Adiecta (1905)/II/XXXII
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IN MEMORIA
Povero fascio d’ossa tribolate
che recammo ier notte alla Certosa,
per le vie desolate
4sotto la pioggia fitta e freddolosa,
povero fascio d’ossa ove la mente
soffrì dell’infelice ora sepolto,
riposi finalmente
8entro al sudario in cui t’abbiam raccolto?
Ahimè che triste notte! Il freddo vento
l’eco parca recar d’urli lontani,
lungo come un lamento
12s’udìa pei campi l’uggiolar dei cani
e seguivam per fracidi sentieri
del carro funeral la pigra rota
dietro al chiaror de’ ceri
16che tremava sull’erba e sulla mota.
La bara, come in lagrime, gocciava
della gelida piova alla percossa
e così se ne andava
20la giovinezza tua verso la fossa!
Felice in questo almen che più non senti
l’antico del dolor morso tenace!
Noi restiamo ai tormenti,
24tu dormi il sonno dell’eterna pace.
E pure.... invan la verità ci mostra
la fossa in cui per sempre avrai dimora,
che nell’anima nostra,
28nel memore pensier rivivi ancora
e parliamo di te come aspettato
negl’intimi colloqui a cui venivi....
Perchè non hai bussato
32oggi a quest’uscio che una volta aprivi
e con la faccia tua buona e sincera
al fido crocchio tra le ciarle usate
non vieni questa sera
36a dirci — Amici miei, mi ricordate? —
Perchè coi motti dell’ingegno arguto
non torni a rider più meco in disparte?
Perchè non sei venuto
40almeno a dirmi addio, come chi parte?
Ahi, quell’addio che dar tu mi dovevi
io lo dissi alla tua memoria cara,
ma tu non l’intendevi,
44povero fascio d’ossa entro la bara,
povero fascio d’ossa tribolate
che recammo ier notte alla Certosa,
per le vie desolate,
48sotto la pioggia fitta e freddolosa!