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Giacomo Leopardi

Indice:The Oxford book of Italian verse.djvu Poesie Letteratura All'Italia Intestazione 26 marzo 2022 75% Poesie

Questo testo fa parte della raccolta The Oxford book of Italian verse


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O
PATRIA mia, vedo le mura e gli archi

E le colonne e i simulacri e l’erme
          Torri degli avi nostri,
          Ma la gloria non vedo,
          5Non vedo il lauro e il ferro ond’eran carchi
          I nostri padri antichi. Or fatta inerme,
          Nuda la fronte e nudo il petto mostri.
          Oimè quante ferite,

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          Che lividor, che sangue! oh qual ti veggio
          10Formosissima donna! Io chiedo al cielo
          E al mondo: Dite, dite;
          Chi la ridusse a tale? E questo è peggio,
          Che di catene ha carche ambe le braccia;
          Sì che sparte le chiome e senza velo
          15Siede in terra negletta e sconsolata,
          Nascondendo la faccia
          Tra le ginocchia, e piange.
          Piangi, che ben hai donde, Italia mia,
          Le genti a vincer nata
          20E nella fausta sorte e nella ria.
     Se fosser gli occhi tuoi due fonti vive,
          Mai non potrebbe il pianto
          Adeguarsi al tuo danno ed allo scorno;
          Che fosti donna or sei povera ancella.
          25Chi di te parla o scrive,
          Che, rimembrando il tuo passato vanto,
          Non dica: Già fu grande, or non è quella?
          Perchè, perchè? dov’e la forza antica,
          Dove l’armi e il valore e la constanza?
          30Chi ti discinse il brando?
          Chi ti tradì? qual arte o qual fatica
          O qual tanta possanza
          Valse a spogliarti il manto e l’auree bende?
          Come cadesti o quando
          35Da tanta altezza in così basso loco?
          Nessun pugna per te? non ti difende
          Nessun de’ tuoi? L’armi, qua l’armi: io solo
          Combatterò, procomberò sol io.
          Dammi, o ciel, che sia foco
          40Agl’Italici petti il sangue mio.
     Dove sono i tuoi figli? Odo suon d’armi

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          E di carri e di voci e di timballi:
          In estranie contrade
          Pugnano i tuoi figliuoli.
          45Attendi, Italia, attendi. Io veggio, o parmi,
          Un fluttuar di fanti e di cavalli,
          E fumo e polve, e luccicar di spade
          Come tra nebbia lampi.
          Nè ti conforti? e i tremebondi lumi
          50Piegar non soffri al dubitoso evento?
          A che pugna in quei campi
          L’Itala gioventude? O numi, o numi!
          Pugnan per altra terra Itali acciari.
          Oh misero colui che in guerra è spento,
          55Non per li patrii lidi e per la pia
          Consorte e i figli cari,
          Ma da nemici altrui
          Per altra gente, e non può dir morendo:
          ‘ Alma terra natia.
          60La vita che mi desti ecco ti rendo,’
     Oh venturose e care e benedette
          L’antiche età, che a morte
          Per la patria correan le genti a squadre;
          E voi sempre onorate e glorïose,
          65O Tessaliche strette,
          Dove la Persia o il fato assai men forte
          Fu di poch’alme franche e generose!
          Io credo che le piante e i sassi e l’onda
          E le montagne vostre al passeggiere
          70Con indistinta voce
          Narrin siccome tutta quella sponda
          Coprir le invitte schiere
          De’ corpi ch’alla Grecia eran devoti.
          Allor, vile e feroce,

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          75Serse per l’Ellesponto si fuggia,
          Fatto ludibrio agli ultimi nepoti;
          E sul colle d’Antela, ove morendo
          Si sottrasse da morte il santo stuolo,
          Simonide salia,
          80Guardando l’etra e la marina e il suolo.
     E di lacrime sparse ambe le guance,
          E il petto ansante, e vacillante il piede,
          Toglieasi in man la lira:
          ‘ Beatissimi voi,
          85Ch’offriste il petto alle nemiche lance
          Per amor di costei ch’al Sol vi diede;
          Voi che la Grecia cole, e il mondo ammira.
          Nell’armi e ne’ perigli
          Qual tanto amor le giovanette menti,
          90Qual nell’acerbo fato amor vi trasse?
          Come sì lieta, o figli,
          L’ora estrema vi parve, onde ridenti
          Correste al passo lacrimoso e duro?
          Parea ch’a danza e non a morte andasse
          95Ciascun de’ vostri, o a splendido convito:
          Ma v’attendea lo scuro
          Tartaro, e l’onda morta;
          Nè le spose vi fôro o i figli accanto
          Quando sull’aspro lito
          100Senza baci moriste e senza pianto.
     Ma non senza de’ Persi orrida pena
          Ed immortale angoscia.
          Come lïon di tori entro una mandra
          Or salta a quello in tergo e sì gli scava
          105Con le zanne la schiena,
          Or questo fianco addenta or quella coscia:
          Tal fra le Perse torme infurïava

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          L’ira de’ Greci petti e la virtute.
          Ve’ cavalli supini e cavalieri;
          110Vedi intralciare ai vinti
          La fuga i carri e le tende cadute,
          E correr fra’ primieri
          Pallido e scapigliato esso tiranno;
          Ve’ come infusi e tinti
          115Del barbarico sangue i Greci eroi,
          Cagione ai Persi d’infinito affanno,
          A poco a poco vinti dalle piaghe,
          L’un sopra l’altro cade. Oh viva, oh viva!
          Beatissimi voi
          120Mentre nel mondo si favelli o scriva.
     Prima divelte, in mar precipitando,
          Spente nell’imo strideran le stelle,
          Che la memoria e il vostro
          Amor trascorra o scemi.
          125La vostra tomba è un’ara; e qua mostrando
          Verran le madri ai parvoli le belle
          Orme del vostro sangue. Ecco io mi prostro,
          O benedetti, al suolo,
          E bacio questi sassi e queste zolle,
          130Che fien lodate e chiare eternamente
          Dall’uno all’altro polo.
          Deh foss’io pur con voi qui sotto, e molle
          Fosse del sangue mio quest’alma terra:
          Che se il fato è diverso, e non consente
          135Ch’io per la Grecia i moribondi lumi
          Chiuda prostrato in guerra,
          Così la vereconda
          Fama del vostro vate appo i futuri
          Possa, volendo i numi,
          140Tanto durar quanto la vostra duri.’