Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/153

Anno 153

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Anno di Cristo CLIII. Indizione VI.
ANICETO papa 4.
ANTONINO PIO imperad. 16.
Consoli

CAJO BRUTTIO PRESENTE e AULO GIUNIO RUFINO.

Perchè le medaglie1158 coniate nell’anno presente ci fanno vedere la Vittoria che mette in capo all’imperadore una corona d’alloro, possiamo ben conghietturare che in questi tempi avessero qualche guerra i Romani, benchè non apparisca che Antonino prendesse se non due volte il nome d’imperadore, significante Vincitore. Scrive Capitolino1159, aver egli amata sommamente la pace, con andare in varie occasioni ripetendo quel detto di Scipione, che gli era più caro di salvare un sol cittadino romano, che di uccidere mille nemici. Ma altro è l’amar la pace, ed altro non aver guerra. Anche i principi di genio pacifico sono talvolta, loro malgrado, costretti a guerreggiare, e se Antonino non andò mai in persona alla guerra, vi mandò bene i generali suoi. Già abbiamo accennata di sopra quella della Bretagna, felicemente compiuta da Lollio Urbico. Abbiamo dallo stesso Capitolino, che questo Augusto mandò delle sue milizie in soccorso degli Olbiopoliti, che erano in guerra coi Taurosciti verso il Ponto, e colla forza dell’armi obbligò que’ barbari a dar degli ostaggi agli Olbiopoliti. [p. 515 modifica]Da san Giustino1160 si può inoltre dedurre, che avendo fatto i Giudei qualche nuova ribellion nel loro paese, furono messi in dovere dalle armi di Antonino Augusto. Di maggiori notizie intorno a ciò non abbiamo, perchè son perite le antiche storie. Per altro attesta Capitolino, che questo imperadore non mai volontariamente, ma per non potere di meno, fece moltissime guerre, valendosi in esse de’ suoi legati, o sia de’ suoi luogotenenti. E a lui pare che si possa più credere che ad Aurelio Vittore1161, il quale scrive, aver Antonino senza guerra alcuna governato per ventitrè anni il romano imperio.




Anno di Cristo CLIV. Indizione VII.
ANICETO papa 5.
ANTONINO PIO imperad. 17.
Consoli

LUCIO ELIO AURELIO COMMODO e TITO SESTIO LATERANO.

Il secondo console, cioè Laterano, è chiamato da Capitolino1162 Sestilio Laterano, e in un’iscrizione greca presso il Grutero, Tito Sestio Laterano. Perchè il cardinal Noris1163 trovò Lucio Sestio Sestino Laterano console trecento sessantasei anni prima dell’Era cristiana, conchiuse egli, che Sestio e non Sestilio fosse il nome ancora di questo console. Ma non toglie ogni dubbio cotale osservazione; e potrebbe anche nascere sospetto, se il marmo greco del Grutero fosse assai esattamente copiato. A buon conto il Panvinio1164 ne cita un altro latino, in cui leggiamo Sestilio Laterano, ed Aquilio Orfito Consoli: il che s’accorda col testo di Capitolino. Vien qui portata dal Relando1165 un’iscrizione del Gudio, dove questo console si vede appellato Sestio Sestilio Laterano. Ma non si può far fondamento sopra i marmi del Gudio. Il prenome di Sesto combatte coll’iscrizion gruteriana. Quivi si trovano Cassari, artefici di nome sospetto, e Scambillari, che certo dovrebb’essere Scabilluri. Forse perchè il Gudio, uomo dottissimo, s’avvide che non erano sicuri tutti i marmi ch’egli aveva raccolti, non li volle mai pubblicare in sua vita. S’è poi trovato chi meno scrupoloso di lui gli ha dati dopo la sua morte alle stampe. Il console primo ordinario di1166 quest’anno è Lucio Elio Aurelio Commodo, quel medesimo che fu adottato da Antonino Pio1167, nè avea altro onorifico titolo, che quello di figliuolo dell’imperadore. L’aveva il padre promosso alla questura nel precedente anno, nella qual carica diede al popolo, ma con denaro paterno, il divertimento di uno spettacolo di gladiatori, ed ebbe l’onore di sedere in mezzo all’imperadore e a Marco Aurelio Cesare suo fratello. Aveva egli passati i verdi suoi anni nello studio delle lettere, non avendo tralasciato il buon Antonino di procurargli tutti i mezzi convenevoli per una buona educazione, affinchè divenisse un valentuomo. Gli assegnò egli per aio Nicomede, e per maestri nella grammatica latina Scauro, figliuolo di quello Scauro ch’era stato grammatico di Adriano; nella grammatica greca Telefo, Efestione ed Arprocazione; nella retorica greca Apollonio Caninio Celere ed Erode Attico, da noi veduto console; nella retorica latina Cornelio Frontone, anch’esso uomo consolare: e nella filosofia stoica Apollonio, della cui albagia si parlò di sopra, e Sesto anch’esso celebre filosofo di que’ tempi. Tuttochè Lucio Commodo non avesse gran testa per profittar nelle lettere, egli portò un singolar amore a tutti questi suoi maestri, ed essi non meno amarono lui. Imparò a far versi e a compor delle orazioni; e riuscì miglior oratore che poeta, o, per dir meglio, fu più cattivo poeta che retorico. Dilettavasi egli, più che delle