Adiecta (1905)/III/XXX
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PER LE CANNONATE ITALIANE
ALLA CANEA
Quando vividamente in ciel la sera
le fiamme del tramonto accoglie in sé,
e nel bacio del sol s’alza Caprera
4su l’onda rotta che le mugge al piè
il vigile nocchier volge le attente
luci a la tomba che da lungi appar,
l’orecchio intende ed una voce sente
8alta e sonora sul deserto mar,
che dice: «O madre Italia, io t’ho lasciato
un retaggio di gloria e di virtù:
madre dei forti, dove l’hai gittato,
12che Garibaldi non ricordi più?
E pure il vento un lungo suon di trombe,
quasi chiedenti aiuto, a te recò!
e pure un cupo brontolar di bombe
16su l’onda sacra nell’Egèo passò!
Spenta è dunque l’idea che forti mosse
a ribellar le tue cento città?
Dunque non ci son più camicie rosse
20per le battaglie della libertà?
Dove dorme ormai chi la parola
del tuo Vangelo al popolo bandì,
e col capestro attraversato in gola
24benedisse il tuo nome e poi morì,
chi sul campo il sangue suo t’offrìa,
il sangue generoso, e lo versò
quando nel singhiozzar dell’agonia
28col viva dell’addio ti salutò?
1 miei Mille ove son, belli e giulivi
tra la mitraglia, di Milazzo al piè?...
No, se in tanta viltà giacciono i vivi,
32si leveranno i morti intorno a me!
Venite, o morti miei! Sovra i fumanti
spaldi, superba la bandiera sta.
Carabinieri genovesi, avanti!
36La tromba squilla ed il nemico è là!
Di questa Europa vil chi più si cura,
che sui deboli scende ad infierir?
Lasciatela affogar nella paura,
40la sozza vecchia che non sa morir.
Che se cercasse alcun questa favilla
spegner, che tanta fiamma accender può,
forte città dove nascea Balilla,
44levati tutta per risponder — no! —
Genova 1897.