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Non sembra forse inutile ricordare che nel carnevale del 1735, a Venezia, replicandosi nel teatro di S. Gio. Crisostomo questa stessa opera del Metastasio, con la musica di Adolfo Hasse, si recitarono gli Intermezzi del Marito all’ultima moda dell’avv. Antonio Gori, infelice emulo di Goldoni.
Il Pavan poi ci addita due altri Intermezzi musicali col titolo di Amor fa l’uomo cieco: l’uno recitato in Amburgo, ai 6 dicembre 1743 (musica di F. Finazzi), l’altro a Firenze, teatro di via del Cocomero, carnevale 1745 (musica di D. Perez?).
Perchè mai il Goldoni diede a questo suo rifacimento il titolo stesso d’un Intermezzo attribuito a certo D. Carcajus e musicato a Napoli nel ’31 dal Pergolesi (v. Radiciotti e Della Corte), il quale nulla ha da che fare col suo libretto? Egli ebbe cura di rendere meno volgare e odioso il personaggio di Tracollo, scelto dal Mariani ne’ bassifondi sociali, e diventato Cardone. Nel Finto pazzo Cardone non è più un ladro, nè un baro, ma soltanto un giocatore, a torto accusato e ricercato dalla giustizia. In Amor fa l’uomo cieco Cardone ha dissipato il proprio denaro e "intaccato" l’altrui per vanità e generosità, ma la morte dello zio lo rende un’altra volta ricco e libero. Livietta poi non è una cittadina di costumi sospetti "in abito di contadina", ma al contrario viene dalla campagna "in abito di cittadina", in cerca di fortuna. A Fulvia, serva di Livietta "in abito da uomo", vediamo sostituito il servo Mingone: ma i servi non parlano. Anche cotesto rifacimento costò poca fatica al Goldoni, che non riuscì a infondersi un soffio di vita. Siamo ricaduti nel semplice dialogo a due personaggi; non più l’arguto dialetto veneziano, non la pittura dei costumi, non caratteri, non lingua. Soltanto ferma la nostra attenzione un accenno ai capricci femminili nella prima parte; e nella seconda ci fanno pensare ad altre donne goldoniane le astute arti di Livietta per riconquistare Cardone. Questa non è più la Livietta del Mariani. Forse i contemporanei del Goldoni vedevano anche in questo Intermezzo una specie di lezione per gli uomini deboli a guardarsi dalle femmine scaltrite.
Già nel libretto della Contadina astuta Tracollo si finge astrologo e pazzo. Molte volte nel teatro gli innamorati simulano la pazzia: finti pazzi e finte pazze abbondano negli scenari dello Scala e del Locatelli. Una commedia, il Pazzo finto, uscì a Roma in principio del Seicento (di Cristoforo Sicinio, 1603). In Francia poi chi non ricorda la finta pazza delle Folies amoureuses (1704) di Regnard? Famosissima nei teatri musicali del secolo XVII la Finta pazza (Deidamia, sposa d’Achille) dello Strozzi (prima recita a Venezia, 1641); men nota la Finta pazzia d’Ulisse del Noris (Venezia, 1796). Tra le opere buffe di Francesco Antonio Tullio a Napoli incontriamo nel 1718 la Fenta pazza e la fenta malata (Scherillo, l. c., pp. 111-114). A Venezia fin dal 1714 il Vivaldi musicò un Orlando finto pazzo. Lo stesso Mariani, creduto autore dell’Intermezzo di Livietta e Tracollo, pochi mesi dopo, nell’inverno del 1735, faceva rappresentare a Napoli "una commedia per musica" intitolata il Finto pazzo per amore (del maestro Giuseppe Sellitti: v. Scherillo, p. 197). Non parlo poi di tutte le Pazzie d’amore: solo non devo tacere che proprio al Goldoni viene attribuito un dramma giocoso musicato a Venezia dal Cocchi nel 1754, li Matti per amore (v. Spinelli (Bibliografia Goldoniana, Milano, 1882, p. 187 e Musatti, l. c., p. 28): i quali