Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/46

Anno 46

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Anno di Cristo XLVI. Indizione IV.
Pietro Apostolo papa 18
Tiberio Claudio, figliuolo di Druso, imperadore 6.


Consoli


Publio Valerio Asiatico per la seconda volta, e Marco Giunio Silano.


Dal trovar noi Valerio Asiatico nominato console per la seconda volta, apparisce aver ottenuto l’eccelso grado di console un qualche anno innanzi, sostituito ai consoli ordinari; ma in quale non si è potuto finora esattamente sapere. Se crediamo al Panvinio1 e ad altri, nelle calende di luglio a questi consoli succederono Publio Suillo Rufo e Publio Ostorio Scapula. Che ancor questi veramente arrivasse al consolato, ne abbiam delle prove; ma se veramente in quest’anno, ciò non si può accertare. Era2 Marco [p. 164]Giunio Silano console fratello di Lucio, da noi veduto genero di Claudio Augusto. Diede molto da dire a’ Romani la risoluzion presa in quest’anno dal suddetto Asiatico console. Siccome era stato determinato da Claudio per fargli onore, egli dovea ritener per tutto l’anno il consolato; ma spontaneamente lo rinunziò. Aveano ben fatto lo stesso alcuni altri consoli, per mancar loro le ricchezze sufficienti a sostener la spesa enorme che occorreva in celebrar i giuochi circensi, addossata alla borsa dei consoli, e cresciuta poi a dismisura. Era giusta la scusa e ritirata per questi, ma non già per Asiatico, ch’era uno de’ più ricchi nobili del romano imperio, possedendo egli delle rendite sterminate nella Gallia, patria sua. Il motivo da lui addotto fu quello di schivare l’invidia altrui pel suo secondo consolato; ma poteva meglio assicurarsene col non accettarlo neppure per i primi sei mesi; e può credersi che non andò esente dalla taccia di avarizia quella spontanea sua rinunzia. Vedremo all’anno seguente i frutti amari di tante sue care ricchezze. Nel presente toccò la mala ventura a Marco Vinicio, personaggio illustre, già marito di Giulia Livilla, cioè d’una sorella di Caligola. Non l’avea nel suo libro Messalina, dopo aver essa procurata la morte alla di lui consorte. Crebbero anche i sospetti e gli odii contra la di lui persona, dacchè (per quanto fu creduto) l’onestà di lui diede una negativa alle impure voglie della medesima Messalina. Seppe ella fargli dare sì destramente il veleno, che il mandò per le poste al paese di là, con permettere dipoi, che dopo morte gli fosse fatto il funerale alle spese del pubblico: onore molto familiare in questi tempi. Da Agrippina, prima che divenisse moglie di Tiberio Augusto, era nato Asinio Pollione, il quale perciò fu fratello uterino di Druso Cesare figliolo di Tiberio. Nel cervello d’esso Pollione entrarono in quest’anno grilli di grandezze e desiderii di divenir imperadore; e cominciò egli per questo alcune tele [p. 165 modifica]con sì poca avvertenza, che ne arrivò tosto la contezza a Claudio. Teneva ognuno per certa la di lui morte; ma Claudio si contentò di mandarlo solamente in esilio, o perchè non avea fatta adunanza alcuna di gente o di danaro per sì grande impresa, o perchè il trattò da pazzo, considerata anche la sua piccola statura e deformità del volto, per cui era comunemente deriso, nè ciera avea da far paura a chi sedeva sul trono. Di questa sua indulgenza riportò Claudio non poca lode presso il pubblico, siccome ancora per altre azioni di giustizia e di zelo pel buon governo, e massimamente per la giustizia. All’incontro era universale la doglianza e mormorazione, perchè egli si lasciasse menar pel naso da Messalina sua moglie e dai suoi favoriti liberti; di modo che egli pareva non più il padrone, ma bensì lo schiavo di essi. Condannato fu (che così si usava ancora) a combattere nei giuochi de’ gladiatori Sabino, stato governator nella Gallia a’ tempi di Caligola, per le sue molte rapine e iniquità. Desiderava Claudio, e gli altri più di lui, che questo mal uomo lasciasse ivi la vita, come solea per lo più succedere. Ma Messalina, che anche di costui si valeva per la sua sfrenata sensualità, il dimandò in grazia, nè Claudio gliel seppe negare. Ed intanto ogni dì più si mormorava, perchè Mnestore, commediante allora famoso, non si lasciava più vedere al teatro. Era egli in grazia grande presso il popolo per la sua arte, e specialmente per la sua perizia nel danzare; ma in grazia di Messalina era egli maggiormente per la sua avvenenza. Dolevasi la gente d’essere priva di un sì valente attore, ma più perchè ne sapeva la cagione, e la sapevano anche i più remoti da Roma. Altri non v’era, che il buon Claudio, il quale ignorasse, quanta vergogna albergasse nel proprio suo palazzo. Eusebio Cesariense3 solo è a scrivere, che circa questi tempi essendo stato ucciso Rematalce [p. 166]re della Tracia da sua moglie, Claudio Augusto ridusse quel paese in provincia, e ne diede il governo ai suoi uffiziali.


Note

  1. Panvinius in Fast. Consularibus.
  2. Dio., lib. 60.
  3. Eusebius in Chronico et in Excerptis.