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Sotto gli olmi pensando


Amare nel mondo la compagna invisibile dell’anima nostra, la cara, la sognata, l’ignota, l’irrealizzabile, quella che non troveremo mai. Oppure amarla nelle sue frazioni, amare cioè quella porzione di ideale che ci è permesso di raggiungere, raccoglierlo come una gemma preziosa, farne una corona di cui si possa dire: Questa è l’intelligenza, questo il sentimento, questa la bellezza, questo il genio, e su tali perle isolate recitare il rosario della nostra devozione.

Quale è preferibile?

La prima teoria è più ideale, la seconda più umana. Ma che cos’è [p. 218 modifica]l’umanità? Non sono io un membro della umanità, e perchè dovrò riconoscere negli altri maggior diritto che non in me stessa di decretare qual’è la via migliore? Il solo dovere che ha l’uomo verso gli uomini è di non turbare le leggi naturali. Intimamente, chi può avere maggiori ragioni di noi stessi?

Che cosa hanno fatto gli uomini per la verità se non trovare dei sistemi? In filosofia, in religione, in morale, in arte, in scienza tutto è stato filtrato attraverso il sistema, ma tutti i vangeli e tutti i trattati non ci rivelano nulla che non si sappia già, che non abbiamo già sentito ondeggiare nel nostro spirito, fremere ne’ nostri nervi.

Ogni sistema rappresenta una strada, nessuno assicura la meta.

Il sistema circonscrive l’ideale entro date forme e il bisogno dell’ideale è [p. 219 modifica]l’assoluto. Finchè non mi si darà questo, continuerò a credere che il primo dovere dell’uomo è la ricerca, l’ascesa lenta ma ferma e libera.

Poichè in teoria tutto è ideale e in pratica niente lo è, amare e coltivare la nostra anima sarà il tempo meglio impiegato per ciascuno e per tutti. È un errore chiedere agli altri la nostra felicità. Il corso della felicità superiore va piuttosto da noi agli altri.

Quale piacere fisico non stanca? È pur bello che sia così; l’eternità del piacere è dovuta allo spirito e lo spirito siamo noi. Due occhi, due mani, due piedi, una bocca per mangiare, delle orecchie per udire, chi al mondo non possiede tutto ciò e chi non si riunisce in questi attributi per accrescere il proprio diletto?

Ma che cosa c’è di comune fra codesti diletti e il diletto nostro? Esiste [p. 220 modifica]nella natura un senso misterioso che si rivela appena a certe fibre particolarmente sensibili di poeti e di veggenti che le masse negano, alla stessa maniera che intere catene di montagne e popoli di selve e di grotte negherebbero l’eco ad essi non concesso. Qual’è la nostra strada, la nostra felicità, il nostro compito se non questo? “Ascoltare la Voce.