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Le      Georgiche    di Publio Virgilio Marone (I secolo a.C.), traduzione dal latino di Clemente Bondi (1801), sono un poema in versi esametri diviso in quattro libri, dedicati rispettivamente al lavoro nei campi, all’arboricoltura, all’allevamento del bestiame e all’apicoltura. Leggi la voce su Wikipedia.

Ciò che più pingui e floride le messi
Renda, e in quale stagion romper la terra,
E a l’olmo giovi maritar la vite;
Qual cura aver de’ buoi, qual de la greggia
Debbasi, e quanta esperienza ed arte
Chieggian l’api frugali, augusta Bice,
Io qui prendo a cantar. O voi, del mondo
Astri lucenti, che il volubil anno
Guidate in cielo con alterno giro,
Voi Bacco, ed alma Cerere, per cui
Cangiò la terra le Caonie ghiande
In pingui spiche, e d’Acheloo le tazze
Empì de l’uve il nettare scoperto,
Voi, de’ coloni tutelari numi,
Driadi e Fauni or qua volgete il piede,
Ch’io canto i vostri doni...


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Vittorio Alfieri, Del principe e delle lettere

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