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l’organizzazione fisica dell’uomo, facendo violenza alle leggi istesse della natura. Ho consumata la giovinezza in lunghi e pazienti studi, in esperienze terribili, che più volte mi costarono dei rimorsi; ma l’idea fissa, irremovibile, l’idea dominatrice di tutti i miei pensieri era quella di dare all’uomo una nuova facoltà, la facoltà di volare come l’aquila delle Alpi, come il Condoro delle Indie. Io mi ero detto: finché l’uomo non potrà elevarsi negli spazi infiniti dell’aere, solo, per suo proprio impulso, senza dipendere da meccanismi che richieggono il concorso di altri uomini; indipendenza e libertà saranno aspirazioni vane, parole vuote di senso. I palloni aerostatici, i vagoni delle ferrovie, i fili telegrafici, le navi sottomarine, saranno mai sempre subordinati a quel dispotismo sociale, che niuna legge può distruggere. Ove altro non esistesse, rimarrebbe la tirannia del denaro, principio e fomite di schiavitù. — Per compiere il volo di Dedalo, si vorrebbe denaro a provvedere la cera e le piume; ali non si avrebbero senza il soccorso di meccanismi costosi. Non sarà dunque possibile modificare la conformazione fisica dell’uomo in guisa da fargli spuntare in sulle spalle questo nuovo organo, che deve aprirgli le libere vie del firmamento? Nel 1940, proposi il quesito ad una assemblea di scienziati americani, — ed ebbi lo scherno per sola risposta. Due anni dopo, passeggiando nel podere di un industre colono di Strasburgo, questi mi fece notare una magnifica pianta, sulla quale maturavano dieci qualità di frutti differenti, sicché dall’un ramo pendevano le più belle pesche, dall’altro fichi prelibati, qui grappoli d’uva, più in alto pere, e mandorle, e noci; e tutta questa varietà di frutta era cresciuta sullo stesso tronco per effetto di innesto...

— Comprendo, — interruppe Raspail; — l’innesto dei vegetali ti ha suggerito l’idea... di tentare l’ugual prova nei regno animato.