Aridosia/Atto quarto/Scena seconda

Atto quarto
Scena seconda

../Scena prima ../Scena terza IncludiIntestazione 28 aprile 2008 75% Teatro

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Marcantonio, Erminio

Marcantonio
Erminio mi disse di esser qui.
Erminio
V’ho ubbidito, padre mio.
Marcantonio
Oh bene hai fatto!
Erminio
Che volete comandarmi?
Marcantonio
Tu sai che sempre, bench’io potessi comandarti, ti ho pregato, nè adesso voglio cominciare, ma ti voglio avvertire.
Erminio
Oh Dio voglia che sia cosa ch’io la possa fare, acciò ch’ella non causi in me disubbidienza.
Marcantonio
Tu ti sei immaginato, credo, quello ch’io ti vo’ dire: in modo parli.
Erminio
Penso mi vogliate dire della mia monaca.
Marcantonio
L’hai trovata.
Erminio
Nella qual cosa conosco, padre mio, di errare grandemente, e dall’altra banda m’avveggo di non poter fare altro: perchè quanto mi era facile sul principio il non commettere questo errore, tanto adesso mi è difficile, anzi impossibile, il rimediarci; in tanti lacci mi trovo essere inviluppato: sì che altra deliberazione non spero, e non voglio che la morte, perchè come poss’io non amar chi mi ama? non desiderar chi mi desidera sopra tutte le cose del mondo? e massimamente non essendo donna al mondo, nè mai, credo, ne sarà che con lei di bellezza e di gentilezza si possa paragonare: però, padre mio, vi prego che non vogliate opporvi alle mie ardenti fiamme, le quali è impossibile, che da altra cosa che dal benefizio del tempo possano essere estinte: in tutte le altre cose i vostri comandamenti, i vostri prieghi mi saranno leggi fermissime; ma in questo, che non è in forza mia l’ubbidirvi, non veggo modo di potervi contentare.
Marcantonio
Figliuol mio, io ti ho per certo gran compassione, perchè ho provato anch’io che cosa sia l’essere innamorato; niente di manco mi parrebbe di mancare dello offizio del buon padre s’io non ti dicessi il parer mio in questo. Tu sai che non è nessuno, per scellerato ch’ei si sia, al quale non sia odioso l’usare con monache; lasciamo stare il peccato che si commette appresso Iddio che è grandissimo, e dichiamo che non è cosa che dispiaccia più alla maggior parte degli uomini, che quando si vede qua alcuno, che cerca in qualche cosa particolare farsi differente dagli altri: sì che quando tu non l’avessi mai a far per altro, questo doverebbe essere possente a fartene distorre, per non ti provocare lo sdegno di Dio, e degli uomini. Lasso stare ancora, che s’ingiuria chi v’ha le figliuole e le sorelle, e che si ci portano mille pericoli andandovi. Però, figliuol mio, muta questo tuo amore in un più ragionevole, del quale tu possa ottenere il desiderato fine senza tanti pericoli: perchè, grazia di Dio, non è figliuola in Firenze, che i suoi non te la dessero volentieri; disponti adunque a voler tor moglie, e a darmi questo contento, che oramai ne è tempo, e non mi dà noia la dote; mi basta solo che la ti piaccia, e che sia da bene, e a questo modo potrai far contento te e me ad un tempo.
Erminio
Contento non sarò io mai se non ho Fiammetta mia; vi dico ben che le parole vostre hanno avuto tanta forza in me, che mi fanno pensare a quello ch’io non arei mai pensato, e vi prometto, per quella riverenza ch’io vi porto, di sforzarmi con ogni mio potere di fare in modo che vi contenti, pensando pur di trovare in voi qualche compassione.
Marcantonio
Se tu pensi di aver bisogno di compassione, io sto fresco.
Erminio
Volete da me quel ch’io non posso?
Marcantonio
Nè da te, nè da nessuno voglio l’impossibile; ma prova, prova, figliuol mio, perchè quello che ti parrà strano e dispiacevole sul principio, alla fine grato e piacevole ti sarà, chè questa è la natura delle cose ben fatte; però lasciati consigliare, e pensa ch’io ho più esperienza di te e che solo ti dico questo pel ben ch’io ti voglio.
Erminio
Io farò quel ch’io potrò.