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165 | ANNALI D'ITALIA, ANNO XLVII. | 166 |
con sì poca avvertenza, che ne arrivò tosto la contezza a Claudio. Teneva ognuno per certa la di lui morte; ma Claudio si contentò di mandarlo solamente in esilio, o perchè non avea fatta adunanza alcuna di gente o di danaro per sì grande impresa, o perchè il trattò da pazzo, considerata anche la sua piccola statura e deformità del volto, per cui era comunemente deriso, nè ciera avea da far paura a chi sedeva sul trono. Di questa sua indulgenza riportò Claudio non poca lode presso il pubblico, siccome ancora per altre azioni di giustizia e di zelo pel buon governo, e massimamente per la giustizia. All’incontro era universale la doglianza e mormorazione, perchè egli si lasciasse menar pel naso da Messalina sua moglie e dai suoi favoriti liberti; di modo che egli pareva non più il padrone, ma bensì lo schiavo di essi. Condannato fu (che così si usava ancora) a combattere nei giuochi de’ gladiatori Sabino, stato governator nella Gallia a’ tempi di Caligola, per le sue molte rapine e iniquità. Desiderava Claudio, e gli altri più di lui, che questo mal uomo lasciasse ivi la vita, come solea per lo più succedere. Ma Messalina, che anche di costui si valeva per la sua sfrenata sensualità, il dimandò in grazia, nè Claudio gliel seppe negare. Ed intanto ogni dì più si mormorava, perchè Mnestore, commediante allora famoso, non si lasciava più vedere al teatro. Era egli in grazia grande presso il popolo per la sua arte, e specialmente per la sua perizia nel danzare; ma in grazia di Messalina era egli maggiormente per la sua avvenenza. Dolevasi la gente d’essere priva di un sì valente attore, ma più perchè ne sapeva la cagione, e la sapevano anche i più remoti da Roma. Altri non v’era, che il buon Claudio, il quale ignorasse, quanta vergogna albergasse nel proprio suo palazzo. Eusebio Cesariense1 solo è a scrivere, che circa questi tempi essendo stato ucciso Rematalce [p. 166]re della Tracia da sua moglie, Claudio Augusto ridusse quel paese in provincia, e ne diede il governo ai suoi uffiziali.
Anno di | Cristo XLVII. Indizione V. Pietro Apostolo papa 19 Tiberio Claudio, figlio di Druso, imperadore 7. |
Consoli
Tiberio Claudio Augusto Germanico per la seconda volta, e Lucio Vitellio per la terza.
Abbiamo da Svetonio2, che Claudio Augusto non fu già console ordinario con Lucio Vitellio in quest’anno. Un altro, il cui nome non sappiamo, procedette console nel principio di gennaio; ma perchè questi da lì a poco finì di vivere, Claudio non isdegnò di succedere in suo luogo. Vitellio qui mentovato, lo stesso è che fu proconsole della Soria, e padre di Vitellio imperadore. Tanti onori a lui compartiti erano i frutti della sua vile adulazione. Secondo la supputazion di Varrone, questo era l’anno ottocentesimo della fondazion di Roma3; e però Claudio diede al popolo il piacere de’ giuochi secolari, i quali propriamente si doveano fare ad ogni cento anni. Ma a que’ giuochi accadde ciò che si osservò nel giubileo romano cominciato nel 1300, che dovea rinnovarsi solamente cento anni dipoi; ma poi fu celebrato in anni diversi. Erano passati solamente sessantaquattro anni, dacchè Augusto diede questi giuochi, e viveano tuttavia delle persone che vi assisterono, e degl’istrioni che aveano ballato in essi, fra’ quali Stefanione, commemorato da Plinio4. Però essendo solito il banditore, nell’invitare a questi giuochi il popolo, di dire che venissero ad uno spettacolo che