Aminta (1590)/Atto secondo/Scena terza

Scena terza

../Scena seconda ../Choro IncludiIntestazione 8 marzo 2017 25% Da definire

Atto secondo - Scena seconda Atto secondo - Choro
[p. 46 modifica]

     Non alza i ſuoi penſieri
     À par de’ tuoi misteri.
     Amor, degno maeſtro
     Sol tu ſei di te ſteſſo,
     125E ſol tu ſei da te medeſmo espreſſo;
     Tu di legger inſegni
     À i più ruſtici ingegni
     Quelle mirabil coſe,
     Che con lettre amoroſe
     130Scriui di propria man ne gli occhi altrui;
     Tu in bei facondi detti
     Sciogli la lingua de’ fedeli tuoi;
     E speſſo (ò strana e noua
     Eloquenza d’Amore)
     135Speſſo in un dir confuſo,
     E’n parole interotte
     Meglio ſi esprime il core,
     E più par, che ſi moua,
     Che non ſi fà con voci adorne, e dotte:
     140E’l ſilentio ancor ſuole
     Hauer prieghi, e parole.
         Amor, leggan pur gli altri
     Le Socratiche carte,
     Ch’io in due begl’occhi apprenderò quest’arte:
     145E perderan le rime
     De le penne più ſaggie
     Appò le mie ſeluaggie,
     Che roza mano in roza ſcorza, imprime.


     Non alza i suoi pensieri
     A par de’ tuoi misteri.
     Amor, degno maestro
     Sol tu sei di te stesso,
     125E sol tu sei da te medesmo espresso;
     Tu di legger insegni
     A i più rustici ingegni
     Quelle mirabil cose,
     Che con lettre amorose
     130Scrivi di propria man ne gli occhi altrui;
     Tu in bei facondi detti
     Sciogli la lingua de’ fedeli tuoi;
     E spesso (o strana e nova
     Eloquenza d’Amore)
     135Spesso in un dir confuso,
     E’n parole interotte
     Meglio si esprime il core,
     E più par, che si mova,
     Che non si fa con voci adorne, e dotte:
     140E’l silenzio ancor suole
     Aver prieghi, e parole.
         Amor, leggan pur gli altri
     Le Socratiche carte,
     Ch’io in due begl’occhi apprenderò quest’arte:
     145E perderan le rime
     De le penne più saggie
     Appo le mie selvaggie,
     Che rozza mano in rozza scorza, imprime.

[p. 47 modifica]

ATTO TERZO.

SCENA PRIMA.

Tirſi. Choro

O
Crvdeltate eſtrema, ò ingrato core,

Ò Donna ingrata, o tre fiate, e quattro
     Ingratiſſimo ſeſſo, e tu, Natura,
     Negligente maestra, perchè ſolo
     5À le donne nel volto, e in quel di fuori
     Poneſti quanto in loro è di gentile,
     Di manſueto, e di corteſe; e tutte
     L’altre parti obliaſti? ahi, miſerello,
     Forſe hà ſe ſteſſo ucciſo: ei non appare:
     10Io l’hò cerco, e ricerco homai tre hore
     Nel loco, ou’io il laſciai, e ne i contorni;


ATTO TERZO.

SCENA PRIMA.

Tirsi. Coro

O
Crvdeltate estrema, o ingrato core,

O Donna ingrata, o tre fiate, e quattro
     Ingratissimo sesso, e tu, Natura,
     Negligente maestra, perché solo
     5A le donne nel volto, e in quel di fuori
     Ponesti quanto in loro è di gentile,
     Di mansueto, e di cortese; e tutte
     L’altre parti obliasti? Ahi, miserello,
     Forse ha se stesso ucciso; ei non appare;
     10Io l’ho cerco, e ricerco omai tre ore
     Nel loco, ov’io il lasciai, e ne i contorni;

[p. 48 modifica]

     Nè trouo lui, nè orme de’ ſuoi paſſi.
     Ahi, che s’è certo ucciſo. Io vò nouella
     Chiederne à que’ paſtor , che colà veggio.
     15Amici, hauete visto Aminta, ò inteſo
     Nouella di lui forſe?
     Ch.     Tu mi pari
     Così turbato: e qual cagion t’affanna?
     Ond’è queſto ſudor? e questo anſare?
     Hauui nulla di mal? fà, che’l ſappiamo.

     Tir.20Temo del mal d’Aminta; hauetel viſto?
     Ch.Noi viſto non l’habbiam, dapoi che teco
     Buona pezz’hà partì: ma, che ne temi?

     Tir.Ch’egli non s’habbia ucciſo di ſua mano.
     Ch. Ucciſo di ſua mano? hor, perche queſto?
     25Che ne stimi cagione?
     Tir.     Odio, & Amore.
     Ch.Duo potenti inimici, inſieme aggiunti,
     Che far non ponno? ma, parla più chiaro.

     Tir.L’amar troppo una Ninfa, e l’eſſer troppo
     Odiato da lei.
     Ch.     Deh, narra il tutto:
     30Queſto è luogo di paſſo , e forſe intanto
     Alcun verrà, che noua di lui rechi:
     Forſe arriuar potrebbe anch’egli iſteſſo.

     Tir.Dirollo volontier che non è giuſto,
     Che tanta ingratitudine, e sì strana
     35Senza, l’infamia debita ſi resti.
     Preſentito hauea Aminta (& io fui, laſſo,
     Colui, che riferillo, e che’l conduſſi:
     Hor me ne pento) che Siluia douea
     Con Dafne ire à lauarſi ad una fonte:


     Né trovo lui, né orme de’ suoi passi.
     Ahi, che s’è certo ucciso. Io vo’ novella
     Chiederne a que’ pastor , che colà veggio.
     15Amici, avete visto Aminta, o inteso
     Novella di lui forse?
     Ch.     Tu mi pari
     Così turbato: e qual cagion t’affanna?
     Ond’è questo sudor? E questo ansare?
     Avvi nulla di mal? Fa’, che’l sappiamo.

     Tir.20Temo del mal d’Aminta; avetel visto?
     Ch.Noi visto non l’abbiam, dapoi che teco
     Buona pezza partì: ma, che ne temi?

     Tir.Ch’egli non s’abbia ucciso di sua mano.
     Ch. Ucciso di sua mano? Or, perché questo?
     25Che ne stimi cagione?
     Tir.     Odio ed Amore.
     Ch.Duo potenti inimici, insieme aggiunti,
     Che far non ponno? Ma, parla più chiaro.

     Tir.L’amar troppo una Ninfa, e l’esser troppo
     Odiato da lei.
     Ch.     Deh, narra il tutto:
     30Questo è luogo di passo , e forse intanto
     Alcun verrà, che nova di lui rechi:
     Forse arrivar potrebbe anch’egli istesso.

     Tir.Dirollo volontier che non è giusto,
     Che tanta ingratitudine, e sì strana
     35Senza, l’infamia debita si resti.
     Presentito avea Aminta (ed io fui, lasso,
     Colui, che riferillo, e che’l condussi:
     Or me ne pento) che Siluia dovea
     Con Dafne ire a lauarsi ad una fonte:

[p. 49 modifica]

     40Là dunque s’inuiò dubbio, & incerto,
     Moſſo, non dal ſuo cor, ma ſol dal mio
     Stimolar importuno; e speſſo in forſe
     Fù di tornar indietro; & io’l ſoſpinſi
     Pur mal ſuo grado inanzi. hor, quando homai
     45C’era il fonte vicino: ecco, ſentiamo
     Un feminil lamento: e quaſi à un tempo
     Dafne veggiam, che battea palma à palma;
     La qual come ci vide, alzò la voce:
     Ah corrette, gridò: Siluia è sforzata.
     50L’inamorato Aminta, che ciò inteſe,
     Si spiccò com’un pardo, & io ſeguillo:
     Ecco miriamo à un’arbore legata
     La giouinetta ignuda come nacque,
     Et à legarla fune era il ſuo crine:
     55Il ſuo crine medeſmo in mille nodi
     À la pianta era auuolto: e’l ſuo bel cinto,
     Che del ſen virginal fù pria cuſtode,
     Di quello stupro era miniſtro, & ambe
     Le mani al duro tronco le ſtringea;
     60E la pianta medeſma hauea prestati
     Legami contra lei; ch’una ritorta
     D’un piegheuole ramo hauea à ciaſcuna
     De le tenere gambe. À fronte, à fronte
     Un Satiro villan noi le vedemmo,
     65Che di legarla pur allhor finia.
     Ella quanto potea, faceua ſchermo,
     Ma, che potuto haurebbe à lungo andare?


     40Là dunque s’inviò dubbio, ed incerto,
     Mosso, non dal suo cor, ma sol dal mio
     Stimolar importuno; e spesso in forse
     Fu di tornar indietro; ed io’l sospinsi
     Pur mal suo grado inanzi. Or, quando omai
     45C’era il fonte vicino, ecco, sentiamo
     Un feminil lamento; e quasi a un tempo
     Dafne veggiam, che battea palma a palma;
     La qual come ci vide, alzò la voce:
     Ah corrette, gridò: Silvia è sforzata.
     50L’inamorato Aminta, che ciò intese,
     Si spiccò com’un pardo, ed io seguillo:
     Ecco miriamo a un’arbore legata
     La giovinetta ignuda come nacque,
     Ed a legarla fune era il suo crine:
     55Il suo crine medesmo in mille nodi
     A la pianta era avvolto, e’l suo bel cinto,
     Che del sen virginal fu pria custode,
     Di quello stupro era ministro, ed ambe
     Le mani al duro tronco le stringea;
     60E la pianta medesma avea prestati
     Legami contra lei; ch’una ritorta
     D’un pieghevole ramo avea a ciascuna
     De le tenere gambe. A fronte, a fronte
     Un Satiro villan noi le vedemmo,
     65Che di legarla pur allor finia.
     Ella quanto potea, faceva schermo,
     Ma, che potuto avrebbe a lungo andare?