Orlando furioso (sec. la stampa 1532)/Canto 31

Canto 31

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Canto 30 Canto 32

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CANTO XXXI



[1]

C
He dolce piuch piū giocondo ſtato

     Saria di quel d’un amoroſo core?
     Che viuer piū felice e piū beato
     Che ritrouarſi in ſeruitu d’Amore?
     Se non foſſe l’huom ſempre ſtimulato
     Da quel ſoſpetto rio, da quel timore:
     Da quel martir, da quella ſreneſia,
     Da quella rabbia detta geloſia.

[2]
Perho ch’ogni altro amaro che ſi pone
     Tra queſta ſoauiſſima dolcezza,
     E vn augumento, vna perfezione:
     Et e vn condurre Amore a piū ſinezza
     l’acque parer fa ſaporite e buone
     La ſete, e il cibo pel digiun s’apprezza
     Non conoſce la pace, e non l’eſtima
     Chi prouato non ha la guerra prima,

[3]
Se ben nò veggon gliocchi ciò che vede
     Ognhora il core, in pace ſi ſopporta:
     Lo ſtar lontano, poi quando ſi riede
     Quanto piū lungo ſu, piū riconforta:
     Lo ſtare in ſeruitu ſenza mercede
     (Pur che nò reſti la ſperanza morta)
     Patir ſi può, che premio al ben ſeruire
     Pur viene al ſin, ſé ben tarda a venire.

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[4]
Gli ſdegni, le repulſe, e ſinalmente
     Tutti i martir d’Amor, tutte le pene,
     Fan per lor rimembranza, che ſi ſente
     Co miglior guſto vn piacer qusdoviene
     Ma ſé P inſernal peſte vna egra mente
     Auuien ch’infetti, ammorbi, & auelene:
     Se ben ſegue poi feſta & allegrezza
     Non la cura l’amante e nò l’apprezza.

[5]
Queſta e la cruda e auelenata piaga
     A cui non vai liquor, nò vale impiaſtro,
     Ne murmure, ne imagine di Saga
     Ne vai lungo oſſeruar di benigno aſtro,
     Ne quanta eſperientia d’arte maga
     Fece mai l’inuentor ſuo Zoroaſtro:
     Piaga crudel che fopra ogni dolore
     Conduce Phuom che diſperato muore.

[6]
O incurabil piaga che nel petto
     D’ un amator ſi facile s’ imprime:
     Non men per falſo che per ver ſoſpetto:
     Piaga che Phuom ſi crudelmete opprime
     Che la ragion gli offuſca e l’intelletto:
     Et lo tra ſuor de le ſembianze prime,
     O iniqua Geloſia, che coſi a torto
     Leuaſti a Bradamate ogni conſorto.

[7]
Non di qſto ch’Hippalca e che’l fratello
     Le hauea nel core amaraméte impreſſo,
     Ma dico d’ uno annuntio crudo e fello
     Che le ſu dato pochi giorni appreſſo,
     Queſto era nulla a paragon di quello
     Ch’ io vi diro, ma dopo alcun digreſſo:
     Di Rinaldo ho da dir primieramente
     Che ver Parigi vien con la ſua genio.

[8]
Scontraro il di ſeguente in ver la ſera
     Vn cauallier e’ hauea vna donna al ſisco:
     Con ſcudo e fopraueſta tutta nera
     Se nò che p trauerſo ha vn ſregio biaco,
     Sfido alla gioſtra Ricciardetto, ch’era
     DinSzi, e viſta hauea di guerrier ſranco,
     E quel che mai neſſun ricuſar volſe
     Giro la briglia, e ſpatio a correr tolſe.

[9]
Senza dir’ altro, o piú notitia darſi
     De l’effer lor, ſi vengono all’incontro:
     Rinaldo e glialtri cauallier fermarſi
     Per veder come ſeguiria lo ſcótro:
     Toſto coſtui per terra ha da verfarfí
     Se í luogo fermo a mio modo lo incótro
     Dicea tra ſé medeſmo Ricciardetto
     Ma contrario al pender ſegui P effetto.

[10]
Perho che lui ſotto la viſta oſſeſe
     Di tanto colpo il caualliero iſtrano
     Che Io leuo di fella, e lo diſtefe
     Piú di due lance al ſuo deſtier lontano:
     Di vendicarlo incontinente preſe
     l’aſſunto Alardo, e ritrouoſſi al piano
     Stordito e male acconcio, ſi ſu crudo
     Lo ſcontro ſier, che gli ſpezzo lo ſcudo.

[11]
Guicciardo pone incontinente in reſta
     L’haſta che vede i duo germani in terra,
     Benché Rinaldo gridi reſta reſta
     Che mia conuien che ſia la terza guerra:
     Ma l’elmo achor no ha allacciato in teſta
     Si che Guicciardo al corſo ſi diſſerra:
     Ne piú de glialtri ſi ſeppe tenere,
     E ritrouoſſi ſubito a giacere.

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[12]
Vuol Ricciardo, Viuiano, e Malagigi,
     E l’un prima de l’altro eſſere in gioſtra,
     Ma Rinaldo pon ſine a i lor litigi
     Ch’ inanzi a tutti armato ſi dimoſtra:
     Dicendo loro e tempo ire a Parigi
     E faria troppo la tardanza noſtra
     S’io voleſſe aſpettar ſin che ciaſcuno
     Di voi, foſſe abbattuto ad vno ad vno.

[13]
Diſſel tra ſé, ma non che foſſe inteſo
     Che faria ſtato a glialtri Igiuria e ſcorno
     l’uo e l’altro del campo hauea giá preſo
     E ſi faceano incontra aſpro ritorno:
     Non ſu Rinaldo per terra diſtefo
     Che valea tutti glialtri e’ hauea intorno:
     Le lance ſi fiaccar come di vetro:
     Ne i cauallier ſi piegar oncia a dietro.

[14]
L’uno e l’altro cauallo in guiſa vrtoſſe
     Che gli ſu ſorza in terra a por le groppe,
     Baiardo immantinente ridrizzoſſe
     Tanto ch’a pena il correre interroppe,
     Siniſtramente ſi l’altro percoſſe
     Che la ſpalla e la ſchena inſieme roppe:
     Il cauallier che’l deſtrier morto vede
     Laſcia le ſtaffe, & e ſubito in piede.

[15]
Et al figlio d’Amon, che giá riuolto
     Tornaua a lui con la man vota, diſſe
     Signore il buon deſtrier ch tu m’hai tolto
     Perche caro mi ſu mentre che viſſe,
     Mi faria vſcir del mio debito molto
     Se coli inuendicato ſi moriſſe,
     Si che vientene e fa ciò che tu puoi
     Perche battaglia eſſer conuien tra noi.

[16]
Diſſe Rinaldo a lui, fe’l deſtrier morto
     E non altro ci de porre a battaglia,
     Vn de miei ti darò, piglia conſorto
     Che men de’l tuo no crederò chevaglia:
     Colui ſoggiunſe, tu fei mal’accorto
     Se creder vuoi ch d’u deſtrier mi caglia,
     Ma poi che nò cOprendi ciò ch’io voglio
     Ti ſpieghero piú chiaramente il ſoglio.

[17]
Vo dir che mi parria cómetter fallo
     Se con la ſpada non ti prouaſſi ancho,
     E non ſapeſſi s’ in queſt’ altro ballo
     Tu mi ſia pari, o ſé piú vali o manco:
     Come ti piace, o ſcendi, o ſta a cauallo,
     Pur che le man tu non ti tegna al ſianco:
     Io ſon contento ogni vantaggio darti
     Tanto alla ſpada bramo di prouarti.

[18]
Rinaldo molto non lo tenne in lunga
     E diſſe la battaglia ti prometto:
     E perche tu ſia ardito, e non ti punga
     Di queſti e’ ho d’intorno alcun ſoſpetto:
     Andranno inazi ſin ch’io gli raggiunga
     Ne meco reſtera ſuor ch’un valletto:
     Che mi tenga il cauallo, e coſi diſſe
     Alla ſua compagnia che ſé ne giſſe.

[19]
La corteſia del Paladin gagliardo
     Commendo molto il caualliero eſtrano:
     Smonto Rinaldo, e del deſtrier Baiardo
     Diede al valletto le redine in mano,
     E poi che piú non vede il ſuo ſtendardo
     (Ilqual di lungo ſpatio e giá lontano)
     Lo ſcudo ibraccia, e ſtringe il brado fiero
     E sfida alla battaglia il caualliero.

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[20]
E quiui s’ incomincia vna battaglia
     Di ch’altra mai non ſu piú ſiera in viltá,
     Non crede l’un che tanto l’altro vaglia
     Che troppo lungamente gli refiſta,
     Ma poi che’l paragon bè gli ragguaglia
     Ne l’un de l’altro piú s’allegra o attriſta
     Pongon P orgoglio & il furor da parte:
     Et al vantaggio loro vfano ogn’arte.

[21]
S’ odon lor colpi diſpietati e crudi
     Intorno rimbóbar con ſuono horrendo:
     Hora i canti leuando a groſſi feudi
     Schiodado hor piaſtre, e qn maglie apndo
     Ne qui biſogna tato che ſi ſtudi
     A ben ferir, quanto a parar, volendo
     Star l’uno a l’altro par,» ch’eterno danno
     Lor può caufar il primo error ch fanno.

[22]
Duro P aſſalto vn’ hora: e piú che’l mezo
     D’ un’altra, & era il Sol giá ſotto l’onde:
     Et era ſparfo il tenebroſo rezo
     De l’orizon fin’ all’eſtreme ſponde,
     Ne ripoſato o fatto altro intermezo
     Haueano alle percoſſe ſuribonde
     Queſti guerrier, che non ira o rancore
     Ma tratto all’arme hauea diſio d’honore.

[23]
Riuolue tuttauia tra ſé Rinaldo
     Chi ſia l’eſtrano cauallier ſi ſorte:
     Che non pur gli Ita contra ardito e ſaldo
     Ma ſpeffo il mena a riſco de la morte,
     E giá tanto trauaglio, e tanto caldo
     Gli ha poſto, che del ſin dubita ſorte:
     E volentier, ſé con ſuo honor potefle,
     Vorria che quella pugna rimanene.

[24]
Da l’altra parte il cauallier eſtrano
     Che ſimilmente non hauea notitia
     Che quel foſſe il Signor di Montalbano
     Quel ſi famoſo in tutta la militia,
     Che gli hauea incótra co la ſpada i mano
     Condotto coſi poca nimicitia,
     Era certo che d’huom di piú eccellenza
     Non poteſſon dar l’arme eſperienza.

[25]
Vorrebbe de P impreſa eſſer digiuno
     C hauea di vendicare il ſuo cauallo,
     E ſé poteſſe ſenza biaſmo alcuno
     Si trarria ſuor del periglioſo ballo:
     Il mondo era giá tanto oſcuro e bruno
     Che tutti i colpi quali iuano in fallo,
     Poco ferire, e men parar ſapeano
     Ch’ apena in man le ſpade ſi vedeano.

[26]
Fu quel da Montalbano il primo a dire
     Che far battaglia non denno allo ſcuro:
     Ma quella indugiar tanto e differire
     C haueſſe dato volta il pigro Arcturo:
     E che può intato al padiglion venire
     Oue di ſé non fará men ſicuro
     Ma feruito, honorato, e ben veduto:
     Quanto in loco oue mai foſſe venuto.

[27]
Non biſogno a Rinaldo pregar molto
     Che’l corteſe baron tenne lo’nuito:
     Ne vano inſieme oue il drappel raccolto
     Di Montalbano era in ſicuro ſito,
     Rinaldo al ſuo feudiero hauea giá tolto
     Vn bel cauallo, e molto ben guemito:
     A ſpada e a lácia, e ad ogni proua buono
     Et a quel cauallier fattone dono.

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[28]
Il guerrier peregrin conobbe quello
Eſſer Rinaldo che venia con eſſo:
Che prima che giungeſſero all’hoſtello
Venuto a caſo era a nomar ſé ſteffo,
E perche l’un de l’altro era fratello
Si ſentir dentro di dolcezza oppreſſo:
E di pietoſo affetto tocco il core:
E lachrymar per gaudio e per amore.

[29]
Queſto guerriero era Guidon ſeluaggio,
     Che dianzi con Marphiſa e Sanſonetto
     E ſigli d’Oliuier, molto viaggio
     Hauea fatto per mar come v’ho detto,
     Di non veder piú toſto il ſuo lignaggio
     Il fellon Pinabel gli hauea interdetto,
     Hauendol preſo, e abada poi tenuto
     Alla difeſa del ſuo rio ſtatuto.

[30]
Guidon che queſto eſſer Rinaldo vdio
     Famoſo fopra ogni famoſo duce:
     C’hauuto hauea piú di veder diſio
     Che non ha il cieco la perduta luce,
     Co molto gaudio diſſe, o Signor mio
     Qua] Fortuna a combatter mi conduce
     Co voi? che lúgaméte ho amato & amo?
     E fopra tutto il mondo honorar bramo.

[31]
Mi partorí Coſtanza ne le eſtreme
     Ripe del mar Eufino, io ſon Guidone,
     Concetto de lo Illuſtre inclyto ſeme
     Come áchor voi del generoſo Amone,
     Di voi vedere, e glialtri noſtri inſieme
     Il deſiderio e del venir cagione,
     E doue mia intention ſu d’honorarui
     Mi veggo eſſer venuto a ingiuriami.

[32]
Ma ſcufimi apo voi d’ un error tanto
     Ch’io nò ho voi ne glialtri conoſciuto:
     E s’emendar ſi può ditemi quanto
     Far debbo, ch’in ciò far nulla riſiuto:
     Poi che ſi ſu da qſto e da quel canto
     De compleſſi iterati al ſin venuto:
     Riſpoſe a lui Rinaldo, non vi caglia
     Meco feufarui piú de la battaglia.

[33]
Che per certificarne che voi ſete
     Di noſtra antiqua ſtirpe vn vero ramo,
     Dar miglior teſtimonio non potete
     Che’l gra valor ch’in voi chiaro puiamo
     Se piú paciſiche erano e quiete
     Voſtre maniere, mal vi credeuamo
     Che la Dama non genera il Leone
     Ne le Colombe, l’Aquila, o il Falcone.

[34]
Non per andar di ragionar laſciando
     Non di ſeguir per ragionar lor via
     Venero a i padiglioni, oue narrando
     Il buon Rinaldo alla ſua compagnia
     Che queſto era Guidon che diſiando
     Veder, tanto aſpettato haueano pria,
     Molto gaudio apporto ne le ſue ſquadre
     E parue a tutti aſſimigliarſi al padre.

[35]
Non diro l’accoglienze che gli fero
     Alardo, Ricciardetto, e glialtri dui:
     Che gli fece Viuiano, & Aldigiero,
     E Malagigi, ſrati, e cugin ſui
     Ch’ ogni ſignor gli fece e caualliero,
     Ciò che gli diſſe a loro, & eſſi a lui
     Ma vi concluderò che ſinalmente
     Fu ben veduto da tutta la gente.

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[36]
Caro Guidone a ſuoi ſratelli ſtato
     Credo farebbe in ogni tempo assai,
     Ma lor ſu al gran biſogno hora piú grato
     Ch’effer poteſſe in altro tempo mai,
     Poſcia che’l nuouo Sole incoronato
     Del mare vſci di luminoſi rai
     Guidon co i ſrati, e co i pareti in ſchiera
     Se ne torno ſotto la lor bandiera.

[37]
Tanto vn giorno, & vn’ altro ſé n’andaro
     Che di Parigi alle aſſediate porte
     A men di dieci miglia s’ accoſtaro:
     In ripa a Senna, oue per buona ſorte
     Griphone & Aquilante ritrouaro:
     I duo guerrier da l’armatura ſorte:
     Griphone il bianco, & Aquilate il nero,
     Che partorí Giſmonda d’ Oliuiero.

[38]
Con eſſi ragionaua vna donzella
     Non giá di vii conditione in viſta:
     Che di ſciamito bianco la gonnella
     Fregiata intorno hauea d’ aurata liſta:
     Molto leggiadra in apparenza, e bella
     Foſſe quantunqj lachrymoſa e triſta:
     E moſtraua ne geſti, e nel ſembiante
     Di coſa ragionar molto importante.

[39]
Conobbe i cauallier come eſſi lui
     Guidon, che ſu con lor pochi di inanzi:
     Et a Rinaldo diſſe, eccoui dui
     A cui vati pochi di valore inanzi:
     E ſé p Carlo ne verran con nui
     Non ne ſtaranno i Saracini inanzi:
     Rinaldo di Guidon conferma il detto
     Che l’uno e l’altro era guerrier perfetto.

[40]
Gli hauea riconoſciuti egli non manco:
     Perho che quelli ſempre erano vſati
     l’un tutto nero, e P altro tutto bianco
     Yeſtir ſu l’arme, e molto andare ornati:
     Da l’altra parte eſſi conobbero ancho
     E ſalutar Guidon, Rinaldo, e i ſrati,
     Et abbracciar Rinaldo come amico
     Meſſo da parte ogni lor’ odio antico.

[41]
S’ hebbero vn tepo i vrta e 1 gra diſpetto
     Per Truffaldin, che ſora lungo a dire:
     Ma quitti inſieme con ſraterno affetto
     S’ accarezzar, tutte obliando P ire:
     Rinaldo poi ſi volſe a Sanſonetto
     Ch’era tardato vn poco piú a venire:
     E lo raccolſe col debito honore
     A pieno inſtrutto del ſuo gran valore.

[42]
Toſto che la donzella piú vicino
     Vidi Rinaldo, e conoſciuto l’hebbe:
     C hauea notitia d’ogni paladino
     Gli diſſe vna nouella che gl’increbbe:
     E comincio, Signore il tuo cugino
     A cui la chieſa e P alto imperio debbe:
     Quel giá ſi faggio & honorato Orlando
     E fatto ſtolto, e va pel mondo errando.

[43]
Onde cauſato coſi ſtrano e rio
     Accidente gli ſia, non ſo narrarte
     La ſua ſpada e l’altr’arme ho vedute io
     Che per li campi hauea gittate e ſparte,
     E vidi vn cauallier corteſe e pio
     Che le andò raccoglièdo da ogni parte
     E poi di tutte quolk’ vn’ arbuſcello
     Fé a guiſa di tropheo, pompoſo e bello

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[44]
Ma la ſpacia ne ſu torto leuata
     Dal ſigliuol d’Agricane il di medeſmo:
     Tu poi conſiderar quanto ſia (tata
     Gran perdita alla gente del batteſmo,
     l’eſſere vn’ altra volta ritornata
     Durindana in poter del paganeſmo,
     Ne Brigliadoro men ch’erraua ſciolto
     Intorno all’arme, ſu dal Pagan tolto.

[45]
Son pochi di ch’Orlando correr vidi
     Senza vergogna, e ſenza ſenno, ignudo:
     Con vrli ſpauenteuoli e con gridi:
     Ch’ e fatto pazzo in ſomma ti cóchiudo:
     E nò haurei ſuor ch’a queſti occhi ſidi
     Creduto mai ſi acerbo caſo e crudo:
     Poi narro che lo vide giú dal ponte
     Abbracciato cader con Rodomonte.

[46]
A qualunque io non creda eſſer nimico
     D’Orlando (ſoggiungea) di ciò fauello,
     Accio ch’alcun, di tanti a ch’io lo dico:
     Moſſo a pietá de! caſo ſtrano e fello:
     Cerchi o a Parigi o in altro luogo amico
     Ridurlo, ſin che ſi purghi il ceruello
     Ben ſo ſé Brandimarte n’ haura nuoua
     Sara per farne ogni poſſibil proua.

[47]
Era cortei la bella Fiordiligi
     Piú cara a Brandimarte che ſé ſteffo:
     Laqual per lui trouar, venia a Parigi:
     E de la ſpada ella ſuggiunſe appreſſo,
     Che diſcordia e conteſa e gran litigi
     Tra il Sericao e’l Tartaro hauea meſſo:
     E c’hauuta l’hauea poi che ſu caffo
     Di vita Mandricardo, al ſin Gradaſſo.

[48]
Di coſi ſtrano e miſero accidente
     Rinaldo ſenza ſin ſi lagna e duole:
     Ne il core intenerir men ſé ne ſente
     Che ſoglia Itenerirſi il ghiaccio al Sole:
     E con diſpoſta & immutabil mente
     Chiunque Orlando ſia cercar lo vuole,
     Con ſpeme, poi che ritrouato l’habbia
     Di farlo riſanar di quella rabbia.

[49]
Ma giá lo ſtuolo hauendo fatto vnire
     Sia volontá del cielo, o ſia auentura:
     Vuol fare i Saracin prima ſuggire
     E liberar le Parigine mura,
     Ma conſiglia l’affalto differire
     (Che vi par gra vataggio) a notte ſcura
     Ne la terza vigilia o ne la quarta
     C haura l’acqua di lethe il Sono ſparta.

[50]
Tutta la gente alloggiar fece al boſco:
     E quiui la poſo per tutto’l giorno:
     Ma poi che’l Sol laſciado il modo ſoſco
     Alla nutrice antiqua ſé ritorno,
     Et orſi, e capre, e ſerpi ſenza toſco
     E l’altre fere hebbeno il cielo adorno:
     Che ſtate erano aſcoſe al maggior lapo,
     Moſſe Rinaldo il taciturno campo.

[51]
E venne con Griphon, con Aquilante,
     Co Viuian, con Alardo, e con Guidone:
     Co Sanſonetto, a glialtri vn miglio inate
     A cheti paſſi, e ſenza alcun ſermone:
     Trouo dormir l’aſcolta d’ Agramante,
     Tutta l’ucciſe, e non ne ſé vn prigione,
     Indi arriuo tra l’altra gente Mora
     Che non ſu viſto ne ſentito anchora.

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[52]
Del campo d’infedeli a prima giunta
     La ritrouata guardia all’improuiſo
     Laſcio Rinaldo ſi rotta e conſunta
     Ch’un ſol non ne reſto ſé non vcciſo,
     Spezzata che lor ſu la prima punta
     I ſaracin non l’hauean piú da riſo
     Che ſonnolenti, timidi, & inermi
     Poteano a tai guerrier far pochi ſchermi

[53]
Fece Rinaldo per maggior ſpauento
     De i Saracini, al mouer de l’affalto
     A trombe e a corni dar ſuhito vento:
     E gridando il ſuo nome alzar in alto:
     Spinſe Kaiardo, e quel non parue lento
     Che dentro all’alte ſbarre entro d’u ſalto
     E verſo cauallier, peſto pedoni
     Et atterro trabacche e padiglioni.

[54]
Non ſu ſi ardito tra il popul pagano
     A cui non s’arricciaffero le chiome,
     Quado ſenti Rinaldo e Montalbano
     Sonar per l’aria il ſormidato nome,
     Fugge col campo d’Africa l’Hiſpano
     Ne perde tempo a caricar le ſome,
     Ch’aſpettar quella ſuria piú non vuole
     C hauer puata ancho ſi piagne e duole.

[55]
Guidon lo ſegue e non fa men di lui,
     Ne men fanno i duo ſigli d’Oliuiero,
     Alardo, e Ricciardetto, e glialtri dui:
     eoi brando Sanſonetto apre il ſentiero,
     Aldigiero, e Viuian prouar altrui
     Fan quato in arme l’uno e l’altro e fiero:
     Coſi fa ogmí, che ſegue lo ſtendardo
     Di Chiaramonte, da guerrier gagliardo.

[56]
Settecento con lui tenea Rinaldo
     In Montalbano: e intorno a quelle ville:
     Vſati a portar l’arme al ſreddo e al caldo
     No giá piú rei de i Myrmidon d’ Achille
     Ciaſcun d’effi al biſogno era ſi ſaldo
     Che ceto inſieme non ſuggian per mille:
     E ſé ne potean molti ſceglier ſuori
     Che d’ alcun de i famoſi eran migliori.

[57]
E ſé Rinaldo ben non era molto
     Ricco ne di citta ne di theſoro,
     Facea ſi con parole e con buon volto
     E ciò c’hauea partèdo ogn’hor con loro:
     Ch’un di quel numer mai no gli ſu tolto
     Bèríre altrui piú ſomma d’oro,
     Queſti da Montalban mai non rimuoue
     Se non lo ſtringevn grS biſogno altroue.

[58]
Et hor pc’ habbia il magno Carlo aiuto
     Laſcio con poca guardia il ſuo cartello,
     Tra gli African queſto drappel venuto
     Queſto drappel del cui valor fauello:
     Ne fece quel che del gregge lanuto
     Su’] Phalanteo Galefo il lupo fello,
     O quel che ſoglia de’l barbato appreſſo
     11 barbaro Cinyphio il leon ſpeffo.

[59]
Carlo ch’auiſo da Rinaldo hauuto
     Hauea, che preſſo era a Parigi giunto,
     E che la notte il campo ſproueduto
     Yolea aſſalir, ſtato era in arme e i punto,
     E quando biſogno venne in aiuto
     Co i paladini, e a i paladini aggiunto
     llauca il figliol del ricco Monodante
     Di Fiordiligi il ſido e faggio amante.

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[60]
Ch’ella piú giorni per ſi lunga via
     Cercato hauea per tutta Frácia in vano,
     Quiui all’inſegne che portar ſolia
     Fu da lei conoſciuto di lontano,
     Come lei Brandimarte vide pria
     Laſcio la guerra, e torno tutto humano,
     E corſe ad abbracciarla, e d’amor pieno
     Mille volte baciolla, o poco meno.

[61]
De le lor donne e de le lor donzelle
     Si ſidar molto a qlla antica etade:
     Senz’ altra ſcorta andar laſciano quelle
     Per piani e monti, e per ſtrane contrade,
     Et al ritorno l’han per buone e belle
     Ne mai tra lor fuſpitione accade
     Fiordiligi narro quiui al ſuo amante
     Ch fatto ſtolto era il Signor d’ Angláte.

[62]
Brandimarte ſi ſtrana e ria nouella
     Credere ad altri a pena hauria potuto,
     Ma lo credette a Fiordiligi bella
     A cui giá maggior coſe hauea creduto,
     Non pur d’ hauerlo vdito gli dice ella
     Ma che co gliocchi proprii l’ha veduto
     C ha conoſcenza e pratica d’ Orlando
     Quáto alcun’ altro, e dice doue e quado.

[63]
E gli narra del ponte periglioſo
     Che Rodomonte a i cauallier difende,
     Oue vn ſepolchro adorna, e fa pompoſo
     Di fopraueſte e d’arme di chi prende,
     Narra e’ haviſto Orlando ſurioſo
     Far coſe quiui horribili e ſtupende:
     Che nel fiume il pagan mando riuerſo
     Con gran periglio di reſtar ſummerſo.

[64]
Brandimarte che’l Còte amaua quanto
     Si può còpagno amar, fratello, o figlio,
     Diſpoſto di cercarlo, e di far tanto:
     NO ricuſando affanno ne periglio,
     Che per opra di medico o d’ incanto
     Si ponga a quel furor qualche conſiglio
     Coſi come trouoſſi armato in fella
     Si miſe in via con la ſua donna bella.

[65]
Verſo la parte, oue la Donna il Conte
     Hauea veduto, il lor camin drizzaro,
     Di giornata in giornata, ſin ch’al ponte
     Che guarda il Re d’Algier, ſi ritrouaro:
     La guardia ne ſé ſegno a Rodomonte
     E gli feudieri a vn tempo gli arrecare
     L’arme e il cauallo, e quel ſi trouo in púto
     Quado ſu Brandimarte al paſſo giunto.

[66]
Con voce qual conuiene al ſuo furore
     Il Saracino a Brandimarte grida:
     Qualunqj tu ti ſia, che per errore
     Di via o di mente qui tua ſorte guida,
     Scendi e ſpogliati l’arme e fanne honore
     Al gran ſepolchro, inanzi ch’io t’ uccida
     E che vittima all’ombre tu ſia oſſerto:
     Ch’ iol faro poi, ne te n’ hauro alcu merto.

[67]
Non volſe Brandimarte a quell’altiero
     Altra riſpoſta dar, che de la lancia,
     Sprona Batoldo il ſuo gentil deſtriero
     E inuerſo ql con tanto ardir ſi lancia
     Che moſtra che può ſtar d’animo fiero
     Con qual ſi voglia al mondo alla bilacia,
     E Rodomonte con la lancia in reſta
     Lo ſtretto ponte a tutta briglia peſta.

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[68]
Il ſuo deſtrier e’ hauea continuo vſo
     D’ adarui fopra, e far di quel ſouente
     Quado vno e quado vnaltro cader giuſo
     Alla gioſtra correa ſicuramente,
     l’altro del corſo inſolito confuſo
     Venia dubbioſo timido e ſremente,
     Trema acho il potè, e par cader ne V oda
     Oltre che ſtretto, e che ſia ſenza ſponda.

[69]
I cauallier di gioſtra ambi maeſtri
     Che le lance hauean groſſe come traui
     Tali qual fur ne i lor ceppi filueſtri
     Si dieron colpi non troppo ſoaui,
     A i lor caualli eſſer poſſenti e deſtri
     No giouo molto a gliaſpri colpi e graui
     Che ſi verfar di pari ambi fu’l ponte
     E ſeco i Signor lor tutti in vn monte.

[70]
Nel volerſi leuar con quella fretta
     Che lo ſpronar de ſischi inſta e richiede,
     Laſſe del ponticel lor ſu ſi ſtretta
     Che non trouaro oue fermare il piede,
     Si che vna ſorte vguale ambi li getta
     Ne l’acqua, e gra ríbobo al ciel ne riede,
     Simile a quel ch’ufei del noſtro fiume
     Quado ci cadde il mal rettor del lume. ,

[71]
I duo caualli andar con tutto, 1 pondo
     De i cauallier, che ſteron fermi in fella
     A cercar la riuera infin’al fondo
     Se v’era aſcoſa alcuna nytnpha bella,
     Non e giá il primo ſalto ne’l fecondo
     Che giú del potè habbia il Pagao i qlla
     Onda ſpiccato col deſtrero audace,
     Perho fa ben come quel fondo giace.

[72]
Sa doue e ſaldo, e fa doue e piú molle
     Sa doue e l’acqua baſſa, e doue e l’alta:
     Dal ſiue il capo e il petto e i ſischi eſtolle
     E Bradimarte a gran vantagio aſſalta:
     Brandimarte il corrente in giro tolle
     Ne la ſabbia il deſtrier che’l fondo ſmalta
     Tutto ſi ſicca, e no può rihauerfi
     Con riſchio di reſtarui ambi ſommerſi.

[73]
l’onda ſi leua e li fa andar ſozopra
     E doue e piú profonda li traſporta,
     Va Brandimarte ſotto e’l deſtrier fopra,
     Fiordiligi dal ponte afflitta e ſmorta
     E le lachryme e i voti e i prieghi adopra
     Ah Rodomonte, per colei che morta
     Tu riuerifei, non eſſer ſi fiero
     Ch’affogar laſci vn tanto caualliero.

[74]
Deh Corteſe Signor s’ unqj tu amarti
     l’i me ch’amo coſtui, pietá ti vegna,
     Di farlo tuo prigion per dio ti baſti,
     Che s’orni il fa ſio tuo di quella inſegna
     Di quante ſpoglie mai tu gli arrecarti
     Queſta ſia la piú bella e la piú degna,
     E ſeppe ſi ben dir ch’anchor che foſſe
     Si riudo il Re pagan, pur lo cOmoffe.

[75]
E ſé che’l ſuo amator ratto ſoccorſe
     Che ſotto acqua il deſtrier tenea ſepolto
     E de la vita era venuto in ſorſè
     E ſenza ſete hauea beuuto molto,
     Ma aiuto non perho prima gli porſe
     ( íi uli helibe il brado e dipoi l’elmo tolto
     De l’acqua mezo morto il tratte, e porre
     Con molti altri lo ſé ne la ſua torre.

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[406]
ORLANDO FVRIOSO
     
[76]
     Fu ne la donna ogni allegrezza ſpenta
     Quando prigion vide il ſuo amante gire:
     Ma di queſto pur meglio ſi contenta
     Che di vederlo nel fiume perire,
     Di ſé ſteffa e non d’altri ſi lamenta
     Che ſu cagion di farlo iui venire:
Per hauerli narrato e’ hauea il Conte
Riconoſciuto al periglioſo ponte.

[77]
Quindi ſi parte hauèdo giá cOcetto
     Di menami Rinaldo paladino:
     O il Seluaggio Guidone, o Sanſonetto
     O altri de la corte di Pipino,
     In acqua e in terra cauallier perfetto
     Da poter contrattar col Saracino,
     Se non piú ſorte: almen piú fortunato
     Che Brandimarte ſuo non era ſtato.

[78]
Va molti giorni prima che s’ abbatta
     In alcun cauallier e’ habbia ſembiante
     D’ eſſer come lo vuol, perche combatta
     Col Saracino, e liberi il ſuo amante:
     Dopo molto cercar di perſona atta
     Al ſuo biſogno, vn le vien pur auante
     Che fopraueſta hauea ricca & ornata
     A tronchi di cypreſſi ricamata.

[79]
Chi coſtui foſſe altroue ho da narrarui
     Che prima ritornar voglio a Parigi,
     E de la gran ſconſitta ſeguitarui
     Ch’a Mori die Rinaldo e Malagigi:
     Quei che ſuggirò io non ſaprei contarui
     Ne quei che fur cacciati a i ſiumi ſtygi:
     Leuo a Turpino il conto l’aria oſcura
     Che di contarli s’ hauea preſo cura.

[80]
Nel primo ſonno dentro al padiglione
     Dormia Agramate, e u cauallier lo deſta
     Dicendogli che ſia fatto prigione
     Se la ſuga non e via piú che preſta:
     Guarda il Re intorno, e la cofſuſione
     Vede de i ſuoi, che van ſenza far teſta
     Chi qua: chi la ſuggendo inermi e nudi
     Che non han tèpo di pur tor gli feudi.

[81]
Tutto confuſo e priuo di conſiglio
     Si facea porre indoſſo la corazza:
     Quado con Falſiron vi giunſe il figlio.
     Grandonio e Balugante, e quella razza:
     E al Re Agramante moſtrano il periglio
     Di reſtar morto o pſo in quella piazza:
     E che può dir ſé ſalua la perſona
     Che Fortuna gli ſia propitia e buona.

[82]
Coſi Marſilio, e coſi il buon Sobrino:
     E coſi dicon glialtri ad vna voce:
     Ch’a ſua diſtruttion tanto e vicino
     Quanto a Rinaldo, ilqual ne vien veloce
     Che s’ aſpetta che giunga il Paladino
     Con tata gente, e vn’ huom tanto feroce
     Render certo ſi può ch’egli fuo’ amici
     Rimarran morti o in man de gli nimici.

[83]
Ma ridur ſi può in Arli, o ſia í Narbona
     Con qlla poca gente e’ ha d’ intorno,
     Che l’una e l’altra terra e. ſorte e buona
     Da mantener la guerra piú d’ un giorno,
     E quando ſalua ſia la ſua perſona
     Si potrá vendicar di queſto ſcorno:
     Rifacendo l’eſercito in vn tratto
     Onde al ſin Carlo ne fará diffatto.

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[84]
Il Re Agramante al parer lor s’attenne
Ben che’l partito foſſe acerbo e duro:
Ando verſo Arli, e parue hauer le penne
Per quel camin che piú trouo ſicuro,
Oltre alle guide in gran fauor gli venne
Che la partita ſu per l’aer ſcuro
Ventimila tra d’Africa e di Spagna
Fur ch’a Rinaldo vſcir ſuor de la ragna.

[85]
Quei ch’egli vcciſe, e qi ch i ſuoi ſratelli
     Quei che i duo ſigli del Signor di Viéna,
     Quei che prouaro empi nimici e felli
     I ſettecento, a cui Rinaldo accenna:
     E quei che ſpenfe Sanſonetto, e quelli
     Che ne la ſuga s’ affogare in Senna:
     Chi poteſſe contar, conteria anchora
     Ciò che ſparge d’Aprii Fauonio e Flora

[86]
Iſtima alcun che Malagigi parte
     Ne la vittoria haueſſe de la notte,
     Non che di ſangue le campagne ſparte
     Foſſer per lui, ne per lui teſte rotte,
     Ma che gl’infernali Angeli, per arte
     Faceſſe vſcir da le tartaree grotte,
     E con tante bandiere e tante lance
     Ch’infieme piú no ne porrian due Frace.

[87]
E che faceſſe vdir tanti metalli:
     Tanti tamburi, e tanti varii ſiloni,
     Tanti anitriri in voce di caualli:
     Tanti gridi e tumulti di pedoni,
     Che riſonare, e piani, e monti, e valli
     Douean de le longinque regioni:
     Et a i Mori con queſto vn timor diede
     Che li fece voltare in ſuga il piede.

[88]
Non ſi ſcordo il Re d’Africa Ruggiero
     Ch’era ferito: e ſtaua anchora graue,
     Quato potè piú acconcio s’un deſtriero
     Lo fece por, e’ hauea l’andar ſoaue:
     E poi che l’hebbe tratto oue il ſentiero
     Fu piú ſicuro, il ſé poſar in naue,
     E verſo Arli portar commodamente
     Doue s’ hauea a raccor tutta la gente.

[89]
Quei ch’a Ríaldo e a Carlo dier le ſpalle
     Fur credo centomila, o poco manco,
     Per capagne per boſchi, e mote, e valle
     Cercare vſcir di man del popul Franco,
     Ma la piú parte trouo chiuſo il calle
     E fece roſſo ou’era verde e bianco
     Coſi non fece il Re di Sericana
     C hauea da lor la tenda piú lontana.

[90]
Anzi come egli ſente che’l Signore
     Di Montalbano e queſto che gli aſſalta:
     Gioiſce di tal tubilo nel core
     Che qua, e la, per allegrezza ſalta:
     Loda e ringratia il ſuo ſommo Fattore
     Che quella notte gli occorra tant’alta
     E ſi rara auentura, d’ acquiſtare
     Baiardo quel deſtrier che non ha pare.

[91]
Hauea quel Re gran tempo deſiato
     (Credo ch’altroue voi I’ riabbiate letto)
     IV hauer la buona Durindana a lato
     E caualcar quel corridor perfetto:
     E giá con piú di centomila armato
     Era venuto in Frária a queſto effetto,
     E con Rinaldo giá sfidato s’ era
     Per quel cauallo alla battaglia ſiera.

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[92]
E fu’l lito del mar s’era condutto
     Oue douea la pugna diffinire:
     Ma Malagigi a turbar venne il tutto
     Che ſé il cugin (mal grado ſuo) partire,
     Hauendol fopra vn legno in mar ridutto
     Lungo faria tutta l’hiſtoria dire:
     Da indi in qua ſtimo timido e vile
     Sempre Gradano il Paladin gentile.

[93]
Hor che Gradaſſo eſſer Rinaldo intende
     Coſtui ch’aſſale il campo, ſé n’ allegra:
     Si veſte l’arme, e la ſua Alfana prende
     E cercando lo va per l’aria negra,
     E quanti ne riſcontra a terra ſtende
     Et inconſuſo laſcia afflitta & egra
     La gente, o ſia di Lybia, o ſia di Francia
     Tutti li mena a vn par la buona lancia,

[94]
Lo va di qua, di la, tanto cercando
     Chiamádo ſpeffo, e quato può piú ſorte:
     E ſempre a quella parte declinando
     Oue piú ſolte ſon le genti morte,
     Ch’ai ſin s’incontra in lui brando p brado
     Poi che le lancie loro ad vna ſorte
     Eran falite in mille ſcheggie rotte
     Sin’ al carro ſtellato de la notte.

[95]
Quando Gradaſſo il Paladin gagliardo
     Conoſce, e non perche ne vegga inſegna
     Ma per gli horrendi colpi, e per Baiardo
     Che par che ſol tutto quel campo tegna,
     Non e (gridando) a improuerargli tardo
     La proua che di ſé fece no degna:
     Ch’ai dato campo il giorno non cóparfe
     Che tra lor la battaglia douea farſe.

[96]
Suggiunſe poi, tu ſorſè haueui ſpeme
     Se poteui naſconderti quel punto:
     Che no mai piú per raccozarci inſieme
     Foſſimo al mòdo, hor vedi ch’io t’ho giúto,
     Sie certo, ſé tu adaſſi ne l’eſtreme
     Foſſe di ſtygie, o ſoſſi in cielo aſſunto
     Ti ſeguiro, quado habbi il deſtrier teco
     Ne l’alta luce, e giú nel mondo cieco.

[97]
Se d’ hauer meco a far nò ti da il core
     E vedi giá che non puoi ſtarmi a paro,
     E piú (timi la vita che l’honore:
     Senza periglio ci puoi far riparo,
     Quando mi laſci in pace il corridore
     E viuer puoi ſé ſi t’ e il viuer caro:
     Ma viui a pie, che no merti cauallo
     S’ alla caualleria fai ſi gran fallo.

[98]
A quel parlar ſi ritrouo preſente
     Con Ricciardetto il cauallier Seluaggio
     E le ſpade ambi traſſero vgualmente
     Per far parere il Serican mal faggio,
     Ma Rinaldo s’ oppoſe immantinete
     E nò pati che ſé gli feſſe oltraggio:
     Dicendo ſenza voi dunque non ſono
     A chi m’oltraggia per riſponder buono?

[99]
Poi ſé ne ritorno verſo il Pagano
     E diſſe, odi Gradaſſo, io voglio farte
     Se tu m’aſcolti: manifeſto e piano
     Ch’ io venni alla marina a ritrouarte,
     E poi ti foſterro con l’arme in mano
     Che t’ hauro detto il vero in ogni parte:
     E ſempre che tu dica mentirai
     Ch’alia caualleria mancate’ io mai.

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[100]
Ma ben ti priego che prima che ſia
     Pugna tra noi, che pianamente intenda
     La giuſtiffima e vera ſcufa mia:
     Accio ch’a torto piú non mi riprenda,
     E poi Baiardo al termine di pria
     Tra noi vorrò ch’a piedi ſi contenda,
     Da ſolo a ſolo in ſolitario Iato:
     Si come a punto ſu da te ordinato.

[101]
Era corteſe il Re di Sericana
     Come ogni cor magnanimo eſſer ſuole:
     Et e contento vdir la coſa piana
     E come il Paladin ſcuſar ſi vuole:
     Con lui ne viene in ripa alla ſiumana
     Oue Rinaldo in ſemplici parole
     Alla ſu a vera hiſtoria traſſe il velo:
     E chiamo í teſtimonio tutto’l cielo,

[102]
E poi chiamar fece il ſigliuol di Buouo.
     l’huom che di qſto era íformato a pieno
     Ch’ a parte a parte replico di nuouo
     l’incanto ſuo, ne diſſe piú ne meno,
     Soggiflſe poi Rinaldo, ciò ch’io prouo
     Col teſtimonio, io vo che l’arme ſieno
     Che hora e in ogni tempo che ti piace
     Te n’ habbiano a far proua piú verace.

[103]
TI Re Gradaſſo che laſciar non volle
     Per la feconda la querela prima,
     Le ſcuſe di Rinaldo in pace tolle:
     Ma ſé ſon vere o falſe in dubbio ſtima,
     Non tolgon campo piú fu’l lito molle
     Di Rarcelona, oue lo tolſer prima,
     Ma s’accordaro per l’altra matina
     Trouarfi a vna ſontana indi vicina.

[104]
Oue Rinaldo ſeco habbia il cauallo
     Che poſto ſia communemente in mezo:
     Se’l Re vecide Rinaldo o il fa vaſſallo
     Se ne pigli il deſtrier fenz’ altro mezo,
     Ma ſé Gradaſſo e quel che faccia fallo
     Che ſia condotto all’ultimo ribrezo:
     O per piú non poter che gli ſi renda
     Da lui Rinaldo Durindana prenda.

[105]
Con marauiglia molta, e piú dolore
     (Coe v’ ho detto) hauea Rinaldo vdito
     Da Fiordiligi bella, ch’era ſuore
     De l’intelletto il ſuo cugino vſcito,
     Hauea de l’arme inteſo ancho il tenore
     E del litigio che n’era ſeguito,
     E ch’in ſomma Gradaſſo hauea ql brado
     Ch’omo di mille, e mille palme Orlado.

[106]
Poi che ſuron d’ accordo, ritornoſſe
     Il Re Gradaſſo, a i ſeruitori ſui:
     Ben che dal Paladin pregato foſſe
     Che neveniſſe ad alloggiar con lui,
     Come ſu giorno il Re pagano armoſſe
     Coſi Rinaldo, e giunſero ambedui
     Oue douea non lungi alla ſontana
     Combatterli Baiardo e Durindana.

[107]
De la battaglia che Rinaldo hauere
     Con Gradaſſo douea da ſolo a ſolo
     Parean gli amici ſuoi tutti temere:
     E inanzi il caſo ne faceano il duolo,
     Molto ardir, molta ſorza, alto ſapere,
     Hauea Gradaſſo, & hor che del ſigliuolo
     Del gran Milone hauea la ſpada al ſisco
     Di timor per Rinaldo era ognun bianco.

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[108]
E piū de glialtri il ſrate di Viuiano
     Staua di qſta pugna in dubbio e in tema:
     Et ancho volètiervi porria mano
     Per farla rimaner d’effetto ſcema:
     Ma no vorria che quel da Montalbano
     Seco veniſſe a inimicitia eſtrema:
     Chancho hauea di qll’altra ſeco ſdegno
     Che gli turbo quando il leuo fu’l legno.

[109]
Ma ſtiao glialtri I dubbio, í tema, idoglia
     Rinaldo ſé ne va lieto e ſicuro:
     Sperādo e’ hora il biaſmo ſé gli toglia
     C’hauere a torto gli parea pur duro:
     Si che quei da Pontieri e d’Alta ſoglia
     Faccia cheti reſtar come mai ſuro:
     Va con baldanza e ſicurta di core
     Di riportarne il triomphale honore.

[110]
Poi che l’un quinci, e l’altro quindi giuto
     Fu quaſi a vn tempo in ſu la chiara ſonte,
     S’accarezzaro, e fero a punto a punto
     Coſi ſerena & amicheuol ſronte,
     Come di ſangue e d’amiſta congiunto
     Foſſe Gradaſſo a quel di Chiaramonte:
     Ma come poi s’andaffero a ferire
     Vi voglio a vn’altra volta differire.