Adiecta (1905)/I/XXI
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DE RE RVSTICA
I.
È mio quel gallo che alla prima luce
coll’ingrato cantar saluta il giorno
e già vecchio, spennato e disadorno,
4pur la cresta insolente al sol produce.
Devasta i seminati e s’introduce
tra le siepi a rubar tutto il contorno,
indi all’usato sterquilinio intorno
8le sue galline a razzolar conduce.
Poi quando vien la sera e son già sorte
pallide in ciel le prime stelle accese,
11appollaiato sulle gambe storte
Dice alle sue galline: — «Ora è palese
ch’io son tremendo rispettato e forte
14e la bestia maggior del mio paese!» —
II.
Io penso intanto: «Se tirassi il collo
per non vedermi guasto il seminato,
a questo gallo vecchio e spennacchiato
4che quanto mangia più, meno è satollo?
E poi, che ne farò? Se fosse un pollo,
benedetto l’arrosto e lo stufato!
Ma un demonio malsano ed arrabbiato
8sul far di questo, non sarà mai frollo.
Lasciamolo campar! Vada all’inferno
se lo voglion le volpi o le faine,
11o, se piace al Signor, viva in eterno!» —
Schiva il gallo così l’ultimo fine
e in virtù dello sprezzo e dello scherno,
14regna sovra i capponi e le galline.