Alpinisti ciabattoni/Al mio caro amico professore Agostino Pergami

Al mio caro amico professore Agostino Pergami

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Al mio caro amico professore Agostino Pergami
Alpinisti ciabattoni Sor Gaudenzio in viaggio
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Al mio caro Amico

Professore AGOSTINO PERGAMI.

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Caro Pergami,


Ricordi la bella scampagnata di Valmaggiore? le gite alpestri, le frugali merende sui pascoli verdeggianti, accanto alle cascatelle dei rivoletti gorgoglianti nel muschio? le dispute vivaci, le chiacchierate filosofiche, ed il finale accordo dei nostri pensieri nell’armonia delle cose giuste e sane?

Tu predicavi come un apostolo, io rincalzava gli argomenti, e su, su a rampicarci sulle rocce spalmate di licheni, e più si dilatavano gli orizzonti, più l’aria si affinava, più fermentavano nei nostri cervelli le visioni larghe comprensive della semplicità solenne della natura.

Oh come si ragiona bene colassù, nel silenzio grave delle solitudini alpestri! Come è facile dimenticare le piccinerie, gli attriti quotidiani, e riconoscere la vanità delle infinite sciocchezze, che ci tormentano nella vita febbrosa della città!

Come è bello sentirsi piccini e mingherlini al cospetto dei grandiosi panorami della natura, per [p. x modifica] venire alla conclusione che quando ci arride la sanità del corpo e della mente, si è già al di là della fortuna.

E pensare che c’è della gente impappinata nei pregiudizii più assurdi; pensare che certi onesti vanesii, saltando un fossatello, dicono: — Di la c’è la marmaglia, la plebaglia, la canaglia... di qui ci sono io, ci siamo noi, noi privilegiati, noi galli della checca, stampati in disparte come le lasagne del papa!

Oh via, lasciamo andare, e compiangiamo quelle povere cellule ritardatarie, ultimi detriti di un mondo già seppellito da gran tempo. Lasciamo ognuno nelle sue idee, e tu caro Agostino, accetta la dedica di questo libro allegro, germogliato nella letizia di una gioconda scampagnata.

Compagno nella gita era il nostro caro Giuseppe Fondini, anima eletta di artista fine e delicato, cuore fervente di entusiasmi e di gentilezze soavi.

Te lo rammenti? povero giovane! era la nota gaja, festosa della nostra comitiva; osservatore sagace, acuto, ghermiva il vero a volo, e lo rendeva con originalità d’immagini felicissime, pennellate e verniciate di un umorismo che è privilegio di pochi... Poveretto... povero Dionigi!

Ora egli è morto da sei mesi, tu sei balestrato sui costoloni dell’Appennino meridionale; ed io rimango qui a fare dei duetti prolissi col mio buon amico Eugenio Barbera, geometra, segretario comunale, benemerito diffonditore in Italia della Legatrice dei covoni, [p. xi modifica] dei Forconi Americani, e dell’impareggiabile Stufa Parigina, ed a tempo perso, vittima rassegnata e paziente delle mie eruzioni letterarie.

E avanti così, finchè a Dio piace, nell’allegria sincera della gente che va per la sua strada senza preoccupazioni morbose, senza tormentose bramosie di conquista.

In fondo in fondo, questo Sor Gaudenzio, dice in disteso ciò che è riassunto in questa chiacchierata.

Ti abbraccio

tuo

A. G. Cagna.


Vercelli, 1887.