Adiecta (1905)/II/XVII
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LETTURA SERALE
Gela di fuori. Lenti,
curvi, di mal umore,
entrano gli studenti
4nel tepido chiarore
de l’aule graveolenti,
tratti a sciuparvi l’ore
più da la cruda brina
8che dal puro desio de la dottrina;
e il capo rassegnato
abbassan sul volume
che l’uso ha verniciato
12di secolare untume,
ma il gergo avviluppato
del giuridico acume
affatica ben presto
16l’ingegno ancor giovenilmente onesto.
Quindi sul libro chiuso
il gomito si posa
con un senso confuso
20di tristezza penosa
e il tanfo di rinchiuso
in quest’aria vischiosa
scende nei petti e pesa
24come la coltre sovra i morti stesa;
ma i migliori a gli sciocchi
lasciando il ghigno insano,
inerte sui ginocchi
28lascian cader la mano,
mentre levando gli occhi
guardan lontan lontano
e, immemori del mondo,
32sognano desti un avvenir giocondo;
se pur ne l’alta calma
de l’atmosfera immota
chinata su la palma
36la giovinetta gota,
coi fissi occhi de l’alma
non veggon la remota,
la memore casetta,
40dove la madre pia prega ed aspetta,
od il veron coperto
dai fior di primavera,
da cui, nel raggio incerto
44de la morente sera,
rise ne l’aere aperto
la bocca lusinghiera
che all’inesperto core
48prima insegnò che cosa fosse amore.
Ahimè, che il sogno lieve
come un soffio è passato
e ognun riprende in breve
52il libro abbandonato!
Vincendo il tedio greve
del lavoro forzato,
la lotta per la vita
56a se le menti giovanili invita.
O vita mal concessa,
che dura legge è questa
se su la soglia istessa
60bieco il dolor ci arresta,
se, già dai fati oppressa,
l’anima che si desta
mentre dispiega il volo,
64sente l’ala spennarsi e cade al suolo?
Ecco. Non han vent’anni
e covan l’odio in seno.
D’ansie, d’error, d’affanni
68il core han già ripieno.
Di meditati inganni
distillano il veleno
e del torvo interesse
72han già le rughe su la fronte impresse!
E pur così li vuole
l’età bassa ed indegna
che da le fredde scuole
76la cupidigia insegna,
che nega un posto al sole
a chi servirla sdegna
ed i giovani avvezza
80a gittar la virtù per la ricchezza!
Ah no, giovani uscite!
L’aria di fuori è sana.
Qui stagna la mefite
84de la tristizia umana,
qui le carte erudite
puton di cortigiana
ed il cavillo appesta
88con l’ulcera venal l’anima onesta!
Uscite! Io vecchio e stanco
qui veglierò soletto,
chinando il capo bianco
92sul libro prediletto.
Ecco: su questo banco,
rimango solo e aspetto
da la benigna sorte
96il riposo e.... chi sa? forse la morte.