Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/305

Anno 305

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Anno di Cristo CCCV. Indizione VIII.
SEDE PONTIFICIA vacante.
COSTANZO imperadore 1.
GALERIO MASSIMIANO imper. 1.
Consoli

FLAVIO VALERIO COSTANZO CESARE per la quinta volta e CAIO GALERIO VALERIO MASSIMIANO CESARE per la quinta.

Restò appoggiata nell’anno presente la prefettura di Roma a Postumio Tiziano. Seguitava intanto Diocleziano Augusto il soggiorno suo in Nicomedia, sempre infermo; se non che nel dì primo di marzo fece forza a sè stesso2876, ed uscì il meglio che potè fuori del palazzo per farsi vedere al popolo, ma sì contraffatto pel male, che appena si riconosceva quel desso, e in certi tempi ancora si osservava in lui qualche alienazione di mente. Da lì a poco sopraggiunse Galieno Cesare a visitarlo, non già per seco rallegrarsi della ricuperata salute, ma per esortarlo, anzi forzarlo a rinunziare all’imperio. Già aveva egli tenuto un simile ragionamento a Massimiano Erculio imperadore, adoperando parole di gran polso, cioè minacciandolo di una guerra civile, se non deponeva in sue mani il governo. Ora egli sulle prime si studiò con buone maniere di tirare il suocero Diocleziano a’ suoi voleri, rappresentandogli l’età avanzata, l’infermità e l’inabilità a più governar popoli, e mettendogli innanzi agli occhi l’esempio di Nerva Augusto. Al che rispondeva Diocleziano, essere cosa indecente che chi era stato sul trono, si avesse a ridurre ad una vita umile e privata; e ciò anche pericoloso, per aver egli disgustato assaissime persone. Nè valere l’esempio di Nerva, perchè egli sino alla morte ritenne il suo grado. Che se pur Galerio bramava di alzarsi, tanto a lui quanto a Costanzo Cloro si conferirebbe il titolo d’Augusto. Ma Galerio, dopo aver replicato che, in far quattro imperadori, si sconcerterebbe la forma del governo introdotto dal medesimo Diocleziano, preso un tuono alto di voce, aggiunse, che s’egli non voleva cedere, sarebbe sua cura di provvedervi, perchè certo non voleva più far sì bassa figura, stanco della dura vita di quindici anni menata nell’Illirico sempre in armi contra de’ Barbari, quando altri godevano le delizie in paesi migliori e tranquilli. Diocleziano infermo, e che già avea ricevuto lettere di Massimiano coll’avviso di somiglianti minaccie a lui fatte da Galerio, e colla notizia che costui andava a questo fine sempre più ingrossando l’esercito proprio; allora colle lagrime agli occhi si diede per vinto, e restarono d’accordo tanto egli che Massimiano di deporre l’imperio. Si passò dunque a trattare dell’elezion di due Cesari. Proponeva Diocleziano che tal dignità si conferisse a Costantino figlio di Costanzo, e a Massenzio figlio di Massimiano. Amendue li rigettò l’orgoglioso Galerio, con dire che Massenzio era troppo pien di vizii, benchè genero suo; Costantino troppo pien di virtù ed amato dalle milizie; e che niun d’essi presterebbe a lui l’ubbidienza dovuta; laddove egli voleva persone che facessero a modo suo. Ma e chi si farà? disse allora Diocleziano. Rispose Galerio che promoverebbe Severo e Daia, ossia Daza, figliuolo d’una sua sorella, ed appellato poco innanzi Massimino, amendue nativi dell’Illirico. Al nome di Severo replicò Diocleziano: Quel ballerino? quell’ubbriacone, che fa di notte giorno, e di giorno notte? - Quello appunto, seguitò a dir Galerio, perchè egli sa onoratamente governar le milizie. Bisognò che Diocleziano abbassasse la testa, e si accomodasse ai voleri dell’altero suo genero. Altro dunque non restò a Diocleziano che di concertare per via di lettere con Massimiano la maniera e il giorno di rinunziare l’imperio, e di dar la porpora ai due stabiliti Cesari, benchè l’insolenza di Galerio, prima anche di parlare [p. 1063 modifica]a Diocleziano, era giunta ad inviar Severo ad esso Massimiano, con fargli istanza della porpora cesarea. Venne il dì primo di maggio, cioè il giorno concertato per far la rinunzia suddetta2877. Comparve Diocleziano in un luogo tre miglia lungi da Nicomedia, dove già lo stesso Galerio molti anni prima era stato creato Cesare. Quivi alzato si mirava un trono, quivi era disposta in ordinanza la corte ed armata tutta. Costantino anch’egli, siccome tribuno di prima riga, v’intervenne, e gli occhi di tutti stavano rivolti verso di lui, sperando, anzi tenendo per fermo che sarebbe egli l’eletto per la cesarea dignità: quand’ecco Diocleziano, dopo aver colle lagrime agli occhi confessata h sua inabilità e il bisogno di riposo, e dichiarati i due nuovi Augusti Costanzo Cloro e Galerio Massimino, pronunzia Cesari Severo e Massimino. Stupefatti i soldati, cominciarono a guardarsi l’un l’altro, con chiedere se forse si fosse mutato il nome a Costantino. In questo mentre Galerio fece venire innanzi Daia, chiamato Massimino: e Diocleziano, cavatasi di dosso la porpora, con essa ne vestì il novello Cesare: cioè chi cavato negli anni2878 addietro dal pecoraio e dalle selve, prima fu semplice soldato, poi soldato nelle guardie, indi tribuno, e finalmente Cesare; non più pastore di pecore, ma di soldati, ed assunto a governare, cioè a calpestar l’Oriente, benchè nulla s’intendesse nè di milizie nè di governo di popoli. Diocleziano, ripigliato il suo nome di Diocle, fu mandato in carrozza a riposare in Dalmazia patria sua; e si fermò a Salona. Nè sussiste il dirsi da Malala2879 ch’egli fece la rinuncia in Antiochia, e prese l’abito de’ sacerdoti di Giove in quella città. Galerio Augusto e Massimino Cesare presero le redini, e cominciarono nuove tele per salire anche più alto. Trovavasi allora Massimiano Erculio Augusto in Milano, città, dove solea soggiornar volentieri. Già accennai che quivi egli avea fabbricate suntuose terme. Si può credere che vi edificasse, come lasciò scritto Galvano dalla Fiamma2880, il palazzo imperiale, e un tempio ad Ercole, creduto oggidì la basilica di San Lorenzo. In essa città2881 nel medesimo dì primo di maggio, secondo il concerto, anche lo stesso Massimiano imperadore depose la porpora; dichiarò Costanzo Cloro Augusto e Severo Cesare: il che fatto, per attestato di Eutropio2882 e di Zosimo2883, la cui Storia, mancante negli anni addietro, torna qui a risorgere, si ritirò nei luoghi più deliziosi della Lucania, parte oggidì della Calabria, non già per riposare, siccome vedremo, ma per aspettar venti più favorevoli alla sua non ancor domata ambizione. Il racconto fin qui fatto, e quanto succedette dipoi, ci fa conoscere che questi non per grandezza d’animo, come Aurelio Vittore, Eutropio ed altri gentili dissero, ma per forza lor fatta deposero lo scettro. Sicchè noi miriamo passato l’imperio romano in due novelli Augusti, cioè in Costanzo Cloro e in Galerio, appellato Massimiano il giovine, a distinzione del vecchio deposto; e in due nuovi Cesari, cioè in Severo e Massimino. Le porzioni loro assegnate furono le seguenti. A Costanzo toccò la Gallia, l’Italia e l’Africa, e per conseguente anche la Spagna e Bretagna. A Galerio tutta l’Asia romana, l’Egitto, la Tracia e l’Illirico. Ma, per attestato di Eutropio2884 e di Aurelio Vittore2885, Costanzo, contento del titolo e dell’autorità augustale, e delle provincie a lui già commesse, lasciò a Severo Cesare [p. 1065 modifica]la cura dell’Italia, e probabilmente ancora dell’Africa, che nel comparto precedente andava unita con essa Italia, dovendo nondimeno esso Severo2886, a tenore del regolamento già fatto, dipendere dai cenni di esso Costanzo. Per segno di questo, come consta dalle medaglie2887, prese egli il nome di Flavio Valerio Severo. Nella stessa guisa Massimiano Cesare dovea prestare ubbidienza a Galerio Augusto suo zio materno. Già abbiamo detto come costui fosse vilmente nato. Aggiungasi ora ch’egli era una sentina di vizii2888. Spezialmente predominava in lui l’amore del vino, per cui sovente usciva di cervello; e perchè in quello stato ordinava cose pregiudiziali anche a sè stesso, ebbe poi tanto giudizio da ordinare che da lì innanzi nulla si eseguisse di quello ch’egli comandava dopo il pranzo o dopo la cena, se non nel giorno seguente. A questo vizio tenne dietro un’esecrabil lascivia, ed una non inferior crudeltà, ch’egli massimamente sfogò contra de’ cristiani, de’ quali fu fiero nemico ed asprissimo persecutore. Di che peso fosse costui, troppo lo provarono i popoli da lui governati, perchè da lui caricati d’insoffribili imposte, in guisa che sotto di lui restarono impoverite e spogliate le provincie, tutto rubando egli, per darlo ai suoi cortigiani e soldati. Vero è che Vittore gli dà la lode d’uomo quieto ed amator de’ letterati; ma, secondo Eusebio, non si sa ch’altri egli amasse, se non i maghi ed incantatori, i quali erano i suoi più favoriti. Siccome apparisce dalle medaglie2889, questo barbaro Daia o Daza si vede appellato Caio Galerio Valerio Massimino. A costui, secondo Eusebio2890, non lasciò Galerio tutto l’Oriente in governo, ma solamente la Soria e l’Egitto. Siccome dissi, Costantino, deluso dalle sue speranze2891, tuttavia dimorava a Nicomedia nell’armata del fu imperador Diocleziano, presso il quale s’era fin qui trattenuto, come ostaggio della fedeltà di Costanzo già Cesare, ed ora Augusto. Ed appunto in questi tempi esso suo padre con varie lettere andava facendo istanza a Galerio che gli si rimandasse il figliuolo per desiderio di rivederlo, massimamente da che si sentiva malconcio di sanità. Galerio avea delle altre mire per non lasciarlo andare. Imperciocchè, considerando il natural di Costanzo, assai dolce e pacifico, per cui lo sprezzava, e molto più la disposizione in lui di corta vita, a cagion degl’incomodi di sua salute, colla giunta ancora di poter egli disporre dei due Cesari a talento suo, siccome sue creature: già si teneva egli in pugno il dominio di tutto l’imperio romano per la morte di Costanzo; e quando occorresse, colla superiorità delle sue forze. Perciò, avendo in mano Costantino, non si sentiva voglia di licenziarlo, anzi nulla più desiderava che di torsi dagli occhi questo ostacolo al suo maggiore innalzamento, con levargli la vita. Ma non osava di farlo apertamente, perchè non gli era ignoto quanto affetto portasse l’esercito a questo giovane principe, dotato di mirabili qualità. Ricorse pertanto alle insidie e frodi. Prassagora, storico2892, il quale si crede che vivesse sotto lo stesso Costantino, o pur sotto i di lui figliuoli, lasciò scritto che Galerio obbligò un giorno Costantino a combattere con un furioso lione, ed egli in fatti l’uccise. Così, per relazion di Zonara2893, l’inviò un dì ad assalir con poca gente un capitano de’ Sarmati, che s’era inoltrato con molte soldatesche2894. Costantino v’andò, e, presolo per li capelli, lo [p. 1067 modifica]strascinò ai piedi di Galerio. Probabilmente nella stessa guerra coi Sarmati, che sembra succeduta in quest’anno, fu da esso Galerio inviato Costantino alla testa d’alcune milizie contra di que’ Barbari per mezzo ad una palude, con isperanza che egli restasse quivi o affogato, ovvero oppresso dai nemici. Tutto il contrario avvenne. Egli fece strage dei Sarmati, e tornò colla vittoria a Galerio, che si fece bello del valore altrui. Così Dio in mezzo a tanti pericoli ed insidie preservò questo principe, per farne poscia un mirabile spettacolo della sua provvidenza in favore della santa sua religione. Certo non sussiste, come vuole Aurelio Vittore2895, che Costantino fosse tenuto in Roma per ostaggio da Galerio, il quale si sa che non venne più a Roma. Di queste insidie a lui tese abbiamo anche la testimonianza d’Eusebio2896.