Alcune lettere familiari/Al medesimo VIII

A Pier Giusseppe Giustiniani

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al medesimo.


Dello stomaco non conviene dir male, ma castigarlo, e che il castigo glielo dia il cuoco con commissione del medico. Che a V. S. dispiaccia carnovale, io il credo ed è a ragione. Egli è un assassino, fa come le belle dame, ci alletta, e poi ci tormenta. Ora io dico, che Orazio è fra' latini molto riguardevole poca: se si esaminano le Odi fatte per celebrare i Grandi Romani sarà forza pregiarle non poco, ma se elle si porranno a fronte a quelle di Pindaro, perderanno, siccome anco perde Virgilio con Omero. In Parnaso vassi per più vie, e tutte guidano per colà, ma tale è più larga e più fiorita ed ha più del nobile, ed e buon consiglio attenersi a quello a cui la natura ci chiama Orazio è molto pensoso sulle sue scritture, colto di lingua, eccellente in dare gli aggiunti, non è scarso di gnome, sì disvia dalla sua materia e sullo fare (si fatte condizioni sono da celebrarsi), nulla ha di soverchio, e non mai é diverso da sé medesimo io stimo che tutto ciò sia quello che possa mettersi in conto delle sue glorio. Ma oggi gl'ingegni cotanto sublimi vogliono apparire, che se le scritture non volano sopra le nuvole, diresi ch'elle strisciano sul suolo, e non è cosi. Puossi essere reo per troppo andare altamente: io tengo si fatta opinione, perchè fa pei me che le cose mezzane si lodino, anzi lo basse, lo ho patito pei una freddura malvagissima, pei la quale le gote mi si gonfiarono in modo ch'io somigliava a Boote. Ho preso guardia da tutto, fuor che dal vino, e questa medicina hammi guarito. Ora sono gagliardo e niente cagionevole. Farommi vezzi per venire bravamente a godere loggie, chiese, prediche, musiche. Delle poesie io taccio, perchè mi vergogno di confessare d'essermi loro ribellato, siccome si vergognerebbe un frate ad uscir e fuggire di convento. Sento che Toscana é disbandita, ed è purgata come oro fino. Io, se piace a Dio, penso di fare colà maggio, e poi settembre in Genova, e quivi penserò e discorrerò con V. S. del mio vivere. Desidero stampare quelle poesie le quali a me paiono meno infami, che si richiudono in due volumi di canzoni, e in uno di varj componimenti, ed in un breve numero di poemetti. Dell'avanzo io lascierò il peso sulla coscienza degli amici, che arderlo non ne posso far nulla essendomi uscito di mano. Ben è vero, che l'Amedeida io ho ristretta, ed ella stamperassi con Firenze e con Ruggiero. E ben vero che tutte queste parole non empiono tanti fogli, quanto ne empie il canzoniere del Petrarca. Ho fatto un bel cicalare. Mi perdoni, si governi, scrivami, e mi faccia caro a coteste mie signore, e tutti Dio benedetto tenga in sua guardia.

Di Savona, 16 febbrajo.