Per le cannonate italiane alla Canea

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Per le cannonate italiane alla Canea
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PER LE CANNONATE ITALIANE

ALLA CANEA


Quando vividamente in ciel la sera
     le fiamme del tramonto accoglie in sé,
e nel bacio del sol s’alza Caprera
     4su l’onda rotta che le mugge al piè

il vigile nocchier volge le attente
     luci a la tomba che da lungi appar,
l’orecchio intende ed una voce sente
     8alta e sonora sul deserto mar,

che dice: «O madre Italia, io t’ho lasciato
     un retaggio di gloria e di virtù:
madre dei forti, dove l’hai gittato,
     12che Garibaldi non ricordi più?

E pure il vento un lungo suon di trombe,
     quasi chiedenti aiuto, a te recò!
e pure un cupo brontolar di bombe
     16su l’onda sacra nell’Egèo passò!

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Spenta è dunque l’idea che forti mosse
     a ribellar le tue cento città?
Dunque non ci son più camicie rosse
     20per le battaglie della libertà?

Dove dorme ormai chi la parola
     del tuo Vangelo al popolo bandì,
e col capestro attraversato in gola
     24benedisse il tuo nome e poi morì,

chi sul campo il sangue suo t’offrìa,
     il sangue generoso, e lo versò
quando nel singhiozzar dell’agonia
     28col viva dell’addio ti salutò?

1 miei Mille ove son, belli e giulivi
     tra la mitraglia, di Milazzo al piè?...
No, se in tanta viltà giacciono i vivi,
     32si leveranno i morti intorno a me!

Venite, o morti miei! Sovra i fumanti
     spaldi, superba la bandiera sta.
Carabinieri genovesi, avanti!
     36La tromba squilla ed il nemico è là!

Di questa Europa vil chi più si cura,
     che sui deboli scende ad infierir?
Lasciatela affogar nella paura,
     40la sozza vecchia che non sa morir.

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Che se cercasse alcun questa favilla
     spegner, che tanta fiamma accender può,
forte città dove nascea Balilla,
     44levati tutta per risponder — no! —

Genova 1897.