XXIII

../XXII IncludiIntestazione 3 aprile 2020 100% Da definire

XXII
[p. 220 modifica]

Il tempo stringe, facciamo il bene


Rimpiango gli anni e le forze perdute. Mi pare che la mia mente sorga ora da un viluppo di vecchi ciarpami, di cenci ingombranti e vedo cieli più puri succendentisi l’un l’altro quali promesse di gaudi imperituri. [p. 221 modifica]

Delle mie prime letture ricordo la leggenda di una fata condannata a vivere sempre sola in uno splendido palazzo. Tutte le bellezze dell’arte lo adornavano e la natura pure vi era penetrata con giardini ampî e maravigliosi; tuttavia la fata sentiva qualche volta il desiderio di un’altra sè stessa, l’istinto naturale dell’amore le faceva sospirare un essere fatto a sua immagine e somiglianza, per il quale essere bella. Così l’anima mia sospira nei suoi momenti di debolezza. Ma ciò non deve essere. Non solo cogli infimi, nemmeno coi simili, nemmeno coi superiori dobbiamo cercare quale ideale massimo la fusione delle anime. Un’anima che si fonde con un’altra anima si appaga e finisce la sua missione. Lo scopo deve essere ben più alto.

Voi mi diceste: (Lawrance, vi parlo ora nella nudità del mio cuore spoglio [p. 222 modifica]di qualsiasi illusione, lo sapete) “Noi ci uniremo, siamo fatti per ciò„. Era a questo che pensavate? Eccoci uniti; uniti come nessun’altro degli umani, nella lontananza e nell’abbandono, nell’assenza d’ogni gioia e d’ogni comunicazione. Il principio solo è ideale e noi siamo congiunti nel principio. Quale vantaggio avrebbe portato il nostro amore? Noi siamo invece uniti per tutto ciò che abbiamo amato insieme, per l’elevazione insieme compiuta delle nostre anime, e perchè il nostro amore non l’abbiamo chiuso in noi, ma lo sprigionammo a tutte le cose belle ed immortali.

Pericola adesso il mondo minacciato da mostruose battaglie. È l’ora del sursum corda. Appunto perchè tutti gli idoli sono abbattuti e tutte le bandiere sfatate; appunto perchè non si crede più, noi crederemo. Perchè siamo discesi [p. 223 modifica]nella fredda anima degli scettici sentiamo orgogliosamente l’ardore della nostra e crederemo che non l’ideale cade, solo cadono le forze dell’uomo.

Non l’ideale cade se per ideale si intende togliersi dal proprio bene personale e ammirare spassionatamente il bene che esiste fuori di noi; sentirsi felici per questo solo che il bene esiste.

Quale bruttezza, quale sventura possono cancellare il fatto della bellezza e della felicità?

Brame selvaggie scaturiscono improvvisamente dall’ombra di detriti barbari, sorga e s’innalzi il diritto della nostra razza. Sento venire a me da lontani miraggi di luce la voce de’ miei precursori, de’ miei parenti d’anima, che mi incita e mi rassicura. Chi sono? Io non li guardo; guerrieri, principi, poeti, martiri dell’amore, eroi dell’idea, o povera gente [p. 224 modifica]umile, povere anime solitarie vissute lontane da ogni sole fecondatore, ignote, incomprese, sconosciute, avvilite eppure grandi nel fuoco d’amore che le consumava, essi hanno tutti un blasone che riconosco, che sento mio. Essi mi dicono: Eterna è la bellezza, credi in lei!

Tutto sta qui, vero? intendere la bellezza, avere anima di intenderla in tutte le sue manifestazioni, non soggiacere a quella meschina e volgare cosa è il dolore. Il mondo è brutto — dice lo scettico dal cuore arido — perchè io vi ho sofferto. No, il mondo è bello perchè tutti i dolori si allacciano ad uno scopo infinitamente ideale.

I grandi attori, quando per le esigenze dell’opera devono accettare una piccola parte, una parte antipatica, la rappresentano collo stesso ardore, colla stessa coscienza e colla stessa perfezione delle [p. 225 modifica]parti eroiche. Il male è che vi sono pochi grandi attori sulle scene e nella vita.

Vi immaginate come sarebbe armonica l’esistenza se ognuno si impegnasse a compiere bene lo scopo per cui la natura lo fece nascere? Lo sciocco non è forse necessario all’uomo di spirito tanto quanto il crudele al generoso e il deforme al sublime?

Si trova più bella la stella che più di tutte palpita. Se la maggior parte degli uomini soffre è perchè non sente abbastanza. Sente il dolore che è un gradino basso della sensibilità e non sente la bellezza che ne è il coronamento.

L’uomo capace di intendere la bellezza nel suo significato più intimo e più complesso ascolterà poco un dolor di testa e colui che possiede il raro dono della creazione potrà dando vita ad un’opera d’arte, consolare gli spasimi del suo cuore. Il [p. 226 modifica]dolore come il piacere non sono che mezzi della vita, gli effetti cadono presto o tardi, sola esiste ed è immortale la causa.

Ma non sono queste le parole che corrono ora nel mondo. Noi assomigliamo ai primi cristiani, la nostra religione è perseguitata o derisa. Abbiamo bisogno di nasconderci qualche volta, viviamo delle nostre catacombe ed abbiamo il nostro motto di riconoscimento. Il culto del nostro Iddio si è rifugiato sopra un piccolo altare, sopra una nuda mensa fra pallidi ceri, fra scarsi fiori, senza incenso, senza cori osannanti intorno, ma esso vive, esso vive e tanto deve bastare alla nostra speranza e al nostro ardore. Se noi non fummo felici non importa, altri lo saranno.

· · · · · · · · · · · · · · · · · · · ·

Non mi sono coricata stanotte. Ho riletto queste pagine, pensando a Voi [p. 227 modifica]che me le avete ispirate e che forse non le vedrete, forse non le leggerete così lontano da me...

Apro la finestra e sopra l’orizzonte che si tinge in color rosa riposo gli occhi stanchi dalla veglia. Entra l’alba!

Piccoli amori, piccoli dolori, piccolo agitarsi di anime piccine, come tutto ciò scompare davanti alla luce! Sali, anima mia, sali ancora in mezzo ai triboli ed alle spine, in mezzo ai fiori ed alle stelle sali; l’ultima parola è questa.