Arcadia (Sannazaro)/Egloga III
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EGLOGA TERZA.
Galizio solo.
Sovra una verde riva
Di chiare e lucid’onde
In un bel bosco di fioretti adorno
Vidi di bianca oliva
Ornato, e d’altre fronde
Un pastor che ’n su l’alba a piè d’un orno
Cantava il terzo giorno
Del mese innanzi aprile;
A cui li vaghi uccelli
Di sopra gli arboscelli
Con voce rispondean dolce e gentile:
Ed ei rivolto al sole,
Dicea queste parole:
Apri l’uscio per tempo,
Leggiadro almo Pastore,
E là vermiglio il ciel col chiaro raggio:
Mostrane innanzi tempo
Con natural colore
Un bel fiorito e dilettoso maggio:
Tien più alto il viaggio,
Acciò che tua sorella
Più che l’usato dorma;
E poi per la sua orma
Se ne venga pian pian ciascuna stella:
Che, se ben ti rammenti,
Guardasti i bianchi armenti.
Valli vicine, e rupi,
Cipressi, alni, ed abeti,
Porgete orecchie alle mie basse rime;
E non teman de’ lupi
Gli agnelli mansueti;
Ma torni il mondo a quelle usanze prime.
Fioriscan per le cime
I cerri in bianche rose;
E per le spine dure
Pendan l’uve mature:
Sudin di mel le quercie alte e nodose;
E le fontane intatte
Corran di puro latte.
Nascan erbette e fiori,
E li fieri animali
Lascin le lor asprezze e i petti crudi:
Vengan li vaghi amori
Senza fiammelle o strali
Scherzando insieme pargoletti e ignudi:
Poi con tutti lor studi
Cantin le bianche ninfe,
E con abiti strani
Saltin Fauni e Silvani:
Ridan li prati, e le correnti linfe;
E non si vedan oggi
Nuvoli intorno ai poggi.
In questo dì giocondo
Nacque l’alma beltade,
E le virtuti racquistaro albergo:
Per questo il cieco mondo
Conobbe castitade,
La qual taut’anni avea gittata a tergo;
Per questo io scrivo, e vergo
I faggi in ogni bosco;
Tal che omai non è pianta
Che non chiami Amaranta;
Quella ch’addolcir basta ogni mio tosco;
Quella per cui sospiro,
Per cui piango e m’adiro.
Mentre per questi monti
Andran le fiere errando,
E gli alti pini arati pungenti foglie;
Mentre li vivi fonti
Correran mormorando
Nell’alto mar che con amor li accoglie;
Mentre fra speme e doglie
Vivran gli amanti in terra;
Sempre fia noto il nome
Le man gli occhi e le chiome
Di quella che mi fa sì lunga guerra;
Per cui quest’aspra amara
Vita m’è dolce e cara.
Per cortesia, Canzon, tu pregherai
Quel dì fausto ed ameno,
Che sia sempre sereno.
ANNOTAZIONI
all’Egloga Terza.
Apri l’uscio per tempo ec. Galizio invoca il Sole, figliuolo di Latona e di Giove, e fratello di Diana, il quale come già si disse, fu Pastore di Admeto.
Ma torni il mondo ec., torni, cioè alla bella età dell’oro.
Mentre per questi monti ec. È questo un vago modo d’esprimere un lungo tempo, nel quale debb’essere alcuna cosa, usato anche da Virgilio nell’Egl. v.
Dum juga montis aper, fluvios dum piscis amabit,
Dumque thymo pascentur apes, dum rore cicadae,
Semper honos, nomenque tuum, laudesque manebant.