Alla Vergine (Prati)
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XLVII
ALLA VERGINE
1
Sí, anch’io son corso, e piú che molti audace
col francato pensier, mesto o giocondo,
fuor de le mille tirannie del mondo,
fin dov’ombra comincia e tempo tace.
5E piú ch’era l’abisso alto e profondo,
lo tentai, credo, e ne tremò mia pace:
ma la fé m’è rimasa, ultima face;
né sotto al moggio per viltá l’ascondo.
Anzi dirò che, quand’obliqua e nera
10chiudeami l’ombra, un largo aere sereno
m’aperse al cor questa infantil preghiera:
«Ave, Donna del del, Vergine pia,
refugio nostro. O Madre al Nazareno:
ave, mistica rosa; ave, Maria!».
2
15Madre del Nazaren, lungo ed amaro,
da mane a vespro, è assai nostro cammino;
e, come l’ombra sua, muta è del paro
la fortuna che incalza il pellegrino.
Deh! non velarti a me, candido faro,
20a me che varco in vie senza confino:
poco dal mondo e da me stesso imparo
e giá lasse ho le membra e il capo chino.
Forte piú assai delle inimiche squadre,
dentro accampate a fulminar la mente,
25deh! tu mi veglia, gloriosa Madre;
perché, sul punto di fornir la strada,
nella gran notte delle cose spente,
senza lume di grazia anch’io non cada.