Astronomia/Capitolo quinto/15
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§ XV.
Spettri e natura delle nebule.
255. Lo spettro delle nebule è formato da tre o da quattro righe lucide, le quali dimostrano anzitutto che l’idrogeno è uno dei componenti loro principali, in secondo luogo che in ultima analisi lo spettro delle nebule è uguale a quello dei gas luminosi. Questo fatto importantissimo autorizza ad affermare che le nebule constano di masse gasose, o di vapori luminosi rarissimi ed occupanti spazii enormi.
256. Le nebulose sono quindi in uno stato fisico totalmente diverso da quello delle stelle e del Sole.
Le stelle sono in istato di incandescenza, emettono raggi d’ogni specie, e solo una parte di questi è in esse assorbita dalle loro atmosfere.
Nelle nebule la materia è invece in uno stato di mera combinazione chimica, così com’è nelle nostre fiamme, ed emette per conseguenza raggi di una o pochissime qualità.
La diversa costituzione fisica delle nebulose e delle stelle ha fatto pensare che le nebulose possano essere comparativamente più vicine al nostro sistema planetario che le stelle. Finora però a questo proposito le osservazioni poco dicono. Di rare nebulose si potè determinare con precisione non grande la distanza, e questa fu trovata dell’ordine delle distanze delle stelle.
257. Molto si è scritto e pensato intorno all’origine delle nebulose, ma un’ipotesi che tutte le spieghi, appaiano esse o tonde o irregolari o spiraliformi, per il momento non si ha.
Alcuni pensarono che le nebule si debbano considerare come stelle o gruppi di stelle in via di formazione. In quest’ipotesi la materia rara di cui sono composte le nebule andrebbe concentrandosi a quel modo press’a poco con cui nelle nuvole si concentrano e generano le goccie di pioggia. In quest’ipotesi tutto il sistema stellato, e il Sole con esso, non sarebbe stato, da principio, che un’enorme massa di vapori sparsi per gli spazii dell’universo. Tale massa, dividendosi e concentrandosi intorno ad un gran numero di centri o nuclei, avrebbe dato origine al Sole, ai pianeti, alle stelle, a tutto quanto esiste nel mondo materiale.
È questa un’ipotesi seducente che per qualche tempo trovò favore fra gli scienziati, ma essa è oggi abbandonata perchè troppo inetta a dare ragione di tutti i fatti conosciuti, e meno che mai dell’Universo.
Fu osservato che i vapori di frammenti di meteoriti portati ad alta temperatura danno spettri luminosi identici, per quel che riguarda l’idrogeno e il carbonio, agli spettri delle nebulose.
Questo fatto diede qualche favore all’ipotesi meteorica, secondo la quale le nebulose del cielo deriverebbero tutte da associazioni di meteoriti.
I meteoriti non sono, è vero, per sè medesimi luminosi ma tali diventerebbero in grazia di urti e collisioni reciproche. Uno sciame meteorico nel quale avvenissero collisioni continue, finirebbe per irradiare luce che emanerebbe dall’ardere dei gas prodotti dalle collisioni. A spiegare poi collisioni continue, basterebbe immaginare sciami in cui i meteoriti si rivolgessero in orbite chiuse attorno ad un centro di gravità.
Molti fatti attentamente studiati portano oggi a pensare con fondamento che lo spazio sia realmente un plenum meteorico. Le diverse forme di nebulose indicherebbero moti, incontri, compenetrazioni di sciami meteorici. Le nebulose più splendenti e le parti più splendenti di una data nebulosa accennerebbero ad un maggior numero di collisioni in un dato volume o spazio.
Vi sono negli urti e nelle collisioni di meteoriti, negli svolgimenti di calore, di vapori, di gas, sui quali riposa quest’ipotesi meteorica, questioni ardue di meccanica, di fisica, di chimica finora insolute, e che potrebbero rendere impossibile forse inverosimile l’ipotesi stessa. Ciò toglie all’ipotesi meteorica per ora il carattere di una teoria scientifica dimostrata, ma non fa che essa ipotesi non abbia caratteri atti ad attrarre e fermare l’attenzione degli scienziati e dei pensatori.