Abrakadabra/Il dramma storico/VII
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CAPITOLO VII.
L'uomo alato di Fourrier.
Mentre Rousseau usciva dall’emiciclo, entravano dalla porta Orientale tre nuovi personaggi, i quali dopo breve ricambio di saluti, sedettero presso Raspail. Erano tre primati del dipartimento francese: Virey, Michelet e Fourrier, celebri innovatori o piuttosto trasformatori della scienza zoologica.
Michelet era seguito da due magnifiche tigri, sommesse e docili come cani di Terranuova. Le due fiere dell’africano deserto, ammansate da quella forza simpatico— magnetica che Dio ha dato all’uomo quando lo istituì signore del creato, si sdraiarono sul pavimento facendo sgabello del dorso ai piedi del potente domatore. Alla vista delle ammirabili belve, quanti sedevano nell’emiciclo si alzarono mandando un grido di sorpresa. Da oltre dieci anni, i leoni, le iene, gli orsi ed altri animali, che ai tempi andati si chiamavano feroci, soggiogati dal magnetismo e raddolciti dalla educazione, viveano famigliarmente coll’uomo. La sola tigre avea resistito alla potenza dell’elettrico animale, sfidando il coraggio e l’imperiosa volontà dei più temerari. Immaginate la meraviglia dei circostanti in vedere lo scienziato distendere sbadatamente le gambe sui cuscini della pelle contratta, e solleticare colla punta dello stivaletto gli irti mustacchi della belva!
Se non che, a scemare l’impressione terribile di quella scena, un altro fatto meno sorprendente, perché constatato da altre esperienze, ma sempre interessante e giocondo, distrasse l’attenzione dei curiosi. Un centinaio di augelletti d’ogni specie e d’ogni colore aveano invasa la sala, e svolazzavano dai capitelli alle cornici, dai ventilatori ai lampadari, cinguettando festosamente. Fourrier levò lo sguardo, e sorrise coll’espressione di chi risponde ad un cortese saluto con animo profondamente addolorato. Poi trasse dalla bisaccia una elegante scatoletta ripiena di semi odorosi — e gli augelletti a discendere tosto, beccare il loro granello, e di nuovo sparpagliarsi nelle regioni più elevate.
Sulla fronte dello scienziato era una nube di tristezza. Raspail se ne avvide, gli stese la mano, e coll’affetto dello sguardo gli chiese il segreto de’ suoi dolori.
— Il mio dolore non è più un segreto pei miei compagni di viaggio — prese a dire Fourrier coll’accento della più viva commozione, e accennava a Virey e a Michelet. — Pure io ripeterò la confessione, perocché la mia anima ha bisogno di rivelarsi.
Nella sala si fece un silenzio solenne. Gli augelli ristettero e cessarono dal canto.
— Colleghi, amici, fratelli — riprese Fourrier — la scienza genera la superbia, e la superbia genera l’errore. Questa antica sentenza oggi mi ricorre al pensiero nella sua verità più terribile. Seguendo le orme d’un mio illustre antenato, io mi era prefisso di concorrere alla rigenerazione della umana famiglia perfezionando l’organizzazione fisica dell’uomo, facendo violenza alle leggi istesse della natura. Ho consumata la giovinezza in lunghi e pazienti studi, in esperienze terribili, che più volte mi costarono dei rimorsi; ma l’idea fissa, irremovibile, l’idea dominatrice di tutti i miei pensieri era quella di dare all’uomo una nuova facoltà, la facoltà di volare come l’aquila delle Alpi, come il Condoro delle Indie. Io mi ero detto: finché l’uomo non potrà elevarsi negli spazi infiniti dell’aere, solo, per suo proprio impulso, senza dipendere da meccanismi che richieggono il concorso di altri uomini; indipendenza e libertà saranno aspirazioni vane, parole vuote di senso. I palloni aerostatici, i vagoni delle ferrovie, i fili telegrafici, le navi sottomarine, saranno mai sempre subordinati a quel dispotismo sociale, che niuna legge può distruggere. Ove altro non esistesse, rimarrebbe la tirannia del denaro, principio e fomite di schiavitù. — Per compiere il volo di Dedalo, si vorrebbe denaro a provvedere la cera e le piume; ali non si avrebbero senza il soccorso di meccanismi costosi. Non sarà dunque possibile modificare la conformazione fisica dell’uomo in guisa da fargli spuntare in sulle spalle questo nuovo organo, che deve aprirgli le libere vie del firmamento? Nel 1940, proposi il quesito ad una assemblea di scienziati americani, — ed ebbi lo scherno per sola risposta. Due anni dopo, passeggiando nel podere di un industre colono di Strasburgo, questi mi fece notare una magnifica pianta, sulla quale maturavano dieci qualità di frutti differenti, sicché dall’un ramo pendevano le più belle pesche, dall’altro fichi prelibati, qui grappoli d’uva, più in alto pere, e mandorle, e noci; e tutta questa varietà di frutta era cresciuta sullo stesso tronco per effetto di innesto...
— Comprendo, — interruppe Raspail; — l’innesto dei vegetali ti ha suggerito l’idea... di tentare l’ugual prova nei regno animato.
— E l’idea era troppo logica perché io non mi affrettassi a realizzarla; io, che da tanti anni non vagheggiava che una sola speranza al mondo!... Prima di tentare la prova nell’animale ragionevole, feci parecchie esperienze sui bruti, le quali riuscirono a meraviglia. Nell’anno 1945 non restandomi più alcun dubbio sul risultato delle mie operazioni, presi in alloggio una villa a poca distanza da Lima, e quivi, col soccorso di pochi amici e la benedizione di Dio, produssi per la prima volta il grande fenomeno dell’uomo alato. Due gentili bambini, che oggi amo con cuore di padre, sottoposero le tenere membra al ferro incisore... Le lacrime ch’essi versarono in quel giorno doveano essere compensate ad usura dal benefizio della libertà. Incisi le tenere carni all’estremità della scapola, v’innestai prontamente le ali ancora palpitanti di una colomba... Chiusi la cicatrice con cera vergine ed aromi glutinosi. I due bimbi, nutriti di sughi animatori, per tre giorni rimasero in fasce... Nel quarto giorno, al levarsi dei lini, io vidi le ali agitarsi di novella vitalità... Il ramo innestato non poteva deperire... Le due piccole creature, che mi stavano dinanzi, avevano le forme dell’angelo immaginato dai cristiani.
Il tuono di una cannonata interruppe la conversazione di Fourrier. — Era il primo segnale della pioggia. — Due minuti ancora, e le valvole della gran macchina dovevano aprirsi...
Tutti quanti si levarono per uscire dalla sala. Fourrier, dando il braccio a Raspail e seguito dai colleghi, si condusse sulla porta di occidente, proseguendo a narrare la sua istoria...
I quattro scienziati, affacciandosi alla grande apertura che dominava la piazza del Duomo, ristettero meravigliati.
Il terreno, i balconi, le muraglie, i tetti e gli orti superiori delle case erano spariti. Da qualunque parte volgessero lo sguardo, non incontravano che una folta selva di gente.
A un tratto la folla parve agitarsi come l’onda dell’Oceano ai primi soffi della bufera. — Tutte le teste si levarono verso il firmamento, le braccia e le mani accennarono — un milione di cannocchiali si volsero a due corpi bianchi che nuotavano nello spazio con moto discendente.
A quella vista Fourrier non potè trattenere un grido di gioia. — Son dessi! — esclamò lo scienziato. — Le mie creature!... Rondine e Lucarino, i miei figli di adozione!... Oh! mi perdoni il Signore la colpevole diffidenza!
— Miracolo della scienza! — esclamò Raspail seguendo con estatico sguardo i due giovani alati, che calavano rapidamente sovra la maggiore aguglia del Duomo...
— Io non aveva calcolato le ore del riposo — soggiunse Fourrier... — Questa fu la sola causa del loro ritardo!...
— Ma donde vengono essi? Qual fu il loro viaggio? — chiesero ad una voce i circostanti...
— Presero il volo da Filadelfia ieri notte, due ore prima che io partissi coll’aerostata La Hoeu... Ma ecco!... Vedete! han raccolte le ali!... Essi precipitano come due frecce!...
Un grido si levò dalla folla... Poi successe il silenzio terribile dell’ansia repressa... Fourrier con moto involontario appoggiò la mano convulsa sulla spalla dell’amico, e levossi sulla punta dei piedi...
Il terrore fu breve... I due pellegrini dell’aria, dopo una discesa precipitosa di oltre mille metri, improvvisamente distesero le immense ali... e scherzando con leggerissimo volo intorno alla cupola del Duomo, ristettero abbracciati sulla testa dorata della Madonna...
In quel punto il cannone della gran torre diede il secondo segnale, che annunziava l’apertura delle valvole!...