Acarnesi (Aristofane-Romagnoli)/Agone secondo
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Dalla casa di Euripide, Diceopoli torna di nuovo sul davanti della scena verso il coro.
coro
Che farai? Che dirai? Sappi che molto
sfrontato è l’uomo, ed ha di bronzo il volto,
che, avendo offerta alla città la testa,
contro tutti a parlar, solo, s’appresta. —
Ma l’amico non trema. Or, se cosi
hai tu stesso voluto, animo, di’!
diceopoli
con piglio oratorio.
Non mi vogliate male, o spettatori,
se io, pitocco, a favellar mi appresto
degl’interessi pubblici in Atene,
e recitando una commedia. Il giusto
può dirlo pure una commedia: ed io
cose dirò gravi, ma giuste. Adesso
non mi calunnierà Cleon, ch’io sparli
della città dinanzi ai forestieri.
Siamo in famiglia, è l’agone lenèo,
non ci son forestieri, né alleati,
niuno è venuto a portare tributi:
siamo noi, tutto fiore di farina;
ché i meteci, già, son come la pula.
Odio assai gli Spartani; e cosí abbatta
Poseidone, il Dio che sede ha in Tènaro,
tutte le case lor con una scossa:
ché recise anche a me furon le viti.
Ma quali accuse, giacché voi presenti
mi siete amici, noi moviamo a Sparta?
Certi dei nostri — la città non dico,
badate bene, la città non dico —
ma dei poco di buono, della gente
da conio, senza onor, tristi, bollati,
andavano a spiar sotto i mantelli
dei Megaresi; e appena ci vedevano
un porcello, un cocomero, un leprotto,
un capo d’aglio, un pizzico di sale,
tutto era di Megara, e si vendeva
su due piedi. Ma queste erano inezie
paesane. Dei giovani briachi,
dopo il còttabo, andarono a Megara
a rapir Cammina, la bagascia.
Inaspriti per l’ira, i Megaresi
rapirono a lor volta due baldracche
d’Aspasia. Onde la guerra fra gli Ellèni
principio ebbe da qui: da tre sgualdrine.
Nell’ira balenò Pericle olimpio,
tuonò, sconvolse tutta quanta l’Eliade,
ed emanò decreti-canzonette,
«che né in paese sopportar si deve
«né in piazza il Megarese, né per mare
’ ni per terra». — Ma quando, a poco a poco,
patirono la fame, i Megaresi
si rivolsero a Sparta, onde il decreto —
quello delle bagasce — avesse revoca.
Noi rifiutammo, sordi alle preghiere;
e il fragor degli scudi si levò.
Uno può dir: Non si doveva! — Ebbene,
che si doveva? — Se pirateggiando
uno Spartano avesse a quei di Sèrifo
rubato un cuccio, chi di voi sarebbe
rimasto in casa? Eh via, ci corre! Súbito,
trecento navi trascinate avreste
in mare, e la città sarebbe stata
piena di rumorio d’armi, di strilli,
di trierarchi, di paghe saldate,
di Palladi indorati, di frastuono
nei portici, di sacchi di frumento
distribuito, di corregge, d’agli,
di compratori d’otri, di cipolle
nelle reti, d’ulive, di corone,
d’acciughe, flautiste ed occhi pesti.
E poi, nel porto, apparecchiar di remi,
picchiar di chiodi, trapanio di buchi,
comandi a suon di flauto, e strida e zufoli! —
Ciò fatto avreste, il so. Né lo doveva
Telefo anch’egli fare? Ah, siete folli!
primo semicoro
Si, matricolatissimo birbante?
Tu, vii pitocco, ce ne dici tante,
e insulti poi, se uno è sicofante?
secondo semicoro
Quanto, pel Dio del mar, disse, da cima
a fondo è giusto, e in nulla c’ingannò!
primo semicoro
S’aveva a dir per questo? Ma fa’ stima
che l’ardir tuo non ti farà buon prò’.
Si precipitano su Diceopoli.
secondo semicoro
opponendosi.
Ehi, dove corri? Vuoi fermarti? Prima
che lo picchi, con te m’azzufferò.
primo semicoro
gridando.
O Lamaco, sguardo di folgore,
tu amico, tu d una tribú,
accorri, scuotendo la Gòrgóne
dell’elmo, soccorrimi tu!
Accorrà, se v’è condottiere,
soldato od escubia, a soccorrermi!
Ma presto! ch’io son per cadere!
Entra precipitosamente Lamaco: è carico d armi, imbraccia uno scudo su
cni è rappresentata una spaventosa testa di Medusa, e ha sul capo un elmo
terribilmente impennacchiato.
lamaco
con voce e piglio da spaccamonti.
Donde mi giunse un bellicoso grido?
Dove accorrer bisogna, e far tumulto?
Chi dal fodero suo destò la Gòrgóne?
diceopoli
Lamaco eroe, che ciuffi e che pennacchi!
primo semicoro
Oh Lamaco, quest’uom non dice corna
di tutta la città nostra, da un pezzo?
lamaco
Un pitocco tuo pari ardisce tanto?
diceopoli
Lamaco eroe, perdona se un pitocco
ardi parlare, e troppo usò la lingua.
lamaco
Che hai detto contro noi? Di’!
diceopoli
Non lo so
piú! L’armi tue mi danno il capogiro!
Levami un po’, ti prego, quel babàu!
lamaco
togliendosi l’elmo.
Ecco fatto.
diceopoli
Ora ponilo supino.
lamaco
Ecco.
diceopoli
Ora dammi la penna dell’elmo.
lamaco
Ecco la penna.
diceopoli
E reggimi un po’ il capo,
che vomiti: i pennacchi mi fan recere.
Si stuzzica la gola con la penna.
lamaco
Birbo, che fai? Per recere, ti stuzzichi
con la piuma?
diceopoli
È una piuma? Di che uccello,
me lo sai dire? Di spacconio, forse?
lamaco
feroce
Povera la tua pelle!
diceopoli
Fermo, Lamaco!
Qui la forza non vai. Se mano hai salda,
perchè non me lo meni? Armato sei!
lamaco
cosí, pitocco, al generai favelli?
diceopoli
Chi? io pitocco?
lamaco
E no, chi sei?
diceopoli
Chi? Un bravo
cittadin, che non dà caccia alle cariche.
E io, da che ce guerra,’ ho preso l’armi,
e tu, da che c’è guerra, hai preso il soldo!
lamaco
Ma se m" han dato il voto!
diceopoli
Tre cuccu!
Io l’ho fatta la tregua, stomacato
di vedere i canuti tra le file,
e i giovinotti, al par di te sbuccioni,
parte in Tracia buscar tre dramme al giorno,
i Tisamensoffioni, i Birbippàrchidi,
altri presso Beltempo, altri in Culonia,
e i Geretodiosbruffi, i Diospacconi,
e questi in Camarilla, e quelli in Gela
e in Catagela.
lamaco
Oh se m’han dato il voto!
diceopoli
E come va, che di riffe o di raffe,
voi tirate la paga sempre, e mai
nessuno di costoro?
Accenna ai coreuti, poi si rivolge specialmente ad uno.
Oh di’, Bracino,
tu che le chiome hai bianche, in ambasciata
ci sei mai stato? — Nega. — Eppure è saggio,
lavoratore! — E Leccio? E Carbonello?
E Buonaspalla? — Ha visto alcun di voi
Ecbàtana, i CaonJ? Tutti negano!
Lamaco ed il figliuolo di Cesira
li han visti, a cui, per le collette e i debiti,
gli amici, come chi verso il tramonto
gitta l’acqua, dicevano: Alla larga!
lamaco
Si può ciò tollerare, o democratici?
diceopoli
No, se la paga non tirasse Lamaco!
lamaco
Eternamente coi Peloponnési
io combattere voglio in ogni sito,
per terra e mare li voglio disfatti.
diceopoli
Io Beoti e Spartani e Megaresi
nel mio mercato a esporre merci invito,
a comperare; e Lamaco si gratti.
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