Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/142

Anno 142

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[p. 493 modifica] [p. 495 modifica]gli precedenti non aboliti editti, e per la malvagità de’ presidenti e de’ giudici, adoratori degl’idoli, a’ quali non era vietato il procedere contro ai cristiani. Però circa questi tempi san Giustino, poscia glorioso martire, scrisse un’apologia in favore de’ fedeli, e la presentò ad esso imperadore Antonino, dimostrandogli la falsità dei delitti attribuiti ai cristiani, e l’ingiustizia de’ supplizii, a’ quali erano condannati. L’anno preciso, in cui san Giustino compose e presentò all’imperadore questa prima sua apologia (perchè egli due ne compose) nol sappiamo. Fuor di dubbio è, per attestato di Eusebio1, aver non meno essa, che varie favorevoli lettere dei governatori Gentili dell’Asia, prodotto buon effetto, avendo Antonino dipoi, cioè nell’anno 152, spediti ordini che niuno fosse condannato perchè fosse cristiano. Nè si potea aspettar meno da un imperador tale, ch’era la stessa bontà, e che nulla più desiderava che di far fiorire la pace e la contentezza per tutte le provincie del romano imperio. Tanto il portava alla mansuetudine, alla clemenza la sua ben radicata virtù, che nè pur volea punire le offese fatte a lui stesso. Di due sole congiure tramate contra di lui parla Capitolino2. L’una di Attilo Taziano. Fu questi processato e convinto dal senato; ma per ordine di Antonino, gastigato col solo esilio. Nè volle il buon Augusto, che si ricercassero i complici, e verso il di lui figliuolo si mostrò in tutte le occorrenze sempre mai favorevole. L’altra fu di Prisciano. Da che costui si vide scoperto, prevenne la clemenza di Antonino con darsi la morte da sè stesso. Faceva istanza il senato3, che si procedesse oltre per iscoprire gli altri congiurati: vietollo Antonino, dicendo, che non era bene il far di più, non amando egli di sapere a quante persone fosse in odio la sua persona. Anche un dì per sospetto, che mancasse[p. 496] in Roma il grano, l’insolente popolo arrivò a tirargli de’ sassi. Ma egli in vece di punire il pazzo loro ammutinamento, si studiò di placarli con buone ed amorevoli ragioni. Perciò sotto di lui niuno de’ senatori si vide privato di vita. Un solo convinto di parricidio, fu condannato ad essere portato e lasciato in un’isola deserta.



Anno di Cristo CXLIII. Indizione XI.
Pio papa 2.
Antonino Pio imperadore 6.


Consoli


Cajo Bellicio Torquato e Tiberio Claudio Attico Erode.


Il secondo console, cioè Attico Erode, fu uno dei celebri personaggi del suo tempo, e trovasi commendato assaissimo da Aulo Gellio4 e da Filostrato5. Si racconta di Attico suo padre, cittadino di Atene, che avendo trovato un gran tesoro, ne scrisse al buon imperadore Nerva, per sapere che ne avesse da fare. La risposta fu, che ne usasse come voleva. Tuttavia temendo egli un dì qualche avania dal fisco, gli tornò a scrivere, come non osando di valersi di tal grazia; e Nerva gli replicò che si servisse di ciò che la fortuna gli avea donato, perchè era cosa sua. Divenne molto più ricco il figliuolo Erode, ma con impiegar in bene le sue ricchezze, con aiutare un gran numero di persone bisognose. La eccellenza sua consisteva nell’eloquenza, in cui forse allora non ebbe pari. Avea esercitati vari governi, e poi fu scelto da Antonino per maestro de’ suoi due figliuoli adottivi, cioè di Marco Aurelio e di Lucio Vero, affinchè loro insegnasse la eloquenza greca. Accomodando il padre Pagi le azioni degli Augusti6 alle regole da sè stabilite, immagina che in quest’anno Antonino Pio celebrasse i quinquennali del suo imperio. Ma di ciò

  1. Euseb., in Chron. et Hist. Eccl. lib. 4.
  2. Capitolinus, in Antonino Pio.
  3. Aurelius Victor, in Epitome.
  4. Aulius Gell., Noct. Attic.
  5. Philost., de Sophist.
  6. Pagius, in Crit. Baron.