Archivio storico italiano, serie 3, volume 12 (1870)/Rassegna bibliografica/Wenzels von Luxemburg Wahl

Alfred von Reumont

Wenzels von Luxemburg Wahl ../Storia della Monarchia piemontese ../La Nunziatura in Francia del cardinale Guido Bentivoglio IncludiIntestazione 18 gennaio 2018 75% Da definire

Rassegna bibliografica - Storia della Monarchia piemontese Rassegna bibliografica - La Nunziatura in Francia del cardinale Guido Bentivoglio

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Wenzels von Luxemburg Wahl zum römischen Könige 1376. Eine historische Untersuchung von C. Höfler. Wien, 1869, 27 pag. 8vo.


La presente memoria, ristampata dagli Atti della classe filosofico storica dell’Accademia delle scienze Viennese, espone le varie fasi delle trattative per l’elezione in re de’ Romani del figlio di Carlo IV imperatore vivente il padre; elezione colla quale la casa di Lussemburgo tentò di tornare nell’antica via di successione quasi ereditaria alla suprema dignità, via dai Carolingi, Ottoni, Salici calcata, dagli Svevi non [p. 162 modifica]senza opposizione ed interruzione seguìta, poi, con grande scapito dell’Impero dalle fazioni viepiù lacerato, abbandonata per quella della pura e semplice elezione. I documenti, maggiormente dal Weizsäcker (Teutsche Reichstagsacten, vol. I, Re Venceslao, parte I, anni 1370-87) stampati dimostrano come Carlo IV, già da varii anni accertato delle gare, le quali nel caso di sua morte per le famiglie rivali di Wittelsbach (Baviera e Palatinato) e di Absburgo, minacciavano di togliere la corona alla sua discendenza, con promesse e largizioni, vistose sì ma non superiori all’interesse in questione, guadagnasse gli elettori, dimodochè nel dì 10 giugno 1376 a Francoforte si fece l’elezione di Venceslao, seguita il 6 luglio dall’incoronazione in Aquisgrana. Scelta unanime, dopo tante discordi, per cui pur troppo erano rimasti indeboliti il concetto della dignità e l’essenza dell’autorità imperiali. In Germania, le cose procedettero, se non quanto al fondo della questione troppo lodevolmente, pure in modo regolare a tenore della costituzione e della così detta bolla aurea dal medesimo imperatore nel 1356 pubblicata. Ma non dei soli principi tedeschi trattavasi: trattavasi ancora della annuenza pontificia.

Carlo IV non aveva potuto dimenticarsi delle concessioni colle quali trent’anni prima nella contesa con Lodovico il Bavaro aveva comprato il consenso di Clemente VI. Al principio del 1346 i dissapori del Bavaro colla S. Sede e con parte potentissima dei principi tedeschi erano giunti a tale, che si credette poter procedere all’atto decisivo, cioè alla dichiarazione della vacanza dell’impero e a nuova elezione. Nel dì 22 aprile dell’anno predetto si concluse in Avignone una capitolazione tra il pontefice e Carlo di Lussemburgo, principe di Boemia e margravio di Moravia, affine d’ottenere l’assistenza di Clemente VI onde indurre gli elettori ad opporlo all’imperatore già scomunicato e dichiarato deposto dal papa. Il margravio promise di prestare i giuramenti da Clemente V prescritti ad Arrigo VII, suo nonno, di annullare tutte le sentenze e tutti gli ordini dal Bavaro in Italia emessi, e non meno gli atti giurisdizionali d’Arrigo contro Napoli, Firenze ec.; di conservare alla S. Sede lo Stato pontificio, in quel tempo, come si sa, quasi perduto; di non intraprendere senza [p. 163 modifica]il pontificio consenso la solita spedizione romana, entrando in Roma meramente per ottenere l’incoronazione e partendosene subito dopo tal atto; di non toccare nè il Regno Siculo nè Sardegna e Corsica feudi della Chiesa. Quasichè queste concessioni fossero bastanti, il Margravio non dubitò di promettere, che non sarebbe partito per farsi incoronare a Roma senza chiedere al papa approvazione della sua persona, e che non avrebbe nominato vicario in Italia senza giuramento di difesa della Chiesa. Promise inoltre di abbandonare al papa decisione e sindacato nelle questioni litigiose tra l’Impero, i Reali di Francia e di Napoli, e i municipj italiani; di non pacificarsi nè imparentarsi col Bavaro e la di lui famiglia; di cacciare i principi ecclesiastici avversarj di P. Clemente, mettendo in lor vece i da lui nominati. Con tali condizioni, dal re Giovanni di Boemia padre di Carlo chiamate utilia, licita et honesta - condizioni dagli storici spesso riprodotte e nuovamente esaminate dall’Höfler nella Memoria che ha per titolo Aus Avignon (Praga, 1868 ) - il pretendente all’impero ne vincolava l’autorità in Italia a beneplacito del pontefice francese, procedendo, per sete di dominio, molto al di là dei confini delle offerte dal Bavaro fatte nei momenti delle maggiori sue angustie. «Lo imperadore de’ preti» (Pfaffenkönig), a dire del guelfo Giovanni Villani (XII, 60) dai più così chiamato «per dispetto della detta elezione», difficilmente sarebbe riescito nell’intento suo e dei principi avversi al Bavaro, ove la morte di questi accaduta nell’anno seguente non avesse reso veramente vacante il trono; vacante di già secondo la mente pontificia per la scomunica di chi l’occupava.

Tali atti, volontarj per parte di Carlo, a malgrado delle susseguenti dichiarazioni della «Bolla aurea» tendenti a ristabilire l’indipendenza della nomina all’Impero, non potevano non formare un antecedente gravissimo, allorchè, è vero in circostanze ben diverse, si trattava l’elezione del figliuolo. L’imperatore non facevasi illusione sulle difficoltà che maggiormente erano colpa sua. Già da qualche tempo egli aveva intavolate trattative con Gregorio XI, pontefice a lui benevolo, trovandosi per motivi di salute impedito nell’effettuare il progetto, noto al papa, di recarsi in Avignone, onde concertare l’occorrente a viva voce. Il papa, oltre ad essere [p. 164 modifica]avverso in massima alla nomina d’un re de’ Romani in vita dell’Imperatore, pretendeva non doversi procedere all’elezione senza previo abboccamento con Carlo IV, o in secondo luogo senza l’andata di Venceslao alla corte, o almeno senza speciale pontificio permesso per gli elettori. Soggiungeva la elezione senza pontificia conferma non dar luogo né all’incoronazione solita a farsi in Aquisgrana, né all’esercizio del regio potere: finanche tali condizioni, al dire del nunzio pontificio, erano state difficili ad ottenersi dal Collegio dei Cardinali. Il qual Collegio, allora maggiormente composto di nobili francesi anche delle primarie case, era di grande autorità, secondo si sa per la storia delle contese avvenute sotto Clemente VI e per quella dell’origine del grande scisma. Dall’altro lato però gli elettori, più indipendenti che non l’imperatore, e non al pari di lui per propria colpa vincolati, ricusavano di sottoporsi a condizioni lesive dei diritti e dell’uso dell’impero; diritti e uso pur troppo già manomessi. Le trattative di qua e di là furon lunghe. Il papa aveva destinato a suo legato in Germania Roberto di Ginevra; ma esso venne distolto da tale incarico per la funesta spedizione d’Italia, che procacciò così trista fama al futuro antipapa. Finalmente si giunse ad un accomodamento. Affin d’ottenere la pontificia conferma, Venceslao offrì di prestare i giuramenti di Arrigo VII suo bisnonno, dichiarò nulli gli atti imperiali di Lodovico il Bavaro, rinunziò a qualunque pretesa, e similmente a qualunque carica a cui forse sarebbe chiamato nei territorj pontificj, promise al pari del padre di partirsi da Roma nel giorno istesso dell’incoronazione imperiale, di non tornarvi senza permesso pontificio, di raccomandare la difesa dei diritti pontificj ai suoi messi in Lombardia e Toscana. Condizioni accordate nel momento in cui Gregorio XI stava per rompere le catene nelle quali il pontificato era avvolto sin dai tempi di Clemente V, ma aveva pure davanti agli occhi lo stato della Chiesa pieno di sommosse, la città di Roma ridotta a municipio quasi indipendente, ma travagliata da incessanti discordie e sciagure, l’antica amicizia coi Fiorentini cambiata in aperta guerra. In tali condizioni, il papa rinunziò alla clausola dell’andata di Carlo e di Venceslao ad Avignone, ma si convenne che [p. 165 modifica]questi non avrebbe assunta l’autorità regia prima di aver prestati i giuramenti ed avuto il pontificio consenso.

Contuttociò e l’elezione di Francoforte e la regia incoronazione d’Aquisgrana si fecero senza aspettare l’arrivo della pontificia conferma. Le dichiarazioni poi dall’imperatore a richiesta del papa emesse e le relative risposte di Gregorio XI, colle quali venne stabilito, che il presente caso non avesse menomamente da derogare al diritto della Santa Sede e che le condizioni, con cui Carlo IV era stato assunto alla suprema dignità, in avvenire avessero da servire di regola non cambiarono nulla quanto al fondo della questione. Venceslao era re quantunque non arrivasse la conferma pontificia, ed ei non avesse per anco prestati i giuramenti. Frattanto accadde quel solenne cambiamento nella posizione del pontificato, che fu il ritorno di Gregorio XI a Roma, dove giunse il dì 17 gennaio 1377. La guerra fiorentina degli Otto Santi e la discordia coi Romani, poi la morte del papa, accaduta il dì 27 marzo 1378, ritardarono di molto la conferma di Venceslao, la quale si fece da Urbano VI allorchè di già era principiato lo scisma.

L’andamento posteriore degli affari dell’Impero e non meno di quei della Chiesa pur troppo dimostra, quale e quanto fosse l’errore dei principi tedeschi nel creare dissenso anche nel campo politico, deponendo Venceslao dalla regia dignità "ed assumendo alla medesima nel 1400 Roberto conte palatino. Errore in nessun modo giustificato dalla malvagia condotta e dai barbari costumi del re boemo, giacchè, ammettendo pur anche che sotto il punto di vista legale gli elettori contrarj a Venceslao fossero nel loro diritto, ciò che non è punto incontrastabile1, le più ovvie ragioni politiche avrebbero dovuto sconsigliare l’atto, da cui non poteva non risultare l’estrema debolezza o per meglio dire la nullità dell’autorità imperiale; nullità viepiù funesta durante la tristissima condizione della Chiesa. Errore cui non si rimediò perfettamente nè anche col tornare alla casa Lussemburghese nella [p. 166 modifica]persona di Sigismondo, quantunque colla medesima si ponesse un argine allo sfacelo dei due maggiori poteri del mondo, l’ultimo principe della schiatta di Arrigo VII essendo pure riescito, malgrado tutte le magagne sue, a riunire la Germania e a ristabilire l’unità del pontificato.

Il professor Höfler col presente lavoro e con varj altri2 sulla storia di quella famiglia, la quale occupa un posto intermedio tra le grandi schiatte imperiali del medio evo e la preponderanza non più interrotta Absburghese, ha resi nuovi servigj alla storia dell’Impero, in un’epoca di decadenza sì ma importante per lo sviluppo dell’indipendenza dei poteri territoriali, verso cui tendeva incontrastabilmente l’antica costituzione feudale.

Alfredo Reumont.               





Note

  1. F. Löher, Das Rechtsverfahren bei König Wenzels Absetzung. (La procedura legale nella deposizione di re Venceslao) Nell’Annuario storico di Monaco, 1865, pag. 1-130.
  2. Vedi le mie Notizie bibliografiche dei lavori pubblicati in Germania sulla Storia d’Italia.