Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/77

Anno 77

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Anno di Cristo LXXVII. Indizione V.
Cleto papa 1.
Vespasiano imperadore 9.


Consoli


Flavio Vespasiano Augusto per la ottava volta, e Tito Flavio Cesare per la sesta.


Fu nelle calende di luglio conferito il consolato a Domiziano Cesare per la sesta volta ed a Gneo Giulio Agricola, cioè a quel medesimo, di cui Cornelio Tacito suo genero ci ha lasciata la vita. Terminò in quest’anno Caio Plinio Secondo1 veronese, i suoi libri della Storia Naturale, e li dedicò a Tito Cesare, ch’egli nomina console per la sesta volta, e dà a conoscere quanto amore quel buon principe avesse per lui, e quanta stima per li suoi libri. S’è salvata dalle ingiurie de’ tempi quest’opera delle più insigni ed utili dell’antichità, perchè tesoro di grande erudizione; ma è da dolersi che sia pervenuta a noi alquanto difettosa, e che per la mancanza d’antichi codici non sia possibile il renderne più sicuro ed emendato il testo. Anche ai tempi di Simmaco camminava scorretta questa istoria, siccome consta da una sua lettera ad Ausonio. Son periti altri libri di Plinio, ma non di tanta importanza, come il suddetto. Abbiamo dalla cronica di Eusebio2, essere stata nell’anno presente, o pure nel seguente, sommamente afflitta Roma da una pestilenza così fiera, che per molti dì si contarono dieci mila persone morte per giorno: se pur merita fede strage di tanto eccesso. Ma questo flagello forse s’ha da riferire all’anno 80, regnando Tito. Verso questi tempi3 bensì capitarono a Roma segretamente due filosofi cinici, che, secondo il loro costume, si faceano belli con dir male d’ognuno. Diogene si appellava l’un d’essi, nome probabilmente da lui preso, per assomigliarsi in [p. 313 modifica]tutto all’altro antico sì famoso che fu a’ tempi di Alessandro Magno. Costui perchè nel pubblico teatro, pieno di gran popolo, scaricò addosso ai Romani una buona tempesta d’ingiurie e di motti satirici, ebbe per ricompensa, d’ordine dei censori, un sonante regalo di sferzate. L’altro fu Eras, che pensando di aggiustar la partita con sì tollerabil pagamento, più sconciamente sfogò la sua rabbia ed eloquenza canina contra de’ Romani, fors’anche non la perdonando ai principi. Gli fu mozzato il capo. Riferisce Dione4 come un prodigio, che in una osteria in una botte piena il vino tanto si gonfiò, che uscendo fuori, scorreva per la strada. Erano ben facili allora i Romani a spacciare de’ fatti falsi per veri, o a credere degli avvenimenti naturali per prodigiosi. Molti di tal fatta se ne raccontano di Vespasiano, ch’io tralascio, perchè o imposture o semplicità di quei tempi. E non ne mancano nella storia stessa di Tito Livio. A san Clemente martire si crede che in quest’anno succedesse Cleto nel pontificato romano.

  1. Plinius Senior, in Praefatione.
  2. Euseb., in Chron.
  3. Dio., lib. 66.
  4. Dio., lib. 66.