Alcyone/I tributarii

I tributarii

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Vergilia anceps I camelli
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I TRIBUTARII.

Q
UESTA è la bella foce

che oggi ha il color del miele,
sì lene che l’Amore
te l’accosta alle labbra
5come una tazza colma.
Lodata io l’ho con arte.
Ma quante acque in quest’acqua,
ma quante acque correnti,
quanta forza rapace,
10o Fluviale, in questa tarda pace!

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E non è dato a noi
votar la colma tazza,
distinguerne i sapori.
Chi loderà l’Ombrone
15cui Lorenzo già vide
rompere dallo speco
dietro le trecce d’Ambra?
Ancóra ei grida all’Arno:
“In te mia speme è sola.
20Soccorri presto, ché la ninfa vola.„

Chi loderà il Bisenzio
sì caro a quell’antico
favolatore ornato
che lodò la bellezza
25della donna perfetta?
E chi la Pescia e l’Era?
E chi la Pesa e l’Elsa?
Chi la Greve e la Sieve?
e i rivi freddi e molli
30del Casentino giù pe’ verdi colli?

Strepiti freschi in sassi
politi, argille chiare,
argini d’erba, file
di pioppi alti, vivai

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35di salci giovinetti,
cupe conche pescose,
ombre che il quadrel d’oro
fiede, ambigui meandri,
or chi di voi si gode
40e tempra nel cor suo la vostra lode?

Questa è la foce; e quanto
paese l’acqua corre,
che non godiamo immoti!
Le valli sono cave
45come la man che beve,
i monti gonfii come
mammella non premuta.
Il gregge passa il guado.
Il mulino rintrona.
50Solingo è un fonte nella Falterona.

Cade la sera. Nasce
la luna dalla Verna
cruda, roseo nimbo
di tal ch’effonde pace
55senza parola dire.
Pace hanno tutti i gioghi.
Si fa più dolce il lungo
dorso del Pratomagno

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come se blandimento
60d’amica man l’induca a sopor lento.

Su i pianori selvosi
ardon le carbonaie,
solenni fuochi in vista.
L’Arno luce fra i pioppi.
65Stormire grande, ad ogni
soffio, vince il corale
ploro de’ flauti alati
che la gramigna asconde.
E non s’ode altra voce.
70Dai monti l’acqua corre a questa foce.