Prose (Foscolo)/I - Scritti vari dal 1796 al 1798/III. Saggio dei processi verbali compilati da Ugo Foscolo

III. Saggio dei processi verbali compilati da Ugo Foscolo

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III. Saggio dei processi verbali compilati da Ugo Foscolo
I - Scritti vari dal 1796 al 1798 - II. Risposta all'articolo contro il Quadro politico di Melchior Gioia I - Scritti vari dal 1796 al 1798 - IV. Articoli vari pubblicati nel Monitore italiano

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III

Saggio dei processi verbali compilati da Ugo Foscolo, come segretario redattore addetto alle sessioni dell’assemblea della repubblica cisalpina

[gennaio - febbraio 1798]


[I n.° 1, firmato per intero dal F., dal Monitore italiano, n.° 9, 17 piovoso, anno vi, 5 febbraio 1798; gli altri numeri, in cui del F. sono soltanto le chiose, rispettivamente dai numeri 12 (11 febbraio), 13 (13 febbraio), 14 (15 febbraio), 16 (19 febbraio), 17 (21 febbraio) del medesimo giornale.]

I

Consiglio de’ seniori — Sessione ii piovoso
Presidente Becalossi
.

[31 gennaio]

Il Consiglio ha trasferito le sue sessioni in Canonica: è ammesso il cittadino Giovanelli al giuramento, e prende posto fra i rappresentanti.

Strigelli fa mozione che, fermo il giá adottato nel piano di polizia, per cui i membri delle commissioni devono essere eletti per iscrutinio secreto, sia nondimeno autorizzato il burò a farne l’elezione, previo l’assenso del Consiglio.

Nani, appoggiato da Somaglia, osserva che, trattandosi di affare di lieve importanza, il Consiglio può sull’istante deliberare che si nomini la commissione dal burò del presidente. Un atto facoltativo non può ridursi giammai a una regola, tanto piú che un articolo costituzionale autorizza i Consigli a nominare le commissioni tra i loro membri. Sulla mozione Strigelli si passi all’ordine del giorno. (Preso).

Melancini propone una commissione di tre membri, la quale presenti un rapporto intorno al circondario, entro di cui il Consiglio debba avere il diritto di polizia, a norma dell’articolo 62 della costituzione. (Preso). [p. 10 modifica]

Sono in séguito nominati dal burò a formare la commissione i cittadini Aldini, Nani e Zanca.

Dietro invito del presidente si passa per iscrutinio secreto all’elezione della commissione che deve esaminare i requisiti degli ex-veneti che richiedono la cittadinanza, e sono eletti Formiggini, Marliani, Aldini.

Somaglia. La vostra commissione destinata all’esame dell’opuscolo intitolato Osservazioni d’un cittadino al corpo legislativo cisalpino della finanza s’è occupata ad analizzare la realtá e l’importanza de’ fatti e de’ calcoli esposti, e a rintracciar, fra l’ammasso di tante cose o non utili o per avventura men vere, alcuna veritá applicabile alle circostanze della repubblica.

Nulla di veracemente importante vi si scorge se non se l’idea opportuna di scegliere, fra i tributi introdotti in Francia sulle tasse mobiliari, sulla carta bollata, sui contratti, sulle patenti delle arti e de’ traffici, ecc., quelli che men pesanti si fossero di alcuni de’ tributi attuali. Ciò presenta un giusto e non difficile mezzo di sollevare l’utile classe de’ poveri, ripartendo l’aggravio maggiore sui cittadini piú facoltosi, che potranno piú agevolmente contribuire ai necessari dispendi della repubblica e ridurre anche in tal modo utili le loro ricchezze alla societá.

E, sebbene di comune notizia sieno le riflessioni poste all’appendice della sessione quarta, con cui chiude l’opuscolo, raccolte però, come sono, sotto un solo punto di vista, formano il principale ornamento dell’opera, e sono tali da restar impresse nella mente de’ legislatori di tutti i popoli.

Ma, non essendo del nostro Consiglio l’iniziativa sopra di ciò che v’ha d’utile in questo libro, e stando noi in attenzione degli esatti schiarimenti del Direttorio sulla finanza della repubblica, la commissione vi invita a passare su quest’opera all’ordine del giorno. (Approvato).

Si scioglie la sessione e si passa a comitato secreto.

Se pure le somme ricchezze potranno ritorcersi mai a vantaggio d’una societá che ha una democratica costituzione, sino a che la repubblica avrá molti che hanno bisogno di esser corrotti e pochi che possedono i mezzi di corrompere, la libertá non sará che un nome. Noi, prima d’essere cittadini, siam uomini; i bisogni di natura, che sono altrettanti doveri, traggono l’artigiano, l’agricoltore e il domestico ad una superstiziosa ubbidienza verso il ricco che gli somministra il pane. D’altronde, l’amor proprio, principale passione dell’uomo, l’amor del potere, principale passione del forte, il rancore della perduta possanza, ferocissima passione degli ottimati, useranno dell’oro [p. 11 modifica] per comprare la libertá del popolo. Giá il lusso, la libidine, il despotismo.... Legislatori! badate che le tacite trame degli opulenti non vi balzino da quel seggio, ove rappresentate una regione costretta a comprare colle proprie sostanze una libertá, che calò dall’Alpi accompagnata dalle desolazioni e dal terror della guerra, e seguita dall’orgogliosa aviditá della conquista: una nazione, la quale, colpa forse de’ tempi, non per anco ha partecipato dei beni della libertá. Legislatori! mentre voi ritardate il rimedio, il male cresce in ragion progressiva: l’onnipotenza dei sacerdoti, l’ambizione dei grandi, l’avarizia del ministero, l’attaccamento alle antiche abitudini, la miseria del popolo, tutto congiura al soqquadro d’una troppo nuova costituzione. «Le ricchezze e la povertá sono le piú antiche e mortali infermitá delle repubbliche» (Plutarco, in Licurgo).

Foscolo.


II

Consiglio de’ seniori - Sessione del 17 piovoso.

[6 febbraio]

Formiggini... D’altronde io son d’avviso che, se il prospetto [dei conti] esibito dal ministro della guerra si appoggia a dati certi, è indispensabile che non si differisca l’approvazione del inensuale assegno.

È fama che Catone il censore dicesse al senato di Roma: «Imponete al questore e a’ suoi dipendenti di presentarci di frequente il rendimento de’ conti. Quanto piú si permette la dilazione, tanto piú cresce la brama e l’occasione di defraudare la repubblica, colla speme di nascondere il defraudo nell’immenso inviluppo dell’azienda». Legislatori! non isdegnate di ripetere a voi stessi le massime del senatore romano.

Tomini... Badate, cittadini rappresentanti, che la frequenza omai troppa di comitati segreti sparge qualche diffidenza nel popolo.

«E negli ultimi anni, quando era mente de’ cittadini piú ricchi e superbi la clausura del maior Conseglio, non piú si [p. 12 modifica] disputavano li negozi comuni alla presenzia del popolo, ma ciò che era di ragione universale i pochissimi deliberavano clandestinamente. Tanta arroganzia dispiacque ai plurimi, e giá i piú saldi cittadini volevano con la mano domare questi piú ricchi: sennonché il popolo era facto inerte e non estimava la cognizione delli negozi suoi. Preludio fu questo del prossimo servaggio, che pur vergognosamente venne; e non era tal danno reparabile» (Sanuto seniore, in Cronica septima delle cose veneziane). Cittadino Toniini! felice la repubblica, se il popolo diffidasse de’ propri rappresentanti! Fatto sta che i piú ancora dormono. E se pure il terror della guerra e il totale soqquadro delle cose gli ha svegliati, sono ancor sonnacchiosi,

come persona che per forza è desta.

Quindi è ch’io temo del preludio del Sanuto.

III

Consiglio de’ seniori - Sessione del 18 piovoso.

[7 febbraio]

Tomini... Il cittadino assoldato non è vera guardia nazionale, e non è giá il miglior servizio che vien pagato coll’oro.

«Colui che ti difende mercanteggiando la sua libertá e la sua vita per dieci danari, ti tradirá per quindici» (Machiavelli). — Cittadini legislatori! sino che voi stabilirete, non come glorioso dovere il difender la patria, ma come una speculazione venale, voi non avrete che de’ pretoriani o de’ schiavi: sino che il ricco potrá col danaro esentarsi dalla fatica; sino che il povero dovrá trafficare vilmente se stesso, facendo ciocché il ricco sdegna di fare; sino..., voi insensibilmente consegnarete la repubblica in mano de’ Luculli cisalpini, che sapranno occuparla, pagando degli uomini avvezzi ad essere comprati. [p. 13 modifica]

IV

Consiglio de’ seniori - Continua la sessione del 18 piovoso.

[7 febbraio]

Turchi. — La comune di Rimino si è di presente trovata nella necessitá non solo di imporre su tutte le corporazioni ecclesiastiche, ma ben anche su tutti i cittadini un’anticipazione di sei mesi per mantenimento delle truppe cisalpine, colá mandate senza cassa, senza provigioni e foraggi e senza commissari.

Ciò che asserisce il cittadino Turchi è egli vero? e, se è pur vero, i ministri del potere esecutivo restano ancora impuniti? Puffendorff ci presenta nella Storia della Svezia sí terribili esempi. I monarchi mandavano dalla capitale le orde de’ loro satelliti, che, privi di vesti e di pane, erano astretti a procacciarseli colla spada ne’ paesi dov’essi erano nati, e donde sortivano per difendere un imbecille o per cingere d’allori insanguinati le teste de’ despoti. Ma questi delitti sono odiati persino dai re; non perché i re abborrano le scelleraggini, ma perché scelleraggini di tal fatta non servono che a procacciarsi l’odio dei popoli. E si dovranno soffrire da un popolo libero? E le cittá, che formano parte integrale della repubblica, dovranno essere esposte al sacco delle legioni, o ammutinate, o sedotte, o astrette dalla necessitá a trattare ostilmente la loro patria? Se in ciò non vi fosse che errore, l’ignoranza stessa dovrebbe essere punita di morte. Legislatori! io vi parlo colla franchezza dell’uomo libero, che ha consacrato i suoi giorni alla veritá: o togliete gli arbitri, o scendete da quel seggio, ove rappresentate una nazione oppressa e delusa da’ suoi stessi ministri. Se il danno ricade sul popolo, la vergogna si ritorce tutta su voi. Se voi non chiedete esatto conto dell’operazioni del Direttorio esecutivo; se nol censurate ove ha mancato al proprio dovere; se nol mettete in istato di accusa, ove o per inganno o per malizia ha abusato della sua autoritá; se al ministro della guerra non si chiede il rendimento dei conti; se non è riordinata la finanza, massime colla dimissione di que’ ministri, che per [p. 14 modifica] proprio interesse tramano forse di deludere le vostre leggi; se la polizia non usa d’un braccio robusto, pari a quello della romana censura; se ad alcuni commissari del potere esecutivo, che sono ornai fatti altrettanti Verri, non s’impone di rigurgitare ciò che hanno divorato ai dipartimenti; se la legge non costituisce «infami» i malversatori del pubblico erario; se la milizia non è subordinata alla costituzione: legislatori! la repubblica crolla; e le sue rovine saranno eterno monumento della vostra ignoranza e terribile esempio ai popoli, i quali tremeranno di redimersi a una libertá peggiore della schiavitú.

V

Sessione del 21 piovoso.

[10 febbraio]

Si legge risoluzione del Gran Consiglio, che accorda per urgenza la dimissione ai rappresentanti Ettore Martinengo e Leopoldo Cicognara, nominati ministri della repubblica, l’uno a Napoli, l’altro a Torino.

E’ pare che il Direttorio cisalpino abbia adottato il sistema del senato di Venezia nell’inviare ambasciadori i personaggi d’illustri e di ricche famiglie. Coprivano gli oligarchi quest’arbitrio col pretesto che, per sostenere dignitosamente la rappresentanza, erano necessari nomi giá conosciuti e famiglie che potessero versare le proprie sostanze. Il fatto scopriva la falsitá del pretesto, perché i ministri, di qualunque ordine si fossero, Spatriavano sempre piú ricchi che prima. Calcolata la somma che la repubblica dá per indennizzazione ad un ministro, egli è evidente che un uomo anche non ricco potrebbe mantenersi decorosamente. D’altronde egli è forse d’uopo che i ministri democratici si presentino ai re con lo sfarzo de’ satrapi e colla corruzione de’ Luculli? Aggiungi che i piú ricchi, appartenenti ad illustri famiglie, non sono i piú illuminati e i piú saggi, e, quel che è piú, non sono i piú caldi propugnatori della sovranitá popolare. Perché dunque conformarsi a tale sistema? Forse privati interessi e forza d’antiche abitudini hanno diretto [p. 15 modifica] queste prime elezioni. Tuttavolta i veneti aveano l’avvedutezza di presidiare gli ambasciatori con degli esperti segretari di legazione. È incerto se il Direttorio abbia profittato di questo utile mezzo.

VI

Consiglio de’ seniori - Sessione del 24 piovoso.

[13 febbraio]

Ongaroni... Col l’accordare la libera delazione dell’armi, si renderá anzi piú facile l’attentare alla vita de’ cittadini.

Ciò è falso, perché i scellerati, che attentano contro la vita de’ cittadini, non attendono di essere autorizzati dalla legge a portare liberamente il pugnale: falso, perché l’onesto cittadino, atterrito della pena di tre mesi di carcere contro i delatori d’arme, s’espone inerme al furore dell’assassino, che, avvezzo al delitto, non cura l’infamia e l’afflizione di una pena sì tenue, poiché l’interesse del malfattore è maggiore del castigo che gli si minaccia: falso, perché coloro che s’armano contro la vita e la proprietá de’ cittadini, nella certezza che la legge vieta le armi, corrono piú sicuramente al misfatto; mentre piú cauti sarebbero, sapendo che ognuno ha i mezzi di difesa e di resistenza. Ma il rigettare l’urgenza di questa risoluzione non è soltanto un delitto contro la sicurezza individuale, ma una violazione solenne de’ principi generali. O il portar l’armi ridonda in utilitá universale; e perché non si accorda? O ridonda in danno; e perché si accorda a chi ha piú danaro? Hanno forse i magistrati di un popolo libero i vizi degli oppressori di un volgo che applaudiva per terrore ai tiranni, quando si comprava il delitto, quando l’oro bilanciava i misfatti, quando il nobile poteva impunemente commettere quelle colpe che il povero scontava sopra il patibolo? Rappresentanti seniori! tutte le volte che voi vorrete rigettare una legge perché non vi sembra perfetta, rammentatevi le parole che Solone ripeteva agli indocili ateniesi: «Non vi attendete da un legislatore ottime [p. 16 modifica] leggi. Un uomo, che dètta a uomini, non giungerá alla perfezione giammai. Io cerco il migliore, e il piú delle volte vi propongo un cattivo rimedio per isfuggire un pessimo danno» (Plato, in Repubblica).

Buttarini... L’oggetto dell’urgenza è di togliere queste ineguaglianze, degne solo dei governi tirannici, ove il popolo è costretto a baciare il flagello de’ ricchi e de’ nobili, perché costoro, onnipotenti per le loro dovizie, violano le leggi, corrompono i magistrati, vantano scelleraggini, che per contratto comprano dal governo.

«Il genio di libertá chiede vittime, e le prime sagrificate deon essere le teste de’ piú potenti. Ov’è ricchezza è vizio, ove è vizio è schiavitú». Cosí dicea Robespierre alla Convenzione nazionale. Io, piú moderato, vi dirò: — Se non volete opprimere i nobili, togliete almeno loro quei mezzi co’ quali essi potrebbero opprimere la repubblica.

VII

Consiglio de’ seniori - sessione del 26 piovoso.

[15 febbraio]

Si legge un altro messaggio del Direttorio, che dá notizia della sommossa seguita in Mantova tra le truppe francesi, che hanno esatto violentemente da quella comune la somma di 400.000 franchi.

«E piú volte le romane legioni, gettando le insegne, maladivano la patria e saccheggiavano le cittá federate: né ciò a torto, poiché gl’imperatori, dilapidando l’erario, abbandonavano le truppe alla fame ed alla disperazione. Aggiungasi l’avarizia de’ capitani, che, per arricchir se medesimi, invitavano la soldatesca all’ammutinamento, facendo poscia morire i capi, onde scolparsi dalla taccia che si meritavano. Ma ciò non avveniva ai tempi di vera libertá. Per maggior nostra vergogna Roma serba il nome ancora di ‘repubblica’ infamandosi coi delitti dei re» (Tacito, Ann., lib. xiii).