goria è morto, che il suo segretario è morto perché poi, da tutte le audizioni, abbiamo capito che, improvvisamente, il ministro Goria si è preso tutte le responsabilità e ha commissariato la Federconsorzi senza rendersi conto di niente. Dalla sera alla mattina, improvvisamente, anche lei ce lo ha detto, in tre giorni ha fatto preparare il decreto e poi per telefono le ha comunicato, da Palazzo Chigi o dalla macchina, i nominativi.

PRESIDENTE. Le deduzioni le dobbiamo trarre successivamente.

PREDA. Questa riflessione mi lascia notevolmente perplesso anche perché, leggendo le vicende politiche, non penso che il ministro Goria fosse uno sprovveduto che è arrivato al Ministero dell’agricoltura senza alcuna esperienza di Governo, né ministeriale né professionale alle spalle.

PRESIDENTE. Tutto sommato queste riflessioni non ci trovano estranei, anche sotto profili diversi, poi ognuno farà le proprie considerazioni. La lettura degli atti consentirà questo ed altro. Una cosa mi sento di dire: nessuno di noi può ritenere o credere che Goria fosse un ingenuo.

VIRGILIO. Quanto poi alla valutazione dei patrimoni siamo tutti quanti consapevoli del fatto che il capitale sociale non rappresenta il patrimonio. Però, come avevo detto anche prima, siamo tutti consapevoli degli artifici che esistono per far sembrare in attivo o in pareggio un bilancio che tale non è.

PREDA. Ha capito chi ha fatto questa valutazione?

VIRGILIO. Non glielo so dire. Ripeto, è stato detto che, fino a quattro anni prima, il bilancio della Federconsorzi poteva essere in attivo, mentre nell’ultimo triennio è stato accertato uno sbilancio pauroso. Però non ho esaminato io il bilancio. PASQUINI. Rilevo che noi siamo in presenza di due versioni: una versione che scaturisce dagli ambienti ministeriali, che dice che le banche erano allarmate, soprattutto quelle estere, e chiedevano al Governo in che modo lo Stato italiano avrebbe fatto fronte alla situazione, che garanzie venivano date. Quindi c’è una versione che tende ad accreditare un’ipotesi realistica, in sostanza, e cioè che si fosse messo in moto un meccanismo di allarme tra le banche che avrebbe portato di lì a poco al collasso. C’è invece la versione dei dirigenti dell’azienda, parlo dei direttori generali, Pellizzoni e Bambara, per i quali c’era un piano di ristrutturazione in atto, che era stato approvato, che doveva essere realizzato, che avrebbe risanato la Federconsorzi e che assolutamente non c’era una difficoltà insormontabile nel rapporto con le banche. Non vi erano problemi dal momento che qualche giorno prima erano stati concessi degli affidamenti dalla Cassa di risparmio di Macerata e un mese prima da una banca inglese un’apertura di credito enorme, d’importo considerevole. Se ben ricordo, c’era anche il fatto che gli affidamenti in essere non erano utilizzati al 100 per cento bensì al 60 o al 70 per cento e che le operazioni finanziarie con le nuove banche erano fatte non in presenza di una scarsa liquidità della Federconsorzi, ma per consolidare il debito, quindi da breve trasformarlo in medio termine, e ampliare il numero delle banche, cioè suddividere o ripartire il rischio tra un numero maggiore di banche. Queste sono le due versioni che abbiamo. Bisognerebbe cercare di capire e, per far questo, rivolgo una domanda di questo genere: è certo, il decreto del Ministro che commissariava la Federconsorzi era pronto da una settimana; il Ministro, se non erro, era entrato in carica un mese e mezzo prima. Gli incontri con le banche straniere, inglesi e giapponesi, che lei ha avuto, dottor Virgilio, sono intervenuti in questo periodo?

VIRGILIO. Dopo il commissariamento.

PASQUINI. Allora perché ci ha detto che c’era una situazione di disagio diffusa tra le banche? La situazione di disagio si è verificata dopo il commissariamento, quindi non è una causa del commissariamento stesso. PRESIDENTE. Poco fa la questione è stata fatta oggetto di una contestazione al nostro ospite.

VIRGILIO. Io ho chiarito che le pressioni delle banche estere ci furono successivamente al commissariamento, che furono molto insistenti nel chiedere di essere soddisfatte al 100 per cento, pena l’eventuale penalizzazione della nostra immagine all’estero. Precedentemente io ho detto che immagino, e sottolineo immagino, che si fossero mosse le banche italiane e, in modo particolare, la BNL, che aveva la più grande esposizione, ma quali siano stati i contatti del ministro Goria con il sistema bancario non sono stato in grado di saperlo.

PASQUINI. Sulla questione precedente, rilevo che siamo punto e a capo perché non abbiamo ancora capito il motivo del commissariamento. La situazione di disagio da parte delle società bancarie viene dopo, non prima.

PRESIDENTE. Questo lo avevamo già accertato.

MANCUSO. Non vorrei rinunciare a rivolgere un’ulteriore domanda al dottor Virgilio. La fiducia attribuita alla solidità del rapporto tra banche e Federconsorzi, attraverso la garanzia propria o impropria proveniente dallo Stato, mi fa riflettere sulla seguente possibilità. Quando i creditori vantavano questa garanzia, si riferivano ad una garanzia giuridica, negoziale e quindi attribuibile allo Stato, o ad una garanzia politica dalla quale trarre poi titolo per una garanzia formale dello Stato? Le chiedo questo perché, in una sua risposta in merito a questo stesso argomento, è sembrato scaturire che nei creditori vi fosse il convincimento di avere ragione, ma al tempo stesso la sfiducia di poterla far valere. Allora la mia domanda è formulata proprio in questi termini: si trattava di un affidamento che le banche avevano avuto in termini politici da convertire poi in termini giuridici e quindi statali, o di una garanzia propria o impropria di carattere negoziale, sulla quale fondare una pretesa ed un’azione?

VIRGILIO. Non sono in grado di affermare se questo loro convincimento fosse di carattere negoziale o giuridico. Erano tutti quanti convinti, ed anche d’accordo, che lo Stato avrebbe comunque salvato il sistema federconsortile. Sono dell’avviso che ritenessero altresì di avere un fondamento giuridico, ma non so se negoziale o dovuto a norme di legge, e che lo Stato comunque avrebbe impedito l’affossamento del sistema federconsortile. A tal riguardo, anche nell’ambito del Ministero, parlando con i vari responsabili della struttura, si riteneva che lo Stato in qualche modo sarebbe intervenuto per un salvataggio di questo sistema che stava in piedi da tanti anni e che aveva realizzato anche dei buoni risultati nel passato.

PRESIDENTE. Dottor Virgilio, le rivolgo una domanda che riguarda lei personalmente. Come è stato individuato a ricoprire l’incarico di Capo di Gabinetto del ministro Goria? VIRGILIO. Allo stesso modo in cui sono stato individuato a ricoprire tale incarico altre volte.

PRESIDENTE. Quali esperienze aveva avuto nel suo passato?

VIRGILIO. Premetto che sono consigliere di Stato e, prima di lavorare con il ministro Goria, per parecchi anni sono stato direttore del SECIT, ossia del Servizio centrale degli ispettori tributari, avendo maturato una certa esperienza al Ministero delle finanze. Successivamente ho ricoperto l’incarico di Capo di Gabinetto anche al Ministero delle finanze, al Ministero del commercio con l’estero e quello di capo ufficio legislativo al Ministero dei trasporti.

PRESIDENTE. È stata questa una premessa necessaria per formularle la seguente osservazione. Lei aveva una qualificazione giuridica all’interno del Ministero. Nel decreto vi è un espresso riferimento all’articolo 2544 del codice civile, che prevede lo scioglimento per impossibilità di raggiungere lo scopo sociale. La motivazione del commissariamento sembra mutuata da quella dello scioglimento. Le chiedo se si trattò di una scelta tecnica per motivare il commissariamento o se corrispondeva all’effettivo proposito del ministro Goria di sciogliere la Fedit. Quando avete discusso a proposito di questa formula - se ne avete discusso - quale fu l’orientamento ed il pensiero recondito, manifesto o segreto? Si trattava di uno strumento tecnico che poteva aiutare a perseguire un altro obiettivo? L’aver adoperato la formula dell’articolo 2544 sta a significare che si aveva in mente lo scioglimento e non il salvataggio della Fedit, sotto forme diverse di progettualità che sappiamo sono state agitate sia prima che dopo il commissariamento?

VIRGILIO. Da quel che posso ricordare, non ci fu alcuna discussione su quella che doveva essere la sorte successiva. Ci fu invece la chiara adozione di una formula che potesse consentire di giustificare giuridicamente il commissariamento. Dai miei ricordi, posso affermare che anche il Ministro si augurava che questa situazione potesse essere ristabilita. Tuttavia, la formula adoperata venne utilizzata come mezzo per poter giustificare il commissariamento.

PRESIDENTE. Le rivolgo una domanda più forte, perché vorremmo capire dai testimoni del tempo e cercare di ricostruire quale è stata all’epoca l’atmosfera. È possibile che il Ministro non discutesse con il suo Capo di Gabinetto sulle mire che aveva o almeno sulle prospettive con le quali, attraverso lo strumento burocratico-amministrativo, poneva in discussione l’intera impalcatura della Fedit? Goria non poteva non rendersi conto che il commissariamento avrebbe fatto crollare la fiducia delle banche italiane ed estere, tant’è che poi ci fu il discorso minaccioso delle banche estere e via dicendo. Mi sembra strano che il ministro Goria non abbia affrontato questo argomento e non lo abbia discusso con il suo Capo di Gabinetto. Occorreva, infatti, proporre successivamente altri passi di natura amministrativa e giudiziale; per esempio, ci si chiede perché dopo poco fu scelto il concordato e non invece, in armonia alla tesi ufficiale del commissariamento che era quella dell’articolo 2544, lo scioglimento o la liquidazione coatta amministrativa della Federconsorzi. Mi sembra poco accettabile dalla ragione comune che un Ministro non parlasse con la sua struttura in merito a quelli che erano i suoi propositi futuri rispetto ad un atto che avrebbe portato scompiglio nell’assetto del Governo, del Ministero e dell’intero partito a cui Goria stesso apparteneva, dal momento che quella struttura era servita a quello stesso partito, più che ad altri, per mantenere anche una sua funzione di supporto.

VIRGILIO. Signor Presidente, non sono in grado di aiutarla in questo. Continuo a ripetere che i miei rapporti con il ministro Goria erano limitati all’aspetto tecnico. L’aspetto politico - sicuramente ci sarà stato - non viene trattato abitualmente con i Capi di Gabinetto, perché con essi si trattano solo - lo ripeto - gli aspetti tecnici. Ogni Ministro tratta gli aspetti politici a seconda delle proprie scelte. A tal proposito potrei citare altre circostanze che ho vissuto in altri Ministeri, nei quali le questioni di carattere politico venivano esaminate dai Ministri. Quindi, non si tratta di un fatto inusuale.

PRESIDENTE. Il ministro Goria, pertanto, non faceva conoscere al suo Capo di Gabinetto quelle che potevano essere le immediate prospettive o i risvolti politici?

VIRGILIO. Assolutamente, ma questo non mi è capitato con alcun Ministro, né con Goria né con il ministro Fantozzi quando stavo al Ministero delle finanze o a quello del commercio con l’estero. In effetti il Capo di Gabinetto, essendo abitualmente un magistrato…

PRESIDENTE. C’era una sorta di soggezione del Ministro nei suoi riguardi?

VIRGILIO. No. Il Capo di Gabinetto è di solito un magistrato. Per tutta una serie di ragioni, al magistrato vengono rivolte determinate richieste; in particolare, il Ministro gli chiede un consiglio tecnico su ciò che intende realizzare, quali sono in sostanza i risvolti giuridici. Tutti i Ministri che ho conosciuto, soprattutto quelli politici, hanno le loro segreterie all’interno del proprio partito e i loro bravi consulenti politici. Quindi, è difficile che queste questioni vengano all’esame del Capo di Gabinetto. Presidente, spero di essere stato chiaro. La nostra è, bene o male, una funzione istituzionale. All’epoca poi avevo molte questioni delicate in quel Ministero e tutta questa voglia di occuparmi della Federconsorzi…

PRESIDENTE. La Federconsorzi doveva rivestire per quel Ministero una certa importanza.

VIRGILIO. All’epoca la Corte dei conti non mi faceva registrare due direzioni generali e, quindi, avevo all’interno del Ministero dei problemi che per me erano più urgenti; avevo in mano due strutture che non sapevo chi dovesse dirigerle. Tuttavia, ho detto questo non per affermare che mi disinteressavo della Federconsorzi.

Il Ministro non mi metteva a conoscenza di questi aspetti, ma - ripeto - ciò non mi meraviglia perché di solito i Ministri usano altri canali per risolvere i problemi politici, non quello del capo di Gabinetto, che di solito è un organo istituzionale preso dalla magistratura amministrativa, ordinaria o contabile, che deve consigliare il Ministro sulla regolarità amministrativa degli atti.

PRESIDENTE. Non le posso allora chiedere se per caso lei ebbe modo di accorgersi della frequentazione, a mo’ di consulenza, dell’immobiliarista Della Valle, per quanto riguarda la stima dei beni Fedit?

VIRGILIO. Proprio non saprei, io ho avuto rapporti con il dottor Cigliana, che era uno dei commissari, con cui intrattenevamo dei rapporti anche epistolari, ma sempre su problemi specifici.

PRESIDENTE. Sa dirci qualcosa sul progetto, o sui vari progetti, le varie cordate che sulla scelta del concordato preventivo prima, e poi a seguito del concordato preventivo, si siano fatte avanti?

VIRGILIO. Di queste cose non mi sono occupato. Io invece molte volte mi occupavo in modo particolare dei commissariamenti dei singoli consorzi agrari. Lì vi erano tutta una serie di problematiche per costituire gli organi di volta in volta, per effettuare anche qualche procedura, eccetera. Di solito facevamo procedure notarili per la vendita dei beni, però erano tutte cose in periferia. Qui ovviamente c’erano, fortunatamente, i tre commissari e queste cose se le vedevano loro.

PRESIDENTE. Per quello che è stato il dopo commissariamento, lei poté registrare una qualche delusione da parte del ministro Goria per non aver trovato riscontro in un supporto bancario che gli consentisse di attuare un progetto di salvataggio della Federconsorzi?

VIRGILIO. Neanche questo. Se c’è stato o non c’è stato non sono in grado di poterglielo dire. So che molte volte lui si dichiarò dispiaciuto di questa situazione, ma non le posso dire niente di specifico in rapporto al mondo bancario.

PRESIDENTE. Le chiedo ora se il ministro Goria ebbe a consultarsi con l’allora Governatore della Banca d’Italia per quanto riguarda le pressioni che venivano dalle banche estere.

VIRGILIO. Noi ci consultammo con la Banca d’Italia per il problema delicato della gestione degli ammassi per 2.500 miliardi. A quel proposito abbiamo avuto delle riunioni, però si trattava di un problema tecnico specifico, mirato.

PRESIDENTE. A proposito di questo problema degli ammassi, qual era la problematica? E, se si trovò, quale fu la soluzione?

VIRGILIO. La problematica era un po’ delicata perché c’erano queste cambiali agrarie per gli ammassi che risalivano ai tempi dei tempi e stranamente non c’era ancora una garanzia dello Stato, tant’è vero che si tentò di introdurre con una norma di legge proprio questa garanzia. Il problema delicato era, una volta intervenuto il commissariamento, che cosa si doveva fare con queste cambiali agrarie. Bisognava continuare a rinnovarle? Ma continuare a rinnovarle avrebbe significato mandarle in prededuzione, perché una volta che il creditore è fallito, se gli si rinnova il credito lo si manda in prededuzione. E allora abbiamo fatto delle riunioni con la Banca d’Italia (all’epoca questa commissione era presieduta dall’attuale governatore Fazio) alla fine delle quali trovammo il sistema giuridico per far risultare che, trattandosi di titoli causali e non astratti, perché erano cambiali agrarie, e quindi non avevano il regime della cambiale ordinaria, l’eventuale protrazione del sistema del rinnovo non sarebbe stata considerata come una novazione. Perché se fosse stata considerata come una novazione avremmo dovuto mandare tutto quanto in prededuzione, con gravi conseguenze. Non nascondo che è stato un problema di una certa delicatezza ed è intervenuto anche il servizio legale della Banca d’Italia. Però questa è stata la soluzione che abbiamo trovato ad un problema di carattere eminentemente tecnico.

PRESIDENTE. Lei ebbe mai l’opportunità di incontrarsi, o di parlare, o è mai stato testimone di incontri tra il professor Capaldo ed il ministro Goria?

VIRGILIO. No, alcune volte io ero presente quando il Ministro riceveva il dottor Cigliana. Capaldo no. Né Capaldo, né Gambino, da quello che posso ricordare.

CARUSO Antonino. Torno sulla questione dell’incontro tra il dottor Virgilio ed i rappresentanti delle banche estere. Il dottor Virgilio ricorda se, in quell’incontro o in altre occasioni di accompagnamento, si evocò un’ipotesi di soluzione del problema dell’esposizione delle banche estere che prevedesse la cessione dei crediti da parte della banche estere a un istituto di credito di diritto pubblico italiano contro pagamento in azioni dello stesso istituto?

VIRGILIO. Questo particolare non me lo ricordo; quello che ricordo è che loro invece insistevano molto sulla garanzia dello Stato ed il pagamento integrale dei debiti. Questa ipotesi alternativa io onestamente non me la ricordo.

CARUSO Antonino. Lei, vivendo al Ministero, ricorda se vi furono in quell’epoca tensioni tra il ministro Goria e l’allora ministro del tesoro che era Guido Carli, proprio con riferimento al problema dell’esposizione delle banche estere?

VIRGILIO. Non ne sono a conoscenza, quindi non le posso dire né sì, né no.

CARUSO Antonino. Questo ci accomuna, perché vuol dire che entrambi non siamo appassionati lettori de "Il Sole 24 ore". Io personalmente non lo leggo quasi mai, lo sto leggendo ora perché le due circostanze su cui cerco di sollecitare la sua memoria le traggo da un articolo proprio de "Il Sole 24 ore" intitolato "Goria chiede a Carli intervento per Fedit". E’ un articolo del luglio 1991, uscito proprio in un momento cruciale della vicenda, e proprio a queste due ipotesi si fa riferimento. Purtuttavia, lei non incontrò mai Pellizzoni prima che fosse dichiarato il commissariamento della Federconsorzi. Lo incontrò per caso dopo, o ebbe a occuparsi di una pratica che poteva riguardare Pellizzoni?

VIRGILIO. Si incontrava tanta gente all’epoca e adesso non posso ricordare i particolari. Non sono in grado adesso di dire quando l’ho incontrato, se l’ho incontrato, in che occasione. All’epoca la giornata era abbastanza piena, quindi a distanza di tanti anni non sono in grado di ricordare una cosa di questo genere.

CARUSO Antonino. Facevo riferimento, dottor Virgilio, ad una pratica che riguardava il dottor Pellizzoni, perché il dottor Pellizzoni venne poi nominato consulente del Ministro, quindi entrò a far parte dell’apparato del Ministro qualche tempo dopo, cioè qualche mese dopo l’avvenuto commissariamento.

Peraltro mi sono persuaso che questo fu un risarcimento per la mancata nomina del Pellizzoni stesso a commissario, a seguito di un commissariamento che, evidentemente, il Ministro aveva deciso da tempo, quindi come fatto evolutivo di un percorso logico radicato e preordinato. Lei che cosa sa di questa nomina del Pellizzoni a consulente, di questo incarico che gli fu conferito?

VIRGILIO. Nulla, assolutamente nulla. Tutte le nomine che fanno i vari Ministri (quindi non soltanto il ministro Goria) non passano mai attraverso gli uffici di gabinetto.

CARUSO Antonino. Allora da dove passano?

VIRGILIO. Passano attraverso le sue decisioni. Arriva poi il pezzo di carta, dove si dice che questo va nominato in questa commissione, questo in questa, questo in quest’altra.

CARUSO Antonino. Ecco, l’anomalia è proprio questa: il dottor Pellizzoni non fu nominato consulente di una specifica struttura ministeriale, fu chiamato a consulente del Ministro, quindi in funzione generale. Allora la domanda, posto che non è stato il suo ufficio ad occuparsi della concretizzazione di questa nomina, è: quale poteva essere l’ufficio del Ministero che se ne occupò?

VIRGILIO. Sarà stata la sua segreteria, probabilmente, non dimenticate che i Ministri hanno le loro segreterie, probabilmente sarà stata quella.

CARUSO Antonino. Ma lui non veniva nominato consulente particolare del Ministro. Il dottor Pellizzoni ci ha riferito che ebbe dal ministro Goria un incarico di consulente nello staff del Ministero.

PRESIDENTE. Aggiungiamo però che il Pellizzoni ha dichiarato che non ha mai…

CARUSO Antonino. Questa è la seconda fase.

VIRGILIO. Come ha avuto questo incarico? Con un atto formale o con una semplice telefonata?

CARUSO Antonino. Come stava per ricordare il Presidente, lui sostiene proprio questa anomalia, cioè che ricevette un incarico di tipo formale e poi, viceversa, non ricevette più alcun incarico dal punto di vista sostanziale. Non venne chiesta la sua opera, fu relegato tra i dimenticati e di questo – mi sembra di ricordare – si doleva. Comunque mi sembra che di questa questione del Pellizzoni lei, al di là della telefonata per dirgli che la Federconsorzi era commissariata, non sa nulla.

Ritorniamo quindi al provvedimento di commissariamento, al decreto da lei stilato a quattro mani con il ministro Goria. Quale fu l’istruttoria portata avanti su questa vicenda, quali furono i documenti esaminati al di là del bilancio dell’anno 1990? Sappiamo, dai documenti acquisiti dalla Commissione, che l’analisi di quel bilancio è sintetizzata nella relazione di una pagina del dottor Dezzani. Ma il fascicolo, il file il cui ultimo documento è il decreto di commissariamento da che cosa era costituito? Ho capito dai bilanci, tant’è che il dottor Virgilio ci ha detto che i bilanci li lesse personalmente il Ministro e concluse che vi era un persistente squilibrio economico. Ma quali altri documenti furono presi ad istruttoria di un provvedimento che cancellava la Federconsorzi, i suoi quarant’anni di storia?

VIRGILIO. Nel fascicolo c’era solo un foglio, quello di commissariamento. Quello che avevo io, naturalmente. Se poi il ministro Goria avesse un fascicolo molto più ampio non so, ma quello che avevo io era un foglio solo. Quando abbiamo stilato il decreto a quattro mani, i bilanci non li avevo io ma il Ministro, non li avevo esaminati io.

CARUSO Antonino. La struttura istituzionale del Ministero venne interessata a questo problema con questa prospettazione: "Ho deciso di commissariare la Federconsorzi e quindi scriviamo il decreto di commissariamento".

VIRGILIO. Potrei aggiungere: "perché i bilanci che ho esaminato dimostrano questo passivo". Però io i bilanci non li ho esaminati.

CARUSO Antonino. Il Ministro poteva anche non dirle questo.

VIRGILIO. Poteva anche non dirlo, però me lo ha detto.

CARUSO Antonino. Mi scuso per il fatto che procedo in maniera disordinata e ritorno sul versante dei suoi colloqui con le banche estere. Qui lei ci ha ricordato che le banche minacciavano, eccetera: nessuno pensò che il decreto del Ministro dell’agricoltura, cioè quello che avevate fatto a quattro mani, era pur esso un atto impugnabile? Nessuno pensò di impugnarlo?

VIRGILIO. Per quel che mi risulta il problema dell’impugnativa del decreto di commissariamento non è mai stato posto da nessuno, né dai creditori, né dal debitore; nessuno lo ha impugnato. Per la verità neanche si è mai prospettata quest’eventualità.

CARUSO Antonino. E le quattro mani che lo scrissero pensarono di premunirsi di fronte a un’eventualità che non era affatto teorica? Poi è andata diversamente. Pensaste, lei e il ministro Goria, di premunirvi in qualche maniera nel caso che vi fosse un’impugnazione proprio in stretto profilo di legittimità, con riferimento a questo provvedimento di commissariamento e in relazione al punto del persistente squilibrio economico, cioè il passaggio chiave che abbiamo evocato?

VIRGILIO. Quando vengono fatti dei provvedimenti, si cerca di farli il più aderenti possibile alla normativa e allo schema tipico di ogni provvedimento. Il problema dell’impugnazione verrà semmai dopo, ma quando si chiede di fare un provvedimento, si cerca di vedere se ci sono i presupposti giuridici per l’emanazione del provvedimento stesso. Non è che ci siamo posti, al momento, il problema di un’eventuale impugnazione. Il problema invece era di evidenziare i presupposti giuridici per poter arrivare a quel provvedimento.

CARUSO Antonino. Sono ben consapevole di due cose: la prima è che lei, nel momento in cui si trovò ad affrontare questo problema, era insediato da poco nella sua funzione al Ministero dell’agricoltura. La seconda cosa che mi sembra di cogliere dal senso generale delle sue risposte è che lei era molto attento e puntuale a limitare la propria posizione ai compiti che le erano strettamente assegnati.

Lei però trattenne per una settimana questo provvedimento nel cassetto, compilato e firmato dal Ministro e che conteneva una riga vuota, quella in cui io posso leggere: dottor Giorgio Cigliana, professor Agostino Gambino e dottor Pompeo Locatelli. Dico subito che io non faccio il grafologo di professione, non è materia che mi appartiene, ma ho la netta sensazione che il documento che sto leggendo è stato formato in un’unica soluzione e non è stato poi oggetto di un’aggiunta successiva con riferimento ai tre nomi. Accantoniamo tuttavia quest’aspetto del problema che corrisponde ad una mia semplice sensazione.

Ricordate le due premesse su quella che era la posizione, lei, dottor Virgilio, dovrà convenire che il nostro è un paese in cui si è fatto del totocalcio un totem nazionale: si fa il totoministri, si fanno scommesse su quale sarà il centrocampista che l’allenatore di turno deciderà di far scendere in campo in un’importante partita della nazionale di calcio, insomma il toto-qualche cosa è un esercizio comunemente praticato. La Federconsorzi era un nucleo importante della vita, della quotidianità del Ministero dell’agricoltura. Pertanto, qual era il "toto" commissario nel periodo in cui si sapeva che, in qualche maniera, si stava evocando una tale possibilità?

VIRGILIO. Questa possibilità non andava - per così dire - in giro per il Ministero.

Ripeto che il ministro Goria era molto discreto sotto questo profilo. Avere in mano quel pezzo di carta rappresentava per me un fatto molto delicato. Certamente i bilanci erano in passivo e il Ministro lo aveva detto, ma arrivare a questo è stata una decisione presa con molta riservatezza - lo devo dire - e con l’accortezza di non farla trapelare al di fuori.

Quindi, non mi risulta che all’interno del Ministero si parlasse di chi avrebbe dovuto essere il commissario.

CARUSO Antonino. Perché pensaste ad una pluralità di commissari?

VIRGILIO. Questa è una decisione tipicamente ministeriale.

CARUSO Antonino. No. Mi permetta, dottor Virgilio, di dirle che è una decisione delle "quattro mani".

VIRGILIO. Sui nomi, il secondo paio di mani non ha niente a che vedere. Tra l’altro, non conoscevo nemmeno le persone che…

CARUSO Antonino. Per carità, so bene che lei non ebbe certamente alcuna influenza sulla nomina del professor Gambino. Non intendevo dire questo e me ne scuso. Probabilmente ho formulato male la domanda e, se così fosse, lo dico a mia futura memoria per poter correggere il resoconto stenografico di questa seduta che sarà redatto.

Le ho chiesto che cosa indusse le "quattro mani" a pensare alla nomina di una pluralità di commissari e non di uno solo.

VIRGILIO. Probabilmente ragioni di interdisciplinarietà.

CARUSO Antonino. Vi poneste il problema quando scriveste? In quel momento poteva essere anche un commissario?

VIRGILIO. Non ci ponemmo il problema.

Da quello che ricordo, il problema dell’unità o della pluralità non venne in quel momento sollevato. Successivamente mi vennero comunicati i nomi delle tre persone.

PRESIDENTE. Senatore Caruso, ha finito di rivolgere domande al dottor Virgilio?

CARUSO Antonino. Signor Presidente, sto pensando.

PRESIDENTE. Se si tratta della stessa cosa a cui sto pensando anch’io, vorrei avere la copia del documento in suo possesso. (Il senatore Caruso consegna al Presidente il documento in questione).

Dottor Virgilio, questo è il testo del decreto che lei avrebbe avuto prefirmato, il quale sembra essere dattiloscritto come se i nomi dei commissari fossero già nella versione originaria; come se fossero stati già inseriti al momento della redazione - come dice il senatore Caruso - a "quattro mani". Le sole aggiunte riguardano il numero di protocollo, la data e la firma del Ministro.

Faccio mia la domanda del senatore Antonino Caruso. Da questo testo sembra che i nomi siano stati inseriti già nel momento in cui le venne dato per conservarlo nel cassetto.

VIRGILIO. I nomi non c’erano.

PRESIDENTE. Allora ci dia una spiegazione di questo testo.

VIRGILIO. È semplice. Molte volte, quando si elabora un provvedimento, se ne fanno due copie nelle quali viene apposta la firma; successivamente viene riempito e i nomi vengono aggiunti naturalmente con la macchina da scrivere.

PRESIDENTE. Mi sembra di ricordare che lei, all’inizio, abbia detto che il provvedimento non fu fatto dattiloscrivere neanche al Ministero, essendo stato a lei consegnato dattiloscritto dal Ministro; lei poi lo ha conservato nel cassetto. Se così fosse, la dattilografia del provvedimento…

VIRGILIO. Può darsi che mi sia sbagliato sul fatto che me lo abbia consegnato il Ministro. Tuttavia, sono sicuro che all’epoca i nomi non c’erano e che mi vennero comunicati direttamente dal ministro Goria.

Probabilmente abbiamo preso lo schema precedente, abbiamo messo i nomi e, essendo stata già apposta la firma, lo abbiamo mandato avanti in questo modo. Ricordo che i nomi mi vennero comunicati direttamente dal Ministro. Onestamente non conoscevo nemmeno quelle persone.

CARUSO Antonino. A titolo di precisione devo dire che la questione si scontra con l’ultima domanda che ho posto e con la relativa risposta che ho ricevuto.

Nel momento in cui venne materialmente elaborato l’atto, non si pose nemmeno il problema se nominare una pluralità di commissari o un solo commissario. Come lei può osservare dalla struttura del documento, è evidente che questa decisione era stata già presa, poiché nelle righe antecedenti e successive del provvedimento stesso si fa riferimento ad una pluralità di persone.

PRESIDENTE. Non vorrei essere fiscale, ma è giusto chiarire queste cose dal momento che vengono tutte riportate nel resoconto stenografico di questa seduta.

Tutta la parte dispositiva del provvedimento è scritta al plurale, nel senso che si dice: "i commissari", "ai commissari", "i commissari dovranno" e via dicendo. Ciò fa supporre a chi lo legge che i nomi erano stati indicati prima, quanto meno che non doveva essere un solo commissario ma più commissari.

CARUSO Antonino. Cambio argomento.

Vorrei sapere perché è stato scelto il concordato preventivo e non la svolta naturale del commissariamento, ossia la scelta della liquidazione coatta amministrativa, peraltro scelta naturale con riferimento alla tipologia giuridica, all’articolo 2544 del codice civile, tipologia nella quale versava la Federazione italiana dei consorzi agrari.

VIRGILIO. Probabilmente si sperava di poter trovare una soluzione che, in un certo modo, avrebbe potuto consentire un atterraggio più morbido.

PRESIDENTE. Vorremmo avere maggiori notizie proprio su questa fase.

Che cosa ha saputo lei a tal proposito? Ha mai partecipato alle discussioni sulla scelta di questo o quel mezzo giudiziale, ossia il concordato, la liquidazione coatta amministrativa, lo scioglimento? In sostanza, vorrei sapere che cosa lei sa in merito alla problematica post-commissariamento e quale è stato il suo contributo positivo o negativo.

VIRGILIO. Per quanto riguarda la problematica del dopo commissariamento, ho avuto scarse possibilità di occuparmene tranne - ripeto - per alcuni istituti particolari di cui ero investito, come le cambiali agrarie che ho seguito dall’inizio alla fine. Sulle altre problematiche, invece, si conoscevano le notizie che provenivano dal Ministero: probabilmente fare il concordato preventivo avrebbe potuto offrire delle migliori aspettative.

PRESIDENTE. Da un appunto in nostro possesso del commissario Cigliana, rileviamo che Cigliana ha spiegato a lei, dottor Virgilio, che la scelta della liquidazione coatta amministrativa era necessaria ed inevitabile. Quindi questo fa dedurre che Cigliana le avesse parlato di quale soluzione scegliere dopo il commissariamento. Volevo capire quale contributo lei aveva dato, se c’è stato, e di che natura, alla definizione dell’una strada invece che dell’altra.

VIRGILIO. La soluzione venne dall’autorità politica, ovviamente. Quindi il commissario Cigliana come ne ha parlato a me ne avrà parlato sicuramente anche al Ministro; però questa scelta, da quello che posso capire io, venne decisa dal Ministro in quanto meno traumatica rispetto alla liquidazione coatta amministrativa.

PRESIDENTE. Lei fu consultato dal Ministro in merito a questo, visto che il capo di Gabinetto era anche un magistrato?

VIRGILIO. No. Di questo non abbiamo mai parlato. So che invece lui era molto preoccupato dell’esito della liquidazione coatta, che avrebbe portato ad una procedura di tipo fallimentare, e si augurava che quel concordato preventivo fosse come il tappo alla bottiglia. Si augurava che con il concordato preventivo si riuscisse a trovare una soluzione meno traumatica.

PRESIDENTE. E qual era la preoccupazione conseguente del Ministro sull’eventuale scelta della liquidazione coatta amministrativa?

VIRGILIO. La liquidazione coatta amministrativa è irreversibile, è un po’ come il fallimento, mentre invece con il concordato preventivo forse qualche possibilità di mantenere in piedi il sistema poteva essere trovata. La sua preoccupazione, da quello che ho capito, era di imboccare una strada che non poteva avere altro esito che quello della sparizione della Fedit.

PRESIDENTE. Che comunque andava a sparire, perché la Fedit veniva spogliata di tutto con il concordato preventivo e con il successivo atto-quadro che è stato poi messo in piedi dalla S.G.R.. Quindi non penso che questa sia stata la preoccupazione a quel punto; se c’era preoccupazione, il Ministro avrebbe dovuto tenerne conto prima di decidere il commissariamento. O la liquidazione coatta amministrativa poteva portare anche ad appurare responsabilità di ordine gestionale a carico di questo o di quell’altro personaggio della politica o della gestione di Federconsorzi?

VIRGILIO. Non sono in grado di dire se era questa la preoccupazione. Quella che lui manifestava era quella che vi ho detto; poi, se c’erano altre motivazioni non lo so.

PRESIDENTE. Credo che neanche sotto tortura riuscirei a farle dire altro su questa vicenda. Lei si deve rendere conto, dottor Virgilio, che il capo di Gabinetto viene scelto dal Ministro ed è la persona con cui si discute anche dell’esito giuridico dei provvedimenti che si adottano.

VIRGILIO. Sì, ma queste sono decisioni politiche, Presidente. La decisione di far saltare il sistema federconsortile dopo 50 anni di vita non è una decisione che prende il capo di Gabinetto.

PRESIDENTE. Il problema è della soluzione giuridica successiva.

VIRGILIO. Ma una volta deciso di farla saltare, farla saltare con lo strumento del commissariamento, con lo strumento della liquidazione coatta o con lo strumento del concordato preventivo non cambia il nocciolo della questione. Il problema a monte va ricercato nell’ambito politico, cioè queste non sono decisioni che vengono prese dall’oggi al domani…

PRESIDENTE. E mai scappò di bocca a Goria in che ambiente fosse maturata la decisione politica?

VIRGILIO. No.

PRESIDENTE. E non ci fu mai neanche uno sfogo con il suo capo di Gabinetto, che poi lo deve aiutare anche nei provvedimenti consequenziali alla decisione già presa, perché non era una decisione che rimaneva chiusa alla sede politica, ma aveva una sua canalizzazione che passava anche attraverso l’aspetto burocratico, strutturale del Ministero.

VIRGILIO. L’unica cosa che so è che lui disse una volta: ne devo andare a parlare con il presidente Andreotti.

PRESIDENTE. E’ già un punto.

VIRGILIO. Disse che ne avrebbe dovuto parlare con il Presidente del Consiglio, grosso modo una decina di giorni prima del commissariamento, più o meno.

PRESIDENTE. Prima della stesura materiale a quattro mani del decreto?

VIRGILIO. Non saprei, diciamo una decina di giorni prima. Lui disse che sarebbe andato a parlarne con il Presidente del Consiglio, poi non so se ci andò o non ci andò.

PRESIDENTE. Quindi questo sfogo c’è stato. E dopo il commissariamento c’è stato un altro sfogo di questo tipo: mannaggia a chi me lo ha fatto fare?

VIRGILIO. Dopo non glielo so dire. So che prima invece lui mi disse: ne devo parlare con il presidente Andreotti. Lui era sempre fissato con l’idea che i bilanci della Federconsorzi non rappresentavano la situazione veritiera.

PRESIDENTE. Quindi sospettava che potessero nascondere delle inesattezze, per non dire falsità?

VIRGILIO. Sissignore, questo era il suo convincimento, che i bilanci della Fedit nascondessero un passivo che si era accumulato nell’ultimo triennio.

CARUSO Antonino. Faccio un altro tentativo di esplorazione con riferimento al problema delle procedure concorsuali alternative. Lei, dottor Virgilio, diceva che la decisione di far saltare 50 anni di esperienza di Federconsorzi era una decisione di natura eminentemente politica. Poi sui modi di farla saltare, con la liquidazione coatta amministrativa, con il fallimento o con il concordato, poco importa.

VIRGILIO. Io ho detto che il problema tecnico successivo è un problema meramente esecutivo, mentre il problema fondamentale sta a monte. Con me non è che vennero discusse le varie soluzioni; a me si disse che si commissariava e buona notte.

CARUSO Antonino. Il problema in qualche maniera venne evocato, se è vero come è vero che il ministro Goria, rispondendo in Senato su questa questione, affermò in maniera chiara, inequivoca, il 4 giugno 1991, che senza il blocco del computo degli interessi (quindi evidentemente questo fa supporre una trattativa avviata dal Ministro con le banche, poi fallita) non esisteva alcuna possibilità di sistemare la posizione debitoria secondo formule concordate, e quindi non esisteva altra via che la liquidazione coatta amministrativa. Siamo in questa fase. Ora, è di tutta evidenza – parlo ad un tecnico, non parlo a persona sprovveduta da questo punto di vista – che ciascuna di queste vie ha una sua tipologia, ha un certo tipo di costi, ha un certo tipo di benefici e ha anche un certo tipo di possibilità. Quello che si è verificato – mi rendo conto di parlare con il senno del poi – è stato un evento funzionale al concordato preventivo, cioè venne scelta una via, quella del concordato preventivo, che era la via annunciata perché potesse verificarsi un altro evento, che è quello della vendita di tutti i beni ad un solo soggetto. Vi è quindi la questione S.G.R., la questione del prezzo pagato dalla S.G.R., 2.150 miliardi, a fronte di stime largamente superiori del patrimonio della Federconsorzi.

Ma, al di là di queste tre vie ce n’è una quarta, quella dell’ammissione in questo caso obbligatoria della Federconsorzi, quindi non una via eventuale ma obbligatoria, a quella che viene comunemente chiamata "legge Prodi", non perché la Federconsorzi avesse i titoli in sé per determinare questo percorso ma perché i titoli li avevano le società che erano in "pancia", per dirlo in maniera rozza, alla Federconsorzi stessa.

Allora io non posso credere che il Capo di gabinetto non conoscesse nulla delle variabili che furono considerate in questo ventaglio a quattro per poi scegliere di dirigersi verso una soluzione precisa.

VIRGILIO. È così, non era argomento di cui il Ministro parlò con me, se lo ha fatto è stato direttamente con i commissari. Non dimenticate che il Ministero dell’agricoltura non era solamente la Fedit, c’era l’AIMA, c’era tutta l’attività normale. Una volta che si erano insediati i commissari, il Ministro teneva i rapporti direttamente con loro. Venivano spesso, Cigliana, Gambino e Locatelli al Ministero. Qualche volta Cigliana si fermava a chiacchierare con me, non certo di queste problematiche ma perché eravamo in cordiali rapporti personali, tutto lì. Una volta che erano intervenuti i commissari, il Ministro trattava direttamente con loro, da quello che ricordo.

CARUSO Antonino. La sensazione che si è fatta una parte di questa Commissione è che il Ministero dell’agricoltura fosse uno strano luogo. Il Ministero doveva occuparsi, durante la vita della Federconsorzi, di controllarne i bilanci. Noi abbiamo sentito il dottor Pilo e la dottoressa Delle Monache, i quali ci hanno spiegato, ma non persuasi, il modo in cui questi controlli non venivano fatti, o venivano fatti sono in maniera apparente. Sono stati sempre molto puntuali (peraltro il problema non riguarda lei ma i suoi predecessori) nel rinviare tutte le problematiche sulle quali non si sono trovati nella capacità di rispondere in maniera puntuale: era questione che riguardava il gabinetto, e quindi il suo capo.

Detto questo, però, non stiamo discutendo delle vicende di ordinaria quotidianità di uno dei soggetti di cui doveva occuparsi la Federconsorzi, qui ci stiamo occupando di un patrimonio di migliaia di miliardi che doveva seguire un percorso piuttosto che un altro. Insomma, 5.000 miliardi sono un terzo delle manovre finanziarie che vengono votate dal Parlamento in questi ultimi anni. Non si tratta di cifre di poco conto.

Com’è possibile, quindi, che una vicenda di tanta incandescenza fosse completamente ignorata e fosse relegata alla competenza del ministro Goria, del vecchietto che gli faceva da segretario e dei tre commissari che periodicamente lo andavano a trovare? Se lei ci dice che non è a conoscenza di questo, almeno ci dica dove possiamo andare ad approfondire questi temi nell’ambito del Ministero.

VIRGILIO. Li dovete approfondire con i tre commissari, perché erano loro responsabili in prima persona davanti al Ministro, così come erano responsabili i commissari dei vari consorzi agrari quando venivano commissariati. In sostanza i commissari sono più o meno equiparabili al giudice delegato, se vogliamo, e poi c’è un comitato dei creditori più o meno equiparabile alla massa nel giudizio fallimentare. Quindi, quando ci troviamo in condizioni di questo genere loro prendono le decisioni e, entro certi limiti, ne sono responsabili. Non so se sono stato chiaro. Anche nei casi di commissariamento dei consorzi agrari, vengono nominati questi commissari che hanno la funzione propria di gestire, una via di mezzo tra il giudice delegato e l’amministratore delegato della società, per cui le scelte ricadono su di loro.

PRESIDENTE. C’era stata la promessa, a futura memoria, del ministro Goria, di parlarne con il presidente del Consiglio del tempo, senatore Andreotti. Lei però, come capo di gabinetto, per quelle che sono le mie conoscenze dei rapporti che un Ministro ha con il Gabinetto, mi pare che sia uno degli organi delegati della struttura ministeriale a preparare lo speach per quanto riguarda le sedute del Consiglio dei Ministri. Ricorda se fu messa mai all’ordine del giorno, da parte del ministro Goria, questa questione da portare in una seduta del Consiglio dei Ministri?

VIRGILIO. Non ricordo, ma non mi pare che venne portata in Consiglio dei Ministri formalmente. Noi, come Gabinetto, insieme all’ufficio legislativo, esaminiamo tutti i provvedimenti che vanno al Consiglio dei Ministri e su ognuno di tali provvedimenti facciamo una piccola relazione, ovviamente, le annotazioni del caso e i suggerimenti al Ministro, anche secondo le sue indicazioni: a questo sono interessato, di quest’altro non mi importa niente.

PRESIDENTE. Sulla questione vera e propria fu mai chiesto al Gabinetto di preparare un appunto per riferire?

VIRGILIO. Che io possa ricordare, non ci fu mai chiesto un appunto da portare in Consiglio dei Ministri.

CARUSO Antonino. Nelle audizioni che abbiamo fatto, avendo come ospiti i funzionari dirigenti del Ministero dell’agricoltura, rammento che il dottor Pilo, in particolare, era pronto a dare risposte praticamente su tutto, non c’è stata occasione in cui, di fronte a una domanda postagli da uno dei commissari, non abbia dato una risposta che avesse un carattere di plausibilità. Si è viceversa fermato, il dottor Pilo, su un punto, e cioè sul fatto che nel 1990, l’ultimo anno su cui si posero le attenzioni del ministro Goria, si era verificato, nell’ambito del bilancio della Federconsorzi, pur corposo, un evento eccezionale; erano stati svalutati 350 miliardi di debiti vale a dire, per rappresentarle in maniera chiara la questione, la Federconsorzi aveva censito, nell’ambito delle proprie scritture contabili, 350 miliardi di crediti di suoi fornitori verso di essa, che essa diligentemente portava a proprio bilancio, ed aveva deciso che non esistevano più e quindi li aveva cancellati in un sol colpo. La domanda che fu posta allora al dottor Pilo era se i revisori del Ministero, che non potevano certo controllare se non a campione, nella migliore delle ipotesi, le varie esposizioni debitorie della Federconsorzi verso terzi non erano rimasti stupiti da questa imponente cancellazione all’inverso. Tutto questo mi dà il destro per porle questa domanda: da quello che ha potuto capire quando si è trovato nella sua funzione, il Ministero come si muoveva nell’ambito di queste vicende?

VIRGILIO. A mio parere - è un’esperienza che ho tratto dalla Fedit e dagli altri soggetti controllati, cioè dai consorzi agrari - e da quello che io potevo rilevare, il controllo era veramente molto formale e superficiale. È diventato molto più incisivo ovviamente quando si è scatenata la tempesta, perché allora - come al solito - tutte le delibere venivano mandate al Ministero.

Tuttavia, per quanto riguardava il passato, avevo l’impressione che tutti questi fatti fossero stati trattati dal servizio come una presa d’atto. Successivamente, invece, una volta "usciti i buoi dalla stalla", vi era un puntuale e scrupoloso esame. Anche i commissari si lamentavano del fatto che il Ministero non passava loro più niente; si tratta del solito sistema che viene adottato dall’apparato amministrativo quando si mette in posizione di difesa e non passa più niente per non sbagliare.

PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l’audizione del dottor Virgilio, che ringrazio per la sua cortese disponibilità.

Deve comprendere, dottor Virgilio, che è esigenza della nostra Commissione conoscere dai testimoni del tempo quanto più è possibile sui fatti in questione. Quindi, ci scusiamo se le nostre domande a volte sono state puntigliose, ma ciò rientra nei nostri doveri prima che nei nostri compiti.

Informo i colleghi che martedì 29 febbraio 2000 la Commissione tornerà a riunirsi, alle ore 12, per procedere all’audizione del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dell’epoca, Adolfo Cristofori.

I lavori terminano alle ore 16.