Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/104
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Anno di | Cristo CIV. Indizione II. Evaristo papa 9. Trajano imperadore 7. |
Consoli
Lucio Licinio Sura per la terza volta, e Publio Orazio Marcello.
Il cardinal Noris, il Fabretti e il Mezzabarba stimarono che questi fossero i consoli dell’anno precedente, e che nel presente Trajano Augusto per la quinta volta, insieme, con Appio Massimo, amministrassero il consolato. Finchè si possa meglio chiarir questo punto, io seguito gli antichi Fasti, abbracciati in ciò anche dal Panvinio, dal Pagi, dal Tillemont e da altri. Disputa ancora c’è intorno al primo d’essi consoli, credendo alcuni ch’egli sia stato non già Sura, ma Suburrano. Sarebbe da desiderare qualche marmo che decidesse la quistione. Uno dei più riguardevoli amici di Trajano fu il suddetto Orazio Marcello. Le conghietture dei migliori letterati concorrono1 a persuaderci, che in quest’anno prendesse origine la seconda guerra dacica. Non sapea digerir Decebalo la pace fatta con Trajano, perchè comperata con troppo dure condizioni; e però subito che si vide rimesso in arnese, cominciò delle novità, e a chiedere un nuovo accordo, lamentandosi specialmente, che molti dei suoi sudditi passavano al servigio dei Romani. Perchè nulla potè ottenere, determinò di venir di bel nuovo all’armi2. Diedesi dunque a far gente, a fortificar i suoi luoghi, ad accogliere i disertori romani, e a sollecitare i circonvicini popoli, acciocchè entrassero seco in lega, per timore, diceva egli, che un dietro l’altro non rimanessero oppressi dall’armi romane. Gli Sciti, cioè i Tartari, ed altre nazioni si unirono con lui. A chi ricusò di sposare i di lui disegni, fece aspra guerra, e tolse ancora ai Jazigi una parte del loro paese. Queste furono le cagioni, per le quali il senato romano dichiarò Decebalo nemico pubblico, e Trajano fece tutti gli opportuni preparamenti per domarne la ferocia. Se sussiste ciò che racconta Eusebio3, in quest’anno Roma vide bruciata la casa d’oro, cioè, per quanto si può credere, una parte di quella fabbricata da Nerone, che si dovea essere salvata nell’incendio precedente. Furono di parere il Loidio e il Tillemont, che circa questi tempi Plinio il giovane, già stato console, fosse inviato da Trajano al governo del Ponto e della Bitinia, non come proconsole, ma come vice-pretore colla podestà consolare. Scabrosa è la quistione del tempo in cui ciò avvenne, e mancano notizie per poterla decidere. A me perciò sarà lecito di differir più tardi quest’impiego di Plinio, siccome han fatto il Noris, il Pagi, il Bianchini ed altri.