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XXIX



La sera seguente, Leandro si fece vedere in albergo verso le quattro. Le cose in albergo erano un po’ cambiate: Edoardo e Nina erano partiti il giorno prima con le rispettive famiglie; alcuni della nuova comitiva tentarono di avvicinarsi a Tony, perché avevano visto che era un non vedente simpatico, ma lo conoscevano poco, quasi affatto e perciò rimanevano un po’ imbarazzati nel parlargli. Tuttavia Tony riuscì ad essere allegro e simpatico con tutti.

Quel sabato pomeriggio, Leandro era arrivato verso le quattro e un quarto, in macchina. Fuori pioveva come dio la mandava: «Fuori non si può stare», disse. «Bisogna rimanere qui in albergo. Vorrà dire che possiamo chiacchierare un po’, o ascoltare musica».

«Leandro, Aspettami qua! Vado un attimo di sopra. Prima, anzi, telefono a Enea, per dirgli che tu sei qui. Così potrai salutarlo».

«Sì, d’accordo».

Da noi c’era il sole. Il mio cellulare squillò mentre stavo facendo una passeggiata con Sergio, dopo essere stato con lui a giocare al Super Enalotto e avergli prestato i dvd che mi promise di restituire il mattino seguente. Premetti il tasto di visualizzazione del chiamante e, dalla voce della sintesi vocale, scoprii che la chiamata proveniva da Tony.

«Carissimo Tony, come va? Com’è il tempo?».

«Tutto bene». Poi premette il vivavoce. «Piove che neanche te lo immagini. A proposito! Qui con noi c’è Leandro». «Ciao, Enea! Spero che tu stia bene. Cosa stai facendo?».

Anch’io, udendo la voce di Leandro, avevo inserito il vivavoce, perché ero con Sergio e lui lo conosceva. «Qui tutto bene. Ho appena giocato la schedina. Di solito non vinciamo mai, al massimo, qualche volta, abbiamo fatto tre». «Mi auguro possiate vincere, magari con il cinque più uno», disse Lisa. «In questo caso vincereste una bella somma». «Vorrà dire», intervenne Laura, «che con il primo bicchiere che berrete, brinderete anche a nome nostro. Noi vi siamo vicini. Non so se il tuo amico sia astemio. Tu, no di certo...».

«Va bene, va bene!».

«Questa sera», riprese Laura, «andremo nuovamente a cena a casa di Leandro. Ti porterò anche i saluti della sua famiglia».

«Benissimo».

«Ciao, Leandro», disse Sergio. «Stammi bene! Ah, a proposito! Volevo dirti che non sono astemio. Di solito bevo la birra». «Il tuo amico è anticonformista», disse Tony. «Digli che non ho mai visto nessuno fare un brindisi con la birra. Per una volta si può anche adeguare bevendo il vino, ti pare? Bene, ora ti saluto. Statemi tutti bene».

«Anche voi», gli rispondemmo quasi in coro.

«Bene», riprese Tony quando ebbe finito di telefonare. «Vado un attimo in camera». Poi ritornò. «Ecco. Bravo Tony!», disse Leandro. «Le carte! Proprio quello che ci voleva».

Così si misero a giocare suscitando la curiosità di alcuni clienti dell’albergo, che, alla fine della partita, vollero prendervi parte. Poi, verso le sette, i Dondi si recarono a casa di Leandro, che li accompagnò, dove furono salutati tutti con simpatia.

«Bene, Tony», disse il professore di matematica. «Per una volta tanto, parliamoci da uomo a uomo. Siamo nel 2004. Sapresti dirmi a partire dall’anno zero quanti sono stati gli anni bisestili nella storia, quanti i lustri, e quali anni bisestili si possono dividere per cinque?».

Questa volta Ines non rimproverò suo padre, il quale si mise a ridere insieme agli altri. Tony tutto serio, gli replicò:

«Professore, a me pare di averle già detto che odio la matematica». Lisa si propose di aiutare il padre a risolvere quel problema, ma dovette pensarci un attimo, perché disse:

«So che con Excel si può fare. Il problema è capire quale formula vada applicata, oltre a mettere le parentesi tonde al posto giusto».

«Io non saprei nemmeno come si possa adoperare questo programma», rispose Tony.

«Alessandro», disse nonno Leo.

«Dimmi, papà», gli replicò il professore. «Scommetto che mi sapresti dire quante cartine ho fumato in vita mia». «Imposssibile». E di nuovo si misero tutti a ridere. Intanto furono servite diverse portate e tutti passarono la serata in allegria. Il giorno dopo passarono tutti insieme una nuova giornata al mare a Fregene, cui partecipò anche Armando. C’era anche Clementina, ma questa volta i nonni paterni e materni non c’erano, mentre la famiglia Portici era al completo. La sera in albergo ci fu una festa e Tony mise nuovamente alla prova la sua splendida voce; ricevette molti applausi e quelle stesse persone timide che prima erano un po’ impacciate nell’avvicinarlo, parvero risvegliarsi e gli parlarono come se lo avessero conosciuto da tempo.

Il mattino seguente, Leandro ritornò a lavorare. Era lunedì. Parve che una nuova forza di volontà si fosse impossessata di lui. Terminata la giornata di volontariato, come ogni sera, tornava a casa per cena e al termine si recava in albergo. Il sabato seguente, nell’ultimo sabato di permanenza dei Dondi, Leandro pranzò con loro, ma i Dondi insistettero per offrire pranzo e cena in albergo all’intera famiglia Portici. Questa volta, il professore non parlò di matematica e si dimostrò amichevole, scherzoso come sempre, senza però scomodare complicati calcoli matematici. L’ultimo giorno di vacanza i Dondi decisero di fare una passeggiata con Leandro, l’indomani, anche per loro, sarebbe arrivato il giorno della partenza, ed io, dopo alcune telefonate di Lisa, decisi di richiamare. Nell’arco di quella vacanza avevo chiamato due volte. Adesso le parti si erano invertite. Fu Lisa ad essere un po’ triste; rivolgendosi ai genitori disse: «Sapete? In tutti questi anni mi avete sempre parlato di questo bellissimo posto. Ma, parlarne è un conto, andarci di persona è un’altro. Avrei voglia di ritornarci e vorrei che con noi ci fossero ancora Enea e Leandro».«Tu hai ragione», le disse sua madre, «ma non devi essere così triste».

«Sì», disse suo padre. «Anch’io qualche settimana fa ero triste, ma adesso non più. Ora, però, Lisa, voglio una promessa da te. Quando ritorneremo a casa, gradirei che tu mi insegnassi una volta per tutte ad usare la posta elettronica, perché voglio scrivere a Enea. Io, per la verità, ho già una casella di posta elettronica. Gli ho dato anche il mio indirizzo. Finora la posta l’hai sempre gestita tu, ma ora vorrei provare ad occuparmene di persona. A proposito, hai l’indirizzo e-mail di Enea?». «No. Ma appena sarà lui a scriverti, potremo memorizzarlo sul computer». «Beh», disse Laura. «Ora che siamo rientrati dalla passeggiata, è quasi ora di pranzo. Oggi pomeriggio verso le tre ne faremo un’altra, ma per le cinque e mezza dovremo essere di nuovo qui, perché dobbiamo preparare le valigie. Domani mattina è il 30 settembre e alle dieci dobbiamo partire».

Anche quella sera venne Leandro, il quale era stato precedentemente contattato per trascorrere insieme alla sua famiglia una magnifica serata con cena e festa in albergo.

Fu per Tony, però, quella sera, la sorpresa più speciale.

«Ma lei è Enzo Biagi!», esclamò ad un tratto Tony molto soddisfatto. Lui replicò:

«Signor Dondi, so che lei parte domani con la sua famiglia. Non potevo mancare. Anzi! Il signor Portici mi ha detto che c’è una festa. Quello che però non sapete è che questa festa, concordata con il signor Bardi, l’ho organizzata io e sono ben contento di offrirla a tutti voi. E poi, voi non vedenti siete ormai i miei migliori amici».

«Dottor Biagi», disse Laura, «davvero non sappiamo come ringraziarla».

«A proposito», riprese Biagi, «signor Dondi, lei ha conosciuto il signor Galetti alcune settimane fa. So che tra voi non vedenti c’è un affiatamento particolare. Come si è trovato con lui?».

«Mi scusi», disse Tony, «non siamo in diretta, vero?».

«No, stia tranquillo!».

«L’ho trovato molto simpatico, disinvolto nel parlare, sincero nelle sue idee».

Poi Biagi gli comunicò che prima o poi anche lui sarebbe stato intervistato.

Verso le dieci squillò il mio telefonino. Questa volta il numero del chiamante non era visualizzato ed io, istintivamente, buttai giù la chiamata. Ma poi squillò di nuovo e questa volta fu Tony a chiamarmi. Mi salutò, mi disse che si stava svolgendo la festa dell’arrivederci, infine mi avvisò che dopo quella telefonata me ne sarebbe arrivata un’altra, quella a cui non avevo risposto. Era Biagi. Fu molto cordiale, mi disse:

«Signor Galetti, le sue sorprese, ed in particolare le sue birichinate, sembrano non finire mai. Altro che fiamme e fuoco! Lei è un vero e proprio vulcano in eruzione e, semmai si dovesse parlare di fiamme, sarebbe più appropriato parlare di fiamme gialle».

In breve dovetti spiegargli cosa era accaduto all’aeroporto prima della partenza. «Ma poi», aggiunsi, «c’è stata anche una storia piacevole». Quindi raccontai l’episodio con Flavia durante il viaggio in aereo. «Non preoccuparti», interruppe Tony, «non siamo in diretta! Solo, ho chiesto a Biagi di attivare il vivavoce, perché del piacevole episodio accaduto sull’aereo non sapevo nulla, salvo un accenno di Leandro». Poi chiesi a Tony di salutarmi tutti, ma i Portici vollero intervenire direttamente. Augurai a Tony di godersi la festa e di divertirsi insieme agli altri prima di partire. Infine mi salutò anche Biagi.

La festa proseguiva con bevande e pasticcini. Ad un certo punto il signor Bardi entrò, chiese la parola e, rivolto in particolare ai Dondi, fece un lungo discorso di arrivederci, perché li conosceva ormai da anni. Li invitò a ritornare da loro, questa volta a Fregene, dove, oltre ad un edificio ancora più confortevole, avrebbero potuto godersi il mare ogni qualvolta fosse piaciuto loro. Anche gli altri membri delle rispettive famiglie vollero salutare i Dondi e a loro si unì tutta la comitiva di turisti ed il personale alberghiero.

Il mattino seguente, i Dondi non fecero colazione, limitandosi a bere un caffè. Questa volta, però, nessuno parve essere reduce da una sbronza. La sera prima, inoltre, Tony aveva saputo che Leandro aveva prodotto altri filmati che mi avrebbe poi fatto avere.

Prima di partire, i Dondi diedero una cospicua mancia al signor Bardi e al personale dell’albergo, poi Leandro volle a tutti i costi accompagnarli alla stazione dove Lisa aveva lasciato la sua auto. Tony a fatica riuscì a dare a Leandro una mancia per la benzina, che accettò con molto imbarazzo. «Voi siete stati gentilissimi con me», disse Leandro. «Ma non vi ho ancora fatto un regalo».

«Di regalo abbiamo già avuto la tua preziosa compagnia», replicò Laura.

«Tu mi hai giò fatto un grandissimo regalo», continuò Tony. «Portando Enea a Roma ci hai fatti incontrare e conoscere. Non hai mai smesso di stare con noi, accompagnandoci in giro, invitandoci a cena a casa tua. E poi, sei venuto a trovarci ogni sera fino ad oggi, è come se fosse venuto anche Enea con te. Dunque, non dire stupidaggini».

«Se sapessi, Leandro, noi tutti siamo rimasti contenti. E poi, mio padre si è trovato a suo agio. Chi avrebbe mai detto che, venendo a Roma, ci saremmo distratti così tanto? Non avrei mai immaginato una vacanza così movimentata». «Tony», intervenne Leandro, «voglio fare a te e alla tua famiglia un regalo. Innanzitutto, apri questo. Potrà esserti utile per il computer».

Così dicendo diede il pacchetto a Tony. Conteneva un hard disk esterno ed un lettore mp3, che funzionava anche da pen drive. A Laura e a Lisa regalò due belle collane. Rimasero tutti sbalorditi.

«E adesso, come farete a tornare a casa?».

«Con la mia macchina», disse Lisa.

«Bene, Lisa! Se permetti, il parcheggio lo pagherò io», propose Leandro.

«Non dirlo nemmeno per sogno», gli rispose Laura.

«Così ho detto, e così deve essere. Punto e stop!».

«Questo è fuori di testa!», disse Tony.

«Ho detto che così sarà!», ribattè Leandro.

«Beh», rispose Laura, «a questo punto, accetta almeno che ti offriamo qualcosa da bere».

Quindi si recarono al bar. Laura prese un tè con il latte, Lisa un caffè, mentre Tony e Leandro, dopo aver fumato una sigaretta, bevvero una birra.

Ciò avvenne dopo che Leandro pagò il parcheggio. Alle undici e un quarto li lasciò partire, dopo aver augurato ai Dondi tante belle cose e promettendo anche a loro di andarli a trovare. All’una e un quarto i Dondi si fermarono nuovamente in un autogrill per un pranzo fugace. Tre quarti d’ora dopo ripartirono, arrivando a Brescia alle cinque e un quarto.