A cquela fata de la Ssciùzzeri
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A CQUELA FATA DE LA SSCIÙZZERI.[1]
Sce ne so’[2] state cqui de canterine
Da favve[3] tremà in petto la corata;
Ma ddoppo intesa st’angela incarnata,
Nun c’è rrimedio, s’ha da scrive:[4] Fine.
Tiè una vosce ch’è un orgheno: è aggrazziata
Ner gestì, ppiù de diesci bballerine:
Ha ccerte note grosse e ccerte fine,
Ch’una che vve n’arriva è una stoccata.
Disse bbene la fia[5] de Ggiosaffatte
Su in piccionara[6] co’ ppadron Margutto:
Sta donna me va ttutta in zangue e llatte.
E a cchi er zu’ canto je paressi[7] bbrutto,
Bbisoggna ch’er Ziggnore j’abbi[8] fatte
L’orecchie foderate de presciutto.[9]
9 febbraio 1836.
Note
- ↑ Amalia Schütz Oldosi veramente prodigiosa cantatrice, per l’opera I Puritani di Bellini, nel romano teatro di Tordinona.
- ↑ Ce ne sono.
- ↑ Da farvi.
- ↑ Scrivere.
- ↑ La figlia.
- ↑ È il paradis dei Francesi, il lubion de’ Lombardi. [E la piccionaia e il lubbione de’ Toscani.]
- ↑ Paresse.
- ↑ Gli abbia.
- ↑ Vedi Annotazione al verso 14.
Annotazione al verso 14
modifica[Alla stessa Schütz, famosa cantatrice, il Belli indirizzò anche questo sonetto italiano, che ho trovato tra le sue carte:
Spirto celeste sotto umane spoglie,
Che verso il ciel dove albergasti pria
Le nostro alme ti traggi in compagnia,
E il ciel per tua virtù s’apre e le accoglie,
Deh al volgo non badar, se il labbro scioglie,
Vano o scortese, a biasmo o villania.
Lascialo in terra ov’è. Stolta genia
Non dà fama nel mondo e non la toglie.
Basti il senno miglior ch’è di te preso.
Tu dall’altezza tua gli altri dispetta,
Caro sorriso dell’eterno Amore.
Il Sol così, da rei selvaggi offeso,
Sui lor capi trapassa, e fa vendetta
Con torrenti di vampe e di splendore.[1]
Note
- ↑ È noto il costume di alcuni barbari della zona torrida, che maledicono e saettano il Sole.]